SENSO CIVICO: 50% RISPARMIO SULL'IMPOSTE

Senso Civico: 50% RISPARMIO IMPOSTE

SENSO CIVICO: 50% RISPARMIO SULL’IMPOSTE

 

Senso Civico

Senso Civico: Con i suoi circa 7 milioni di volontari l’Italia è uno dei paesi europei con il più alto ‘tasso’ di volontariato. Ogni anno impiegano al servizio del bene comune circa723 milioni di ore, pari al lavoro che svolgerebbero circa 400 mila individui a tempo pieno. Come ci spiega l’ultimo rapporto ISTAT  sulle organizzazioni non profit, la maggioranza dei volontari, circa 4 milioni, opera per una o più associazioni. Quello italiano, infatti, è un volontariato molto organizzato su base associativa: nel nostro Paese si contano ben 45 mila associazioni, oltre il 32% impegnato in attività nel settore sociale, sanitario e di protezione civile.

 

Senso Civico

A differenza di altri Paesi, come Germania e Gran Bretagna, in Italia è ancora poco sviluppato (e sostenuto) il volontariato civico, urbano o municipale ovvero quel volontariato promosso soprattutto da municipalità ed enti locali che permette a un cittadino di svolgere, in modo gratuito e volontario, attività di pubblica utilità e di cura della città. Tuttavia negli ultimi anni qualcosa sta cambiando, vuoi per la crisi economica che attanaglia gli enti locali, vuoi perché si va sempre più diffondendo una cultura della cittadinanza attiva e responsabile.

Senso Civico: Sintomi di questo mutamento sono, ad esempio, i movimenti spontanei di cittadini che si mobilitano contro il degrado urbano: soffermandosi su esperienze strutturate, che nascono soprattutto per volontà dell’ente locale e per effetto di precise scelte di politica urbana. Grazie anche a leggi ad hoc regionali e nazionali, sono, infatti, in aumento i Comuni che offrono ai cittadini la possibilità di partecipare in prima persona alla cura dei beni comuni, alla riqualificazione di aree della città, allo sviluppo del decoro urbano.

 

Senso Civico: Sappiamo bene che dentro e fuori il mondo del volontariato ‘organizzato’ non manca chi guarda a questo fenomeno con perplessità e diffidenza. In realtà, crediamo che coinvolgere i cittadini in attività di pubblica utilità contribuisca a migliorare la vita di tutti, abitanti e amministratori locali.

Perché più è partecipata la cura e la gestione degli spazi pubblici, più si diffonde il senso civico e cultura della responsabilità.

 

Ma in che modo e attraverso quali forme i comuni possono attivare iniziative di volontariato civico? Ecco le tipologie più diffuse:

  • Albi comunali dei volontari civici;
  • Amministrazione condivisa;
  • Baratto amministrativo;
  • Convenzioni ad hoc tra ente locale e associazioni del territorio.

 

L’esempio forse più ‘antico’ di volontariato civico è quello dei cosiddetti “nonni civici”. A partire soprattutto dagli anni Novanta, alcuni Comuni hanno cominciato a coinvolgere anziani e pensionati in attività di volontariato civico in collaborazione con la polizia municipale e operatori comunali. Grazie a convenzioni con le associazioni di volontariato o a bandi pubblici, i Comuni ‘reclutano’ cittadini anziani o pensionati che con le loro pettorine colorate svolgono varie attività di volontariato, come pulire le aree verdi, vigilare nei pressi delle scuole per permettere ai bambini di entrare e uscire da scuola in tutta sicurezza oppure svolgere servizi d’ordine in occasione di eventi e manifestazioni sportive.

 

In molte città stanno fiorendo Albi comunali dei volontari civici che prevedono, secondo un regolamento, l’iscrizione dei cittadini disponibili a svolgere attività di pubblica utilità e per il decoro urbano. Ai cittadini, organizzati per aree o gruppi di intervento, il Comune fornisce copertura assicurativa, tesserini e pettorine di riconoscimento, strumenti di lavoro e se necessario anche formazione adeguata.

 

Molti Comuni Italiani hanno adottato la pratica dell’amministrazione condivisa o, per meglio dire il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani”. Si tratta di un’esperienza molto innovativa che offre ad amministrazioni locali e cittadini i lineamenti essenziali di un modo di partecipare alla cura della città “che supera la casualità del volontariato individuale e diventa metodo”. Grazie al Regolamento, infatti, i Comuni possono attivare sul territorio un vero e proprio “patto di cittadinanza” per amministrare in modo condiviso i beni comuni della città.

 

Un altro strumento innovativo che si sta sviluppando proprio in questi ultimi anni è il “baratto amministrativo”, introdotto nel 2014 con il decreto legge n.133 (“Sblocca Italia”). Questa particolare forma di impegno civico prevede riduzioni o esenzioni dal pagamento delle tasse comunali per i cittadini attivi nella riqualificazione degli spazi in cui vivono. Il primo ad inaugurare questa pratica è stato il Comune di Massarosa, in provincia di Lucca, che ha varato il “Regolamento per l’istituzione e la gestione del Servizio Volontario Civico” e quindi pubblicato un bando che offriva uno sconto del 50% sull’imposta dei rifiuti in cambio di alcune attività di pubblica utilità: taglio dell’erba nei giardini pubblici, imbiancatura di aule scolastiche, attività di pre-scuola e sorveglianza all’entrata e all’uscita delle scuole, piccoli lavori di falegnameria e manutenzione dei cigli delle strade. L’iniziativa ha conseguito un grande successo: oltre 100 cittadini e 10 associazioni si sono proposte e altri Comuni hanno chiesto di conoscere e replicare l’esperienza, tanto che a Massarosa (nel seguire la corrente filosofica della Social Innovation) si svolgerà il primo convegno nazionale sul baratto amministrativo.

 

In alcune città esistono, infine, gruppi, associazioni o enti non profit nati proprio per coinvolgere i cittadini in attività di riqualificazione e decoro urbano. I più antichi sono senz’altro i gruppi di Guerrillia Gardening che, nati negli Usa a metà degli anni Settanta all’interno dell’attivismo ambientalista, promuovono anche nel nostro Paese “incursioni” contro il degrado urbano e l’incuria delle aree verdi.

 

Più recentemente a Roma si è sviluppato il movimento Retake. Formalmente sono associazioni ma nella pratica assomigliano più ai Guerrillia Gardening: organizzati in gruppi divisi per quartiere, si attivano periodicamente per i cosiddetti “clean up”, azioni collettive per ripristinare la bellezza originaria di una piazza o di una strada oggetto del “retake”. Parte del retake è anche lo speak up, in altre parole il parlare e lo spiegare ad abitanti e commercianti il fine di questi clean up (risanamento ambientale).

 

Alla pratica dei Guerrillia Gardening si ispira apertamente l’associazione CleaNap di Napoli, fondata da alcuni giovani che vogliono creare azioni dimostrative per migliorare piazze e monumenti del centro storico di Napoli, “ormai lasciati al degrado e all’incuria del tempo, nonché sopraffatti dall’invasione perenne dei rifiuti”. Alla questione rifiuti e pulizia del territorio si dedica anche il movimento Let’s do it! Si tratta di un movimento internazionale nato nel 2008 in Estonia in occasione di una gigantesca operazione di pulizia del Paese: in un solo giorno 50mila persone, in sole cinque ore, liberarono strade, città e foreste da 10mila tonnellate di rifiuti illegali. Ad oggi l’associazione è presente in 96 paesi, tra cui l’Italia, dove ha organizzato una pulizia di massa delle coste e delle spiagge campane e sarde coinvolgendo 12mila volontari provenienti da tutta Europa.

 

Altra esperienza interessante è quella fiorentina. A Firenze sono attivi i volontari della Fondazione Angeli del Bello. Si tratta di una fondazione di partecipazione nata su iniziativa di Quadrifoglio Spa, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti, e dell’associazione Partners Palazzo Strozzi. A oggi la fondazione può contare sull’impegno di 1500 volontari che più volte la settimana e in diversi gruppi di intervento portano avanti progetti e azioni di volontariato urbano, come la rimozione di scritte vandaliche dai muri dei palazzi fiorentini e la pulizia di giardini e spazi di verde pubblico. Alle attività possono partecipare sia cittadini sia associazioni, l’importante è raggiungere lo scopo: migliorare il decoro e la bellezza di Firenze.

 

Per concludere questa panoramica sul volontariato civico e municipale, desidereremmo accennare ad un’esperienza che sta maturando in alcune regioni, in particolare in Toscana. Qui, infatti, Comuni come quelli di Scandicci e Sesto Fiorentino, in collaborazione con le associazioni del territorio, hanno coinvolto gruppi di rifugiati e richiedenti asilo in attività di pubblica attività.

 

Ospiti sul territorio toscano in appartamenti e piccole strutture gestite da enti del terzo settore (la cosiddetta “accoglienza diffusa”), i migranti possono attendere anche un anno prima che le richieste di asilo siano esaminate e in questo periodo non possono svolgere nessun lavoro retribuito. Ecco che allora lo scorso maggio la Regione Toscana, in accordo con prefetture ed enti locali, ha pensato di costituire un fondo a copertura delle spese assicurative per quei Comuni che intendono coinvolgere rifugiati e richiedenti asilo in attività gratuite e volontarie di pubblica utilità.

 

Ad oggi sono oltre una decina, le amministrazioni comunali che hanno aderito all’iniziativa stipulando convenzioni ad hoc con le associazioni locali. I migranti, oltre a partecipare a corsi di lingua e varie attività promosse dalle associazioni di volontariato, svolgono alcune ore di volontariato occupandosi di piccole opere di riqualificazione urbana. L’esempio forse più eclatante di questa forma di volontariato civico si è avuta a Firenze in occasione dell’ondata di maltempo che ha distrutto un’importante area verde della città. Qui due gruppi di profughi hanno lavorato a gomito a gomito con i volontari della protezione civile per ripristinare la viabilità e alcune aree verdi della città.

 

Al di là di ogni polemica, crediamo si tratti di un’esperienza interessante che meriti di essere conosciuta e sviluppata, a patto però che si rispettino almeno due ‘regole base’. Come tutte le attività di volontariato, è una scelta che i migranti devono prendere consapevolmente e liberamente. Inoltre, se lo scopo principale è offrire opportunità di integrazione e cittadinanza, è senz’altro un’esperienza che i migranti devono poter condividere e svolgere insieme con altri cittadini, perché è il prendersi cura ‘insieme’ del luogo dove si vive, anche solo di passaggio, che crea occasioni di scambio e conoscenza, che ci rende cittadini responsabili non solo della cosa pubblica ma anche e soprattutto l’uno dell’altro.

 

L’innovazione sociale è caratterizzata dalla capacità di rispondere ai bisogni sociali che siamo sempre più in grado di affrontare, la responsabilizzazione dei gruppi e degli individui, e la volontà di cambiare le relazioni sociali.

 

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TOSCANA: SCUOLA GRATUITA PER GLI ARTIGIANI

TOSCANA: SCUOLA GRATUITA ARTIGIANI

In toscana nasce la scuola gratuita per gli artigiani affinchè le antiche arti e mestieri non vengano dimenticate, ma anche nel rispetto dei nuovi concetti rappresentati dalla Social Innovation

 

TOSCANA: SCUOLA GRATUITA PER GLI ARTIGIANI

Da tempo il gruppo francese Lvmh, il più grande al mondo nel settore del lusso, sollecitava la Regione Toscana a seguire le orme della Regione Piemonte, con la quale ha stretto accordi per il finanziamento di corsi di formazione (nei mestieri orafi) attraverso fondi europei.

La sollecitazione era tanto più forte, in quanto in Toscana Lvmh possiede la sua più ampia base produttiva italiana, concentrata nella pelletteria, con fabbriche di borse Fendi, Bulgari, Céline, Dior, Louis Vuitton e produzioni Loro Piana ed Emilio Pucci, tutti marchi storici del made in Italy in portafoglio a Lvmh.

In Toscana ora il traguardo viene centrato, non solo nella Social Innovation ma anche con l’avvio del corso per addetto ai prototipi di pelletteria, realizzato da Lvmh in collaborazione con la scuola fiorentina Polimoda (Toscana) e finanziato dalla Regione con fondi europei (attraverso il Por-Fse). Il corso è gratuito ed è stato inaugurato ieri dai vertici del gruppo francese, tra i quali il direttore generale Toni Belloni, e segna il debutto in Italia dell’Istituto dei Mestieri d’eccellenza (Ime) Lvmh, che ha sede in Palazzo Pucci a Firenze.

L’Istituto è operativo da tre anni in Francia e Svizzera, dove ha formato 300 giovani. In Italia l’Ime svilupperà un programma di formazione modellato sulle esigenze delle aziende tricolori del gruppo Lvmh, che – oltre al corso sulla pelletteria a Firenze (per 12 giovani) e a quello sulle lavorazioni orafe al banco a Valenza (per 13 giovani), fatto in collaborazione con For.al – contemplerà presto percorsi formativi in Veneto nel campo della vendita e delle calzature. L’obiettivo dichiarato da Ime è formare gli artigiani del futuro per tramandare il savoir faire nell’universo del lusso, allargando al contempo le opportunità occupazionali dei giovani.

La particolarità della Social Innovation dei corsi in Toscana è l’alternanza tra lezioni teoriche e pratiche unita all’insegnamento delle lingue (inglese e francese) e agli incontri definiti Master class con i professionisti delle maison del gruppo. Alla fine del percorso i giovani avranno la qualifica professionale riconosciuta dalla Regione Toscana e il certificato d’eccellenza dell’Ime Lvmh.

Con la nascita di Ime Italia, Lvmh istituzionalizza dunque la social Innovation e la formazione fatta “in casa”, costruita su misura delle proprie esigenze, dopo l’uscita dalla compagine societaria dell’Alta scuola di pelletteria di Scandicci.

La strada, imboccata anche da altri grandi marchi come Kering (che controlla Gucci) e Prada (che in Toscana stanno dando vita a proprie Academy), si lega alla politica di internalizzazione delle produzioni, avviata ormai da tempo dai brand per controllare qualità e tempi della filiera, e al boom della pelletteria, che solo in Toscana nei prossimi due anni stima una necessità di manodopera di duemila addetti.

 

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Biodistretto Valdera dalla Toscana all’Onu Il boom del Biodistretto Valdera Olio, frutta, vino: ecco come funziona “E ora una cittadella con market e laboratori”

Biodistretto Valdera: Ecco come funziona

Biodistretto Valdera dalla Toscana all’Onu

Il boom del Biodistretto Valdera

Olio, frutta, vino: ecco come funziona

“E ora una cittadella con market e laboratori”

 

Biodistretto Valdera: L’esempio virtuoso di un’iniziativa nata poco prima dello scoppio della pandemia finisce al Food Summit in corso a New York. Tutto nasce dall’alleanza tra associazioni, 10 Comuni e due università. Da qui è nato un meccanismo che permette ai consumatori di risparmiare e ai produttori di guadagnare. “L’obiettivo? Essere autosufficienti su tutti i servizi essenziali”. E per il futuro ecco un centro di eccellenza con supermercato bio, centro conferenze, locali per trasformare le proteine vegetali.

Sarà il Biodistretto Valdera a partecipare al food summit 2021 delle Nazioni Unite che si terrà a New York fino al 24 settembre. Selezionato tra oltre 500 progetti arrivati da ogni continente, il biodistretto si è contraddistinto per la promozione di un principio fondamentale: “Il cibo non deve più essere sfruttamento di risorseumane e ambientali, bensì nutrimento, natura, lavoro, visione di comunità, mercati intelligenti. Per sottolineare e rendere concreta questa istanza, serve una nuova idea di filiera agroalimentare, basata sullo sviluppo di reti locali e di comunità resilienti”. Resilienza e senso di comunità sono alla base dell’idea, sviluppata in collaborazione con l’Università di Pisa e di Torino, che ha portato il biodistretto toscano all’attenzione delle Nazioni Unite.

Biodistretto Valdera

Nato all’inizio del 2020, il progetto è cresciuto con numerose iniziative di autofinanziamento, oltre all’apporto delle associazioni e delle amministrazioni locali. “Il Biodistretto Valdera ha disegnato una Rete di Biodistretti capaci di produrre e scambiare esperienze, conoscenze e, soprattutto, mettere a disposizione alimenti capaci di dare conto del loro contenuto nutritivo, sociale e ambientale perché capaci di narrare, misurare e tracciare con specifici indicatori, la produzione di gas serra, il consumo di acqua ed energia, la produzione di rifiuti inquinanti, il contenuto sociale, il contributo al paesaggio, alla biodiversità e alla rigenerazione del suolo” si legge in una nota. E’ proprio questa capacità di fare rete che lo ha reso un modello su scala internazionale, con sessanta soci e il patrocinio di dieci Comuni: Volterra, Lajatico, Peccioli, Terricciola, Chianni, Casciana Terme-Lari, Capannoli, Palaia, Crespina-Lorenzana, Ponsacco, Pontedera.

Il primo biodistretto italiano risale a circa 20 anni fa, nel parco del Cilento, adesso patrimonio Unesco con 400 aziende, mentre all’estero sono Francia e Austria che hanno maggiormente dato vita a esperienze simili. Oggi, quest’ultima racchiude più di venti biodistretti, promuovendo un esempio di sostenibilità e inclusione sociale. “Il biodistretto Valdera, come ogni altro biodistretto, è organizzato secondo i principi di un’associazione che raggruppa numerose aziende della filiera agroalimentare del territorio insieme a organizzazioni no-profit con la collaborazione delle amministrazioni locali”

L’obiettivo è riuscire a raggiungere l’autosufficienza su tutti i servizi essenziali alla vita. La spinta è data dalla voglia di creare comunità mettendo in rete tutti i biodistretti italiani: un baratto di esperienze, conoscenze e prodotti. Nessun alimento deve essere sprecato: è possibile, infatti, scambiare il surplus tra i distretti ognuno dei quali ha una propria produzione ma anche un’esigenza di acquisto.

All’interno del biodistretto toscano 25 operatori biologici riescono a produrre molte tipologie di alimenti: dall’olio ai formaggigrani antichisalumifruttaverduracastagne fino al vino e alla birra. La vendita avviene sia grazie alle piattaforme online, sia localmente, riuscendo a saltare alcuni passaggi della catena di distribuzione e quindi consentendo margini più alti per i produttori e prezzi più accessibili per i consumatori. Il progetto presentato al summit implica un ulteriore sviluppo del processo di distribuzione: “La vendita in loco dei prodotti avverrà in un centro di eccellenza del biodistretto che al suo interno ospiterà: un supermercato bio, un laboratorio di trasformazione delle proteine vegetali, una gastronomia per la preparazioni di questi prodotti e la vendita a filiera corta, un centro conferenze che ospiterà anche un laboratorio permanente di sostenibilità, curato in collaborazione tra le aziende del biodistretto e gli atenei limitrofi di Pisa e Firenze”.

Biodistretto Valdera

La partecipazione al Summit Food è stata resa possibile anche grazie al supporto dell’università di Pisa che, con il dipartimento di scienze economiche rurali, si è interessata al modello-Valdera, insieme al dipartimento di informatica dell’università di Torino. Il lavoro dei biodistretti, dunque, contribuirà a migliorare anche la dieta mediterranea, oltre ai canoni di produzione e all’attenzione per ogni aspetto: dalla gestione delle consegne alla riduzione di sprechi e spostamenti. “I biodistretti hanno dimostrato di essere luoghi che sanno aggregare le forze migliori del territorio, dal basso, con la consapevolezza che solo attraverso il progressivo miglioramento delle pratiche agricole, le economie circolari locali, l’integrità, la trasparenza e applicando tenacemente una collaborazione inclusiva è possibile contemporaneamente alimentarsi correttamente, creare comunità locali fiorenti e salvare il pianeta”. Inoltre, dopo il summit di settembre, un ulteriore evento sancirà nuovamente l’importanza del biodistretto Valdera a livello internazionale: il 30 ottobre si terrà una conferenza sul concetto di resilienza a cui parteciperanno accademici locali e internazionali, tra cui Molly Scott Cato europarlamentare inglese dei Verdi e docente di Green Economies alla Roehempton University di Londra.

 

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Verità a Nudo: Colori della Verità a Nudo

Verità a Nudo: Colori della Verità a Nudo

 

VERITÀ A NUDO

I COLORI DI UNA VERITÀ’ A NUDO

 

VERITÀ A NUDO: I COLORI DI UNA VERITÀ’ A NUDO

 

Verità a Nudo: Amici miei,

 

Intenzionalmente è stata scelta un’immagine non usuale per l’argomento, proponendo in ogni caso una rappresentazione notevole non a colori di alto livello artistico.

 

Tutto questo al fine di distrarre per un attimo la vostra attenzione da tutte le provocazioni suggerite nei social network indirizzando il vostro sguardo alla laboriosa PHI Foundation www.phifoundation.com

 

Un immenso desiderio è portare alla vostra attenzione le attività svolte da PHI Foundation insieme al suo working team https://phifoundation.com/phi/chi-siamo/, operosità orientata a sostenere tutte le organizzazioni non profit nel loro digital development,  aumento visibilità, incremento raccolta fondi,  https://phifoundation.com/onp-ong/

 

Offrendo a tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo del terzo settore e il bene comune, l’opportunità di partecipazione attiva come Ambassador https://phifoundation.com/phi-ambassador/, diventare Member https://phifoundation.com/member/, divenire Partner https://phifoundation.com/phi-strategic-partners/,

 

Invitiamo tutti voi a gratificare questo meraviglioso team che presta opera con tutta l’anima donando il meglio di se stessi, decretando il successo di quest’ardua impresa, perciò facciamo un piccolo grande gesto mettendo “MI PIACE” alla pagina o diventando un follower:

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Buoni Famiglia

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Per le Donne che Lavorano arrivano i Buoni Famiglia

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1 Un aiuto per le Donne  senza lavoro: ecco i Buoni famiglia

Cari Lettori, in Calabria  vi è aperto un bando da 12 milioni su progetti per conciliare occupazione femminile e gestione domestica, la proposta di buoni famiglia che coprano i costi di babysitter, centri per disabili o anziani, doposcuola o altri servizi.

Il motivo  principale che spinge a realizzare questo bando è appunto la difficoltà non solo di trovare un lavoro ma soprattutto di mantenerlo, al rientro dalla maternità. Di come conservarlo quando nel corso della giornata si devono anche accudire genitori anziani, oppure quando si ha una persona disabile in casa da seguire assiduamente. Il vero problema della gestione familiare è ancora una questione in gran parte  femminile, che implica in maniera pesante sul dato occupazionale: lavorando fuori casa tutto il giorno non si riescono a seguire le problematiche  familiari come portare ad esempio i bimbi dal pediatra, fare la spesa, sbrigare altre pratiche. D’altra parte i servizi alle famiglie sono costosi e non tutti possono permettersi la babysitter per lunghi periodi oppure  la spesa a domicilio.

Anche nelle regioni d’Italia con tassi di disoccupazione più contenuti le donne che lavorano sono in percentuale sempre meno degli uomini. Questo dato va a racchiudere una situazione ancora più critica nel Sud del Paese, dove nel 2016 quasi una donna su due si trovava senza lavoro. Ma proprio dal Sud parte una spinta per l’inversione di tendenza con scelte strategiche mirate, come quella adottata dalla Regione Calabria che ha dichiarato l’aumento dell’occupazione femminile obiettivo da raggiungere nel prossimo quinquennio; Questo è il Programma operativo che ogni regione sviluppa per attuare le politiche dell’Unione Europea e utilizzare i fondi disponibili per i prossimi anni e su questo obiettivo la Calabria ha deciso di investire più di 12 milioni di euro.

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2 L’efficacia del Bando:

Lo strumento è un bando  per il  sostegno della creazione di reti territoriali che realizzino progetti operativi di aiuto concreto alle donne che lavorano e che contemporaneamente si occupano della famiglia. Per essere ammissibili i progetti devono essere presentati da reti ampie, composte da  almeno dieci soggetti tra pubblici e privati che potranno rilasciare servizi di diverso tipo, studiati sulle esigenze rilevate nel territorio di riferimento. Le reti, in questo modo potranno attivare sportelli informativi di assistenza e supporto alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, dove le persone interessate potranno trovare  informazioni utili sulle agevolazioni fiscali, sui servizi erogati dagli enti pubblici, ed anche assistenza se nel caso avessero problemi di discriminazione sul lavoro. Le reti territoriali potranno inoltre istituire ed erogare alle famiglie Buoni Servizio dei quali saranno  diretti beneficiari i bambini e i ragazzi.

L’idea è quella di coprire con i buoni i costi di attività educative e formative dei ragazzi alle quali spesso le famiglie rinunciano perché troppo costose, liberando così anche tempo da dedicare al lavoro. I buoni famiglia  saranno poi spendibili per coprire i costi del nido, della babysitter, del trasporto scolastico dei figli disabili, per la frequenza di centri diurni e centri di aggregazione giovanile, o anche per far frequentare ai ragazzi attività pre e post scuola. Disponendo di questi servizi non sarà necessario ricorrere al lavoro part-time o richiedere permessi per correre a prendere i figli a scuola e portarli in palestra.

I progetti potranno prevedere anche l’ampliamento di servizi già emanati, come  ad esempio la flessibilità oraria, l’incentivo per le aperture nei giorni prefestivi o in orari serali. Possono anche partecipare alle reti territoriali i Comuni e gli enti del Terzo settore, insieme ad associazioni di categoria, associazioni professionali e di volontariato operative in Calabria. I costi dei progetti sono coperti al 100 per cento dal contributo regionale, secondo i parametri indicati nel bando che si trova al sito www.calabriaeuropa.regione.calabria.it.

 Contributo: Massimo 350 mila euro per progetti su un ambito, 500 mila per progetti su due ambiti.

Chi partecipa : tra le reti territoriali che partecipano vi sono gli Enti di Terzo settore con Comuni e altri tipi di associazioni. Progetti per la regione Calabria : Sportelli di orientamento; servizi  e « buoni famiglia » per aiutare le donne a bilanciare il tempo di famiglia e lavoro.

 

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Sostegno Inclusione Attiva (SIA)

Sostegno Inclusione Attiva (SIA)

Sostegno Inclusione Attiva (SIA)

Le novità sul SIA (Sostegno Inclusione Attiva)

Sostegno: SIA, un acronimo poco conosciuto in rapporto alla sua utilità, ma vediamo di scoprire precisamente di cosa si tratta.

Sostegno: Il SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva) è una preziosa misura di contrasto alla povertà, consistente in un sussidio per le famiglie economicamente svantaggiate nelle quali siano presenti minorenni o figli disabili o donne in stato di gravidanza accertata.

Sostegno Inclusione Attiva (SIA)

Per ricevere il sussidio previsto dal SIA è necessario aderire ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa predisposto dai servizi sociali del proprio Comune, in rete con i servizi per l’impiego, i servizi sanitari, le scuole, i soggetti del terzo settore ed i privati attivi nell’ambito degli interventi di contrasto alla povertà, in particolare gli enti no profit.

Il progetto è rivolto ed impegna tutti i componenti del nucleo familiare prevedendo compiti individuali per adulti e bambini,  stabiliti sulla base di una valutazione globale di problematiche e bisogni, creando un patto tra servizi e famiglie.

Le attività sono di diverso genere e variano dalla ricerca attiva di lavoro, all’adesione a progetti di formazione, ai contatti con i servizi, alla frequenza e all’impegno scolastico, alla prevenzione e alla tutela della salute.

Il tutto proprio con la finalità di donare un aiuto alle famiglie in difficoltà, affinché possano superare la propria condizione di povertà e, col tempo, riconquistare l’autonomia.

Sostegno Inclusione Attiva (SIA)

Il SIA, sperimentato in prima battuta nelle città più grandi d’Italia, è stato in seguito profondamente ridisegnato con il Decreto Ministeriale del 26 Maggio 2016 (venendo esteso a tutto il territorio nazionale) ed il Governo Gentiloni, sulla scia delle riforme avviate dal precedente esecutivo e come già previsto dalla legge di bilancio 2017, rinnoverà e darà continuità al SIA, ampliandone i beneficiari, per rendere utilizzabili tutte le risorse previste per il 2017 (circa 1,5 miliardi a fronte dei 750 milioni destinati al SIA nel 2016).

Tuttavia, nelle intenzioni del Governo, il SIA resterà soltanto una misura ponte, in attesa che venga completato l’iter parlamentare ed il successivo percorso attuativo della Legge Delega per il contrasto alla povertà, che in seguito darà vita al Reddito di Inclusione.

Se sei interessato alla richiesta del sussidio, o a maggiori informazioni riguardo il SIA, recati presso gli uffici del tuo Comune di residenza o consulta la modulistica predisposta dall’ INPS.

PHI Foundation è un’associazione che si occupa di sostenere ed aiutare tutti gli operatori che si muovono nell’ambito del Terzo Settore, attraverso l’informazione e la promozione di raccolte fondi.

Se vuoi aiutarci in questo compito, sostienici attraverso un contributo cliccando su questo link.

 

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15 NOVEMBRE: ARTICOLI DELLA SETTIMANA

13 OTTOBRE: ARTICOLI DELLA SETTIMANA

Energia Gratis Borutta è la prima comunità energetica rinnovabile in Sardegna

Energia Gratis: Burutta Sardegna Energia per tutti

Energia Gratis:

Burutta Sardegna Energia Gratis per Tutti

 

Energia Gratis

Borutta è la prima comunità energetica rinnovabile in Sardegna. Nel piccolo borgo del Meilogu, noto perché ospita nel suo territorio la famosa cattedrale di San Pietro di Sorres, l’energia elettrica sarà gratis al 100% e saranno erogati, sulla base delle misure sulle comunità energetiche, incentivi per il raggiungimento della classe energetica “A” in tutto il paese.

 

«È oggi realtà il sogno del nostro Comune, contenuto nel piano d’azione per l’energia sostenibile (Paes) e adottato già nel 2012, di diventare autosufficiente energeticamente mediante la produzione di energia da fonti rinnovabili, nonostante le tante difficoltà incontrate». Con queste parole Arru (il sindaco del paese) ha ufficializzato la realizzazione di un progetto avviato otto anni fa e reso possibile solo ora, con l’approvazione del decreto milleproroghe, convertito in legge nell’agosto scorso. «Che ha riconosciuto dignità giuridica alle comunità energetiche e fissate le regole per il suo funzionamento», ha chiarito Arru (il sindaco).

 

Borutta, poco meno di 300 abitanti, raggiunge un primato assoluto che lo posiziona primo Comune in tutta l’isola e tra le prime 12 comunità attive o, comunque, in partenza in tutto il territorio nazionale per autosufficienza energetica al 100%. Allo stato attuale le comunità energetiche nella penisola raggiungono ancora l’80%. Da tempo il borgo aveva raggiunto una buona autonomia di consumi pubblici di energia elettrica con impianti fotovoltaici sparsi nel centro abitato: palazzo comunale, strutture sportive, scuole, centro polifunzionale, museo, illuminazione pubblica, bici elettriche, la sala congressi, la biblioteca e la casa di riposo. «Ora, con la realizzazione di ulteriori impianti fotovoltaici sarà possibile distribuire gratuitamente l’energia prodotta da fonti rinnovabili a tutti gli abitanti e alle attività del paese», ha detto il sindaco. Nessuna bolletta energetica per chi vive o vorrà vivere a Borutta. Verranno, così, raggiunti due obiettivi, secondo gli amministratori, «decisivi per il futuro del paese». «In primis – ha spiegato Arru – verrà posto un freno allo spaventoso fenomeno dello spopolamento che potrebbe determinarne la scomparsa entro questo secolo e, poi, potrà essere invertito il trend demografico, favorendo non solo il “restare” ma anche l’arrivo di nuove famiglie. Come amministrazione riteniamo che rendere tutte le case del paese autosufficienti energeticamente, in modo gratuito, possa rendere molto appetibile per le famiglie l’idea di “restare” nel borgo natio e alle famiglie “di fuori” trasferirsi nelle molte case vuote. Ciò segna un decisivo passo in avanti verso uno scenario energetico basato sul consumo di energia a chilometro zero e lo sviluppo di reti intelligenti o smartgrid».

 

Sarà conveniente trasformare la casa in “100% elettrico” in modo da staccarsi completamente dai combustibili fossili (Gasolio e Gpl) e utilizzare soltanto l’energia elettrica per il riscaldamento e il rinfrescamento, la produzione d’acqua calda e la cottura dei cibi. E questi consumi saranno a costo zero». Oltre alle bollette ad importo zero, i cittadini riceveranno un incentivo, pari a 110 euro /Mwh, previsto dalle recenti misure sulle comunità energetiche. La somma dovrà essere investita per il raggiungimento della classe energetica “A” della propria abitazione. «Siamo davvero felici per questo risultato e crediamo che Borutta possa rappresentare un modello replicabile in tante realtà sarde come in tutti i Comuni a rischio spopolamento in Italia» .

 

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PANE: IL PREZZO DEL GRANO IN ITALIA

PANE: IL PREZZO DEL GRANO IN ITALIA

PANE: Il prezzo del grano in Italia è fermo al 1987, ma il pane costa il 1450% in più. Non trovate che c’è qualcosa che non quadra?

PANE: Lucio Battisti, uno dei più apprezzati cantautori italiani, in “Pensieri e Parole” chiedeva appunto “Che ne sai tu di un campo di grano…”.  Infatti i passaggi oscuri dalla terra alla tavola sono sconosciuti a milioni di comuni mortali.

In effetti il prezzo del grano in Italia è paralizzato al 1987, ma il pane dal fornaio costa il 1450 per cento in più. 
Eppure il consumatore non se ne accorge: oggi ci vogliono trenta chili di grano per arrivare alla quotazione di un chilo di pane. Questa è la situazione denunciata pubblicamente e in più occasioni da Coldiretti, ma non solo.A livello nazionale gli ettari coltivati sono 600 mila per 30 milioni di quintali. Se invece si passa al grano duro, quello per la pasta, coltivato soprattutto nelle regioni meridionali (Puglia, Sicilia, Basilicata, Molise), gli ettari sono 1,3 milioni e i quintali 49 milioni.Tanti? No, pochi se si pensa che importiamo 23 milioni di quintali di grano duro e ben 48 di quello tenero: gli arrivi dall’Ucraina sono quadruplicati, raddoppiati dalla Turchia. Ma allora perché esportiamo frumento in Nord Africa?Comunque, la pasta è la terza voce del nostro export commerciale (vale 2,4 miliardi di euro all’anno), mentre di prodotti da forno ne esportiamo per 1,7 miliardi. A fronte di tutte queste cifre da capogiro e di crescita percentuale, resta quella misera del prezzo pagato ai coltivatori, che fra l’altro è crollato nell’ultimo periodo quasi del 30 per cento.

Sarà l’effetto perverso della globalizzazione, ma qui ci confrontiamo con concorrenti che non hanno i nostri obblighi fiscali e soprattutto sanitari. Certo, ci sono controlli a campione nei porti, ma non è che facciano da seria barriera. Insomma, rari controlli, legislazione carente, speculazione dilagante, import selvaggio. Solo a Manfredonia – dove un privato spadroneggia nel porto, un’area demaniale dello Stato – dall’inizio del 2017 ad oggi sono approdate una mezza dozzina di navi portarinfuse ricolme di grano straniero (Ucraina, Russia, Bulgaria, Canada), poi scaricato in camion che trasportano di tutto.

E l’igiene?
Ma la salute pubblica conta qualcosa – in uno Stato di diritto almeno sulla carta – o vale e prevale soltanto il profitto economico a scapito della vita umana?E poi la speculazione: il grano si può stoccare anche per due o tre anni e quindi immetterlo sui mercati a seconda delle quotazioni. Un giochetto che riesce molto bene alle «5 sorelle» dei cereali (il colosso Usa, Adm; la Cargill di Minneapolis; i franco-statunitensi della Louis Dreyfus; gli argentini della Bunge Y Borne e gli svizzeri senza scrupoli della Glencore) con speculazioni finanziarie che prima o poi metteranno in ginocchio l’agricoltura reale.

Che si mette nel piatto?
C’è anche un problema di tracciabilità:  il consumatore deve poter scegliere, per questo è opportuno, oltre al rafforzamento dei controlli sul grano importato, anche l’etichettatura trasparente per i prodotti da forno, pane e pasta. Quanti vedono il simbolo del tricolore e pensano di mangiare «italiano», quando invece la farina arriva magari da Kiev?

Secondo la CIA «Risulta che enormi quantità di grano italiano sono state esportate nel Nord Africa, insieme all’arrivo, in contemporanea con i raccolti di navi piene di frumento provenienti da Paesi terzi», e questo,  «ha determinato questa ‘guerra del grano’, con prezzi insostenibili.

Venticinque anni fa il frumento valeva 30 mila lire, più o meno le stesse quotazioni di oggi».

Rilievi ai quali risponde Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia, in un’audizione in Commissione agricoltura alla Camera.  «Il raccolto 2016 di frumento duro – ha precisato Ivano Vacondio, Presidente Italmopa – è caratterizzato da livelli produttivi particolarmente elevati, ma anche da carenze qualitative riconducibili alle condizioni meteo sfavorevoli verificatesi nel corso del raccolto, in particolare in Puglia, principale zona di produzione nazionale di frumento duro».

(…)La produzione di grano in Italia è a un bivio.
Sono cambiate le esigenze dell’industria del pane e della pasta, il prezzo viene definito da un mercato globale in un contesto internazionale instabile e i produttori di cereali italiani si ritrovano (da soli e senza garanzie) a fare i conti con le importazioni massicce di grano dall’estero, la mancanza di norme che regolino il mercato mondiale e limiti notevoli nella capacità di stoccaggio.

Ecco la cornice che fa da contorno alla crisi del grano in Italia, diventata ormai guerra tra i produttori di frumento e l’industria. Anche il Codacons è intervenuto con un esposto. Come uscire dalla crisi? «Sfatiamo il mito che il nostro grano non è di qualità –  spiega il responsabile dell’area Produzioni cerealicole di Confagricoltura, Mario Salvi – Il punto è che spesso quello ad alto contenuto proteico viene mescolato con frumento più scadente dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche».

(…)«L’anno scorso sono state acquistate all’estero 2,3 milioni di tonnellate di frumento – denuncia Saverio de Bonis, presidente di Granosalus – A scapito della sicurezza alimentare.

Anche perché in Italia i limiti alle sostanze contaminanti sono più alti che nella maggior parte del mondo: in Canada quella materia prima non si usa neanche per gli animali»…

Gli industriali rispondono che il grano straniero, che ha più glutine, migliora la qualità della pasta. Ma spesso il frumento proviene da paesi come l’Ucraina, dove secondo i rilievi scientifici dell’IAEA, la radioattività ha contaminato i terreni per migliaia di anni.

Non è tutto:

«In Italia può essere consumato anche dai bambini ciò che in Canada non va bene neppure per gli animali».

È la denuncia di Coldiretti, che segnala la mancanza di trasparenza sull’etichetta.  «Una cosa è l’alta quantità di glutine – dichiara il portavoce di Granosalus – un’altra è l’assenza di sostanze tossiche». I vuoti sono da ricercare anche nelle leggi comunitarie, non tarate sugli interessi del consumatore.

E’ sufficiente aggirarsi in una dozzina di porti italiani per rendersi conto delle nostre frontiere colabrodo.

Sono due i principali nodi: il lungo periodo di navigazione che può alterare il prodotto e la mancanza di indicazione sull’etichetta circa l’origine. «Ci preoccupa – aggiunge De Bonis – anche la presenza di Deossinivalenolo (Don o vomitossina)”. Questo perché i parametri europei sui limiti di Don nei cereali utilizzati per l’alimentazione umana sono quasi il doppio rispetto a quelli imposti in Canada. In Italia è considerato commestibile ciò che i canadesi non darebbero neppure agli animali».

I dati dell’Agenzia delle Dogane attestano che da luglio 2015 a febbraio 2016 al porto di Bari è stato scaricato un milione di tonnellate di grano. «Arriva da Canada, Turchia, Argentina, Singapore, Hong Kong, Marocco, Olanda, Antigua, Sierra Leone, Cipro – spiega il direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – e spesso passa da porti inglesi, francesi, da Malta e Gibilterra». E tutto ciò non accade solo a Bari: navi cariche di grano duro arrivano a Napoli, Ravenna, Palermo e in altre città».

Chi controlla tir e silos? 
Nessuno. 

Ho avuto modo di verificarlo costantemente dal 2 gennaio 2017 ad oggi. E della tutela della salute parla anche il presidente di Confagricoltura Puglia, Donato Rossi: «Tutti i tir, container e silos devono essere controllati». E non accade.“Chi verifica il ciclo della pasta? Sempre nessuno”, attesta Slow Food, che aveva lanciato il primo allarme nel 2010. Per capire se la pasta è di qualità bisogna analizzare alcuni fattori: la presenza di micotossine nel grano duro (estero o italiano), eventuali deterioramenti del prodotto durante i trasporti, i limiti imposti dall’Ue che pare non accorgersi che un italiano medio consuma più pasta (27 chilogrammi all’anno) di un norvegese.
Il Regolamento Comunitario 1881/2006 è calibrato su un consumatore medio europeo e non mediterraneo, che storicamente consuma più pasta, pane e cereali. Su questa base l’Europa ha dettato i valori massimi di alcuni contaminanti nel grano. Si parla di piombo, cadmio, mercurio e micotossine (come aflatossine e Don). Per la maggior parte dei Paesi al mondo, ad esempio, i valori del Don sono allineati tra 750 e 1000 ng/g nei cereali, mentre in Italia il limite è fissato a 1750, come nel nord Europa (dove si mangia molta meno pasta).Sempre lo stesso regolamento riconosce per pasta e pane una quantità di Don che scende miracolosamente a 750 e 500. Com’è possibile? E dato che quel limite scende a 200 ng/g negli alimenti a base di cereali o comunque destinati a lattanti e bambini sotto i 3 anni bisogna chiarire che al di sotto dei 6 anni non si può mangiare la stessa pasta degli adulti. Questi i limiti delle norme. Poi c’è un mondo che si muove al di fuori delle regole. Importiamo cereali a uso zootecnico: non è legale, ma c’è chi lo fa proprio per mancanza di controlli. E, una volta nel silos, il grano diventa per miracolo tutto italiano.

Esattamente sulla vomitossina un progetto delle Politiche agricole (Micocer 2006-2008) ha definito “la minore incidenza nei grani del Sud, rispetto a quelli del Nord Italia”.

Questo perché il clima umido e le piogge favoriscono la presenza di micotossine, mentre il grano del Mezzogiorno viene raccolto a temperature molto elevate (tra i 28 e i 48 gradi) che non ne permettono la proliferazione.

Ma in Canada il clima è umido e spesso si miete con la neve. 
A ciò bisogna aggiungere gli effetti di lunghi viaggi transoceanici a bordo di navi cargo: scarsa aerazione, umidità ed escursioni termiche. Altra fase: la miscela. Il regolamento 1881 vieta di miscelare frumenti in norma con quelli che superano i valori massimi, con lo scopo di  stemperarne il carico di tossina. Vietato il taglio insomma. Che pur riducendo i valori, non li rende idonei all’alimentazione dei bambini.

 

RIPRESO DAL BLOG ZAPPING

 

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TERZO SETTORE: IL GRANDE CAMBIAMENTO

TERZO SETTORE: IL GRANDE CAMBIAMENTO

 

Terzo settore: il grande cambiamento in corso.

 

Il terzo settore sta cambiando, ecco come affrontare le sfide con gli incontri informativi IID

 

Dalla raccolta fondi ai nuovi strumenti finanziari: dieci incontri in dieci mesi accessibili in streaming, gratuiti per le ONP di IO DONO SICURO e aperti a tutti

 

Il terzo settore è in transito verso una nuova fase piena di sfide e occasioni: la riforma, con il nuovo codice, sta entrando nella fase operativa e gli Enti di Terzo Settore hanno in mano la possibilità di utilizzare e mettere a valore strumenti per migliorare la qualità e l’efficacia dell’impatto della loro attività.

 

Su queste premesse l’Istituto Italiano della Donazione ha costruito il calendario 2018 degli incontri (in)formativi: dieci seminari – gratuiti per le organizzazioni aderenti a IO DONO SICURO, frequentabili a prezzi accessibili per tutti gli altri – per formare gli Enti di Terzo Settore sulle nuove occasioni dettate dalla Riforma e non solo. Gli incontri si tengono in orario 14.30-17.30 nella sede IID di Milano e possono essere seguiti anche in streaming da remoto.

“L’offerta formativa dell’Istituto Italiano della Donazione – spiega il presidente di PHI Foundation Sebastiano de Falco – si sviluppa su due direzioni interconnesse: una orientata ad una visione più ampia, a orizzonti di sviluppo che la riforma e il fermento che la ha accompagnata hanno delineato; l’altra concentrata su una serie di strumenti operativi funzionali a riorientare, innovare ed allargare il perimetro delle pratiche”.

Evoluzioni e strumenti sono dunque i due binari tematici. Il primo appuntamento con la legislazione Non Profit si parlerà di 5 aspetti chiave della Riforma del Terzo Settore. Il secondo appuntamento il suo corso sarà incentrato sulle novità fiscali già in vigore dopo la riforma e lo scenario futuro. Spazio poi al servizio civile si parlerà di tutte le novità, anche adempimentali, per gli enti non profit e delle prospettive del servizio civile universale. Il quarto appuntamento si formerà i partecipanti sull’importanza della gestione dei dati tramite la costruzione del database e la profilazione dei donatori. Quinto appuntamento spazio al tema dei nuovi strumenti finanziari a sostegno del terzo settore. A giugno si parlerà di come misurare l’efficacia del proprio sito web attraverso Google Analytics. A luglio formazione sui fattori critici di successo nel corporate fundraising. Gli ultimi tre incontri saranno dopo la pausa estiva: il 20 settembre sul tema “organizzare eventi: donazioni, sponsorizzazioni e pubbliche relazioni”; il 25 ottobre sul tema “valutarsi per valere: comunicare l’impatto sociale“; infine a novembre l’ultimo incontro sul ruolo e l’attività del fundraising alla luce della riforma del terzo settore.

 

 

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AI: VERSO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ……

AI: Perchè la sostenibilità dell’inteligenza artificiale è destinata a diventare sinonimo della Social Innovation?

L’Intelligenza Artificiale (AI) è pronta a scatenare la prossima rivoluzione industriale. 

 

AI: Il sentiero verso la Social Innovation

Mentre i benefici dell’IA sul posto di lavoro sono evidenti, l’impatto sull’occupazione a breve termine è previsto, quasi universalmente, per essere disastroso. Ma questa immagine è troppo semplicistica e ha bisogno di un nuovo aspetto. Ecco perché l’evoluzione dell’occupazione e del posto di lavoro nel prossimo mezzo secolo potrebbe essere molto più gentile e molto più interessante di quanto si pensi.

C’è una narrativa universale e ben nota che circonda l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro. 

Ecco la versione breve.

Man mano che l’IA diventa sempre più sofisticata, le aziende lo useranno per sostituire gli umani in sempre più posti di lavoro. I veicoli autonomi renderanno i conducenti umani non solo non necessari, ma l’opzione pericolosa. I chatbots sono sulla buona strada per diventare consulenti dei clienti molto più efficienti, almeno per semplici query, di quanto potrebbero mai essere le persone. Un’IA può già individuare il cancro nelle scansioni CT meglio di un radiologo umano.

Idealmente, le persone sfollate dall’IA si riqualificheranno e troveranno un impiego alternativo. 

Ma, così va la storia, il numero complessivo di posti di lavoro diminuirà. 

Gli sfortunati che lottano per trovare lavoro saranno legioni.

 

“Se lo scopo dell’intelligenza artificiale è quello di raggiungere un’utopia in cui non abbiamo bisogno di posti di lavoro a tempo pieno, sembrerebbe che si stia sviluppando a un ritmo più veloce di quanto la società possa ristrutturarsi per gestire”

AI: Il problema della produttività

Ma questa storia ha un buco nella trama. Se l’intelligenza artificiale è destinata a causare una crescita economica senza precedenti, il tasso di crescita economica degli Stati Uniti, ad esempio, dovrebbe aumentare dal 2,6% al 4,6% nel 2035, guidato da un aumento della produttività fino al 40%, che sta per consumare tutto quel prodotto in più se molte persone non possono più permettersi di farlo?

Fortunatamente, questo potrebbe essere un problema che costringe la sua soluzione. 

Le aziende semplicemente non vanno bene quando l’offerta supera la domanda, e quindi, per loro e per i dipendenti che sostituiscono, i tempi necessari per adattarsi al nuovo paradigma possono essere intollerabili a meno che le organizzazioni non introducano misure proattive per l’implementazione di IA sostenibili. Queste misure saranno necessarie non solo per impedire che i dipendenti sfollati diventino indigenti, ma anche per garantire che le aziende abbiano sempre abbastanza clienti in grado di acquistare i loro prodotti e servizi mentre l’IA aumenta la produttività.

 

AI: Responsabilità Sociale d’Impresa e Social Innovation i veri investimenti intelligenti

L’obiettivo di sostenibilità dell’IA evidenzierà una serie di opportunità d’investimento d’impatto, nonché le imprese da evitare.

I più attraenti saranno le aziende che hanno un programma di sostenibilità AI chiaramente definito come parte del loro più ampio programma di responsabilità sociale d’impresa (Social Innovation).

Queste sono le organizzazioni che avranno riconosciuto sia i potenziali benefici socioeconomici che i pericoli della proliferazione di intelligenza artificiale, e si sono impegnati a promuovere il primo ea mitigare quest’ultimo. Tali programmi fisseranno misure per l’introduzione responsabile dell’IA, che potrebbe includere l’assegnazione di priorità alle applicazioni che offrono chiari vantaggi per il cliente rispetto a quelle che offrono semplicemente risparmi sui costi; limitare la velocità con cui l’IA può essere introdotta per consentire ai dipendenti, alle imprese e alla società di adeguarsi; e la gestione di programmi di riconversione e riqualificazione per i lavoratori sfollati.

Poi ci sono quelle aziende che probabilmente continueranno ad assumere persone anche se l’IA diventa onnipresente. Affinché l’IA si assuma il peso dell’amministrazione, la forza lavoro può essere mobilitata per concentrarsi su lavori che sosterranno il nostro invecchiamento popolando emotivamente. La medicina e l’assistenza sociale si concentreranno maggiormente sui bisogni fisici ed emotivi del paziente. I servizi finanziari saranno incentrati sulle relazioni umane. E l’opportunità di creare un salto di qualità nella qualità e nell’enfasi dell’istruzione non può essere sottovalutata.

AI: Creare una nuova società orientata alla Social Innovation

Quando si tratta di una nuova enfasi per l’educazione, un perno verso la creatività sarà un elemento centrale del puzzle.

Non solo l’apprendimento della creatività può migliorare cose come QI, rendimento scolastico e abilità verbali; può cambiare radicalmente il modo in cui vediamo il mondo. E, quando si tratta di lubrificare il cambiamento della società verso il nuovo paradigma dell’IA, un focus sulla creatività preparerà la prossima generazione per un panorama di lavoro completamente nuovo.

Mentre l’intelligenza artificiale può già creare opere d’arte, inclusi dipinti e musica, che sono indistinguibili dalle opere d’arte create dagli umani, ci sono dei limiti. Il primo è che mentre gli algoritmi alla base dell’IA diventano sempre più complessi, in definitiva sono solo degli algoritmi. Ciò significa che qualsiasi lavoro creativo prodotto da un’IA è semplicemente un remix della creatività degli umani; un complesso abbastanza da sembrare un’opera originale; ma tuttavia, completamente derivato.

Un’IA puramente algoritmica non può replicare i balzi creativi euristici delle persone necessarie per le riforme all’ingrosso della struttura concettuale coinvolte in opere veramente originali e la nascita di nuovi generi di arte, musica o cucina.

In breve, non abbiamo ancora assolutamente idea di come costruire un’intelligenza artificiale che possa fare cose che non sappiamo ancora come fare, un punto che è rilevante per la creatività in ogni campo, non solo per le opere d’arte.

Poi c’è la limitazione della coscienza. Lasciando da parte la questione delle macchine coscienti (che si trovano nel mezzo del loro stesso campo minato etico), l’arte è più che l’artefatto.
Quando consumi un lavoro creativo, visivo, udibile o commestibile, entri in una comunione con il creatore un trasferimento di informazioni ed emozioni dalla loro coscienza alla tua tramite l’opera d’arte, una qualità che è completamente intangibile e non può essere replicata da un’IA. Saresti in grado di creare la stessa connessione con il tuo romanzo preferito se un giorno venissi a sapere che è stato calcolato da algoritmi inconsci?

Infine, c’è la questione del valore. Con l’arte generata dal computer, l’offerta sarà funzionalmente infinita rispetto alla domanda. Non così con l’arte generata dall’uomo. È sicuramente ovvio anche agli uomini d’affari più laici che (certamente non cosa) creeranno sempre l’arte più preziosa.

L’IA creativa, quindi, ha una barra molto più ampia da raggiungere rispetto alla mera estetica prima che possa soppiantare la creatività umana.

Infatti, date le domande di domanda e offerta e la magia della comunione consapevole, potrebbe essere un ostacolo che non potrà mai superare. È probabile che le industrie creative diventino sempre più importanti nei prossimi decenni, sia in termini di continuare a fornire agli esseri umani occupazione e, cosa forse più importante, significato.

AI: Social Innovation e Responsabilità Sociale d’Impresa

È possibile che il nostro viaggio verso un mondo in cui le nostre preoccupazioni materiali siano minimizzate, e il tempo a nostra disposizione per occupazioni significative sia massimizzato. In effetti, come nel caso dei cambiamenti climatici, le apparenti prospettive a breve termine della rapida proliferazione dell’IA smentiscono la potenziale gravità dei costi a lungo termine per le imprese e per i dipendenti. Sarà, quindi, sicuramente evidente a tutti, tranne alle organizzazioni più miopi, che è nell’interesse di tutti facilitare un cambiamento regolare e sostenibile orientato verso la Social Innovation in considerazione della Responsabilità Sociale d’Impresa.

Pertanto, è necessario adottare un approccio basato sul buon senso, proattivo e basato sul valore, per ridefinire la forma dell’occupazione umana. Come per l’agenda ambientale, ciò significa vedere la sostenibilità dell’IA e trovare il valore reale e continuo nel lavoro umano, non solo come le cose giuste da fare, ma anche come un’evoluzione verso l’innovazione e quindi Social Innovation.

 

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Sebastiano de Falco

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NON PROFIT: TREND POSITIVO RACCOLTA FONDI

Continua il trend positivo della raccolta fondi nel non profit

Secondo i dati dell’indagine periodica sull’andamento della raccolta fondi nelle organizzazioni non profit (onp),  il 36% delle onp ha aumentato le proprie entrate totali nel 2016, mentre il 42% non ha registrato nessun cambiamento sostanziale. Il numero di onp che hanno migliorato le loro performance è aumentato del 5%. Solo il 22% ha diminuito le proprie entrate: erano il 27% nel 2014. L’indagine integrale verrà presentata il 4 ottobre a Roma alla Sala Stampa della Camera dei Deputati nel corso della conferenza stampa in occasione del Giorno del Dono 2017.

L’anteprima dell’indagine – svolta su un campione di 130 organizzazioni non profit nei mesi di luglio e agosto e riferita ai dati di bilancio 2016 e alle stime e aspettative del 2017 – è stata presentata nel corso del convegno “Donare fa Comunità“, tappa milanese del “2° Giro dell’Italia che Dona“, campagna nazionale per il Giorno del Dono fissato per legge il 4 ottobre. La campagna raccoglie e unisce tutte le iniziative realizzate dal 23 settembre all’8 ottobre. Che anche per quest’anno hanno superato quota 100, con circa 500 realtà impegnate in attività che hanno come tema centrale il dono in tutte le sue forme.

“È il Paese che vogliamo raccontare, il buon paese che non nega le sue difficoltà, ma comprende che il dono crea comunità ed è una delle risposte più efficaci alle crisi. In questi quindici giorni, con così tante iniziative, vogliamo recuperare il vocabolario del dono che purtroppo oggi ha poca dignità pubblica”.

“Oggi in Italia l’impegno a donare non è solo un gesto individuale – ha detto il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, ricordando l’impegno innovativo della Fondazione nel sostenere progetti di welfare sociale e le fondazioni di comunità -, ma direttamente preso in carico dalle comunità e dai territori. La comunità è un territorio fatto da soggetti che hanno un senso di appartenenza. Da quel senso di appartenenza dobbiamo ripartire”.

I dati delle donazioni da privati anticipati dall’IID hanno trovato una conferma anche nell’intervento del sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Bobba, intervenuto al convegno. Bobba ha rivelato il trend positivo registrato dalle dichiarazioni dei redditi del 2016 sul 2015 che parlano di un aumento del 10% delle donazioni alle onlus (oggi Enti del Terzo Settore), ma anche alle ong e agli istituti scolastici, ricavati dalle detrazioni fiscali per le erogazioni liberali. L’aumento è frutto anche dell’innalzamento del tetto fino a 30.000 euro per le donazioni detraibili stabilito dal Governo nel 2015. “I contenuti della riforma del terzo settore – ha aggiunto Bobba – possono essere una leva potenziale per incrementare e qualificare i percorsi del dono”.

Ed è stato il dono il filo conduttore dei progetti delle Fondazioni di comunità lombarde sostenuti dalla Fondazione Cariplo e accomunati da un’idea innovativa di welfare, capace di rafforzare la dimensione comunitaria. I progetti sono stati introdotti daFilippo Petrolati di Fondazione Cariplo e raccontati dal presidente della Fondazione Comunitaria del Verbano Cusio OssolaMaurizio De Paoli (progetto La cura è di casa), dal presidente della Fondazione Comunitaria della Provincia di CremonaCesare Macconi (progetto Fare legami) e dal presidente della Fondazione Comunitaria Nord Milano Paola Pessina (progetto #Oltreiperimetri).

Gli eventi del Giorno del Dono 2017 proseguono questa settimana e troveranno il culmine la prossima settimana a Roma con l’udienza privata del 2 ottobre che le scuole vincitrici del video-contest #DonareMiDona avranno con Papa Francesco in Vaticano e l’evento clou del 4 ottobre “Donare fa cultura” al Parlamentino del CNEL.

 

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DONARE FA COMUNITÀ: GIORNO DEL DONO

Donare fa Comunità: il 25 settembre
la tappa milanese del Giorno del Dono

Focus sulle storie di welfare comunitario e sui dati della raccolta fondi nel non profit

E’ il dono che crea comunità: ne sono convinti PHI Foundation, Istituto Italiano della Donazione (IID) Fondazione Cariplo: perché donare significa tessere relazioni di valore, praticare scelte libere e consapevoli dettate da autentica passione civile e capaci di andare oltre la logica dello scambio, generando progetti innovativi.

Per questo nella tappa milanese del 25 settembre, il Giorno del Dono incontra il progetto Welfare di Comunità e Innovazione sociale che Fondazione Cariplo, in collaborazione con le Fondazioni di Comunità, ha lanciato per contribuire ad innovare gli attuali sistemi di welfare locali, portando avanti sperimentazioni di politiche sociali in grado di trasformare e rendere più efficaci e sostenibili le risposte ai problemi e ai cambiamenti del nostro tempo. Il progetto affronta temi come le nuove povertà, la cura degli anziani e dei minori, le politiche giovanili e la disabilità e propone nuove soluzioni basate sulla partecipazione delle comunità, in un’ottica di valorizzazione delle risorse e dei legami tra le persone.

Progetti che hanno in comune un’idea innovativa di welfare, capace di rafforzare la dimensione comunitaria: 27 progetti avviati e 30,4 milioni di euro di contributi deliberati a fronte di un valore pari a 67 milioni di euro. Dati ancora più importanti riguardano invece il coinvolgimento dei cittadini: 115 mila persone coinvolte, 1250 organizzazioni coinvolte nel progetto, 9 mila donatori attivati.

Le fondazioni comunitarie, nate proprio dalla volontà di catalizzare le risorse presenti nella comunità e di sostenere idee sul territorio, sono state protagoniste del Bando partecipando direttamente alle iniziative o costituendo con i partner fondi per garantire sostenibilità al progetto nel tempo. Un ruolo fondamentale che promuove la cultura del dono e una visione integrata delle attività di raccolta fondi nel territorio. Le fondazioni comunitarie sono state infatti garanti attraverso la propria credibilità e reputazione, della fiducia chiesta ai cittadini e sono state in grado di facilitare la costruzione di rapporti con imprese e soggetti del territorio.

Il racconto di questi progetti sarà al centro del convegno “Donare fa Comunità“, tappa milanese del 25 settembre del “2° Giro dell’Italia che Dona“, la campagna nazionale che raccoglie e unisce tutte le iniziative realizzate dal 23 settembre all’8 ottobre. Filo conduttore è il dono e l’occasione è il Giorno Nazionale del Dono, celebrato per legge il 4 ottobre. Durante l’evento verranno presentati i dati dello studio curato dall’Istituto italiano della Donazione “L’andamento delle raccolte fondi dati 2016 e previsioni 2017” giunto alla sua quindicesima edizione oltre al cartellone delle iniziative che da nord a sud disegnano la cartina del 2° Giro dell’Italia del Dono.

Il programma
L’appuntamento è per lunedì 25 settembre alle 9.30 alle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala 6 a Milano. La mattinata sarà coordinata dal giornalista del Corriere della Sera Giangiacomo Schiavi e il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti e quello dell’IID Edoardo Patriarca apriranno i lavori parlando di dono e comunità. A seguire l’intervento “Dono nella riforma del terzo settore” del sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Bobba, subito dopo la responsabile comunicazione dell’IID Ornella Ponzoniracconterà la partenza e l’itinerario del “2° Giro dell’Italia che dona”. Durante l’evento si potrà scoprire se gli italiani donano di più o di meno al non profit grazie ai numeri dell’indagine sull’andamento della raccolta fondi che verranno forniti dal segretario generale dell’IID Cinzia Di Stasio. Nella seconda parte dell’evento focus sul dono nel Welfare di Comunità con Filippo Petrolati (Fondazione Cariplo), Marco Cremonte (Goodpoint) e Guya Raco(Fundraiser per Passione). In chiusura le storie narrate dei progetti delle Fondazioni di Comunità col presidente della Fondazione Comunitaria del Verbano Cusio Ossola Maurizio De Paoli (progetto La cura è di casa), il presidente della Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona Cesare Macconi (progetto Fare legami) e il presidente della Fondazione Comunitaria Nord Milano Paola Pessina (progetto #Oltreiperimetri). Al termine dell’evento, per chi desidera, sarà possibile partecipare ad una visita guidata alle Gallerie d’Italia.

I progetti presentati
• Il progetto “La cura è di casa” si propone di sostenere gli anziani in situazioni di fragilità e le loro famiglie. Sviluppa a Verbania una rete di supporto e azioni di prevenzione e monitoraggio per costruire contesti comunitari volti a far restare gli anziani a casa propria con la cura di cui hanno bisogno.
• Investire in capitale umano attraverso la rigenerazione dei legami sociali per intervenire sulle situazioni di impoverimento e vulnerabilità: è questa la scommessa di #Oltreiperimetri, il progetto lanciato in nove comuni del rhodense e pensato per le famiglie e le persone che si trovano in un momento difficile in ragione di eventi naturali della vita: la nascita di un figlio, i carichi di cura dei genitori, le separazioni, la perdita del lavoro e l’indebitamento che ne è conseguenza diretta.
• Il progetto Fare Legami nella provincia di Cremona ha l’obiettivo di creare legami nella comunità e di intercettare i soggetti vulnerabili, per gestire i problemi in un’ottica partecipativa e preventiva attraverso l’attivazione delle risorse del territorio.

Clicca qui per informazioni e iscrizioni

 

Giorno del Dono 2017, un grazie a:
Ente promotore: Istituto Italiano della Donazione
Enti patrocinanti: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Città Metropolitana di Milano, Comune di Milano, Anci, Responsabilità  Sociale Rai, ACRI, Assif, CNV Centro Nazionale per il Volontariato,  CSVnet, EUConsult Italia, Fondazione Sodalitas, Forum Terzo Settore, I Cantieri del bene comune.
Si ringrazia: Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo. Partner: Banco BPM.
Partner tecnici: Insolito Cinema, NP Solutions.
Media Partner: AIESEC Italia, Altreconomia, Avvenire, Buone Notizie – L’impresa del bene, Felicità Pubblica, Il Giornale della Protezione Civile, OnlusOnAir, PHI Foundation, Redattore Sociale, Tg1-Fa la cosa giusta, Tv2000, Uidu, Vita, Volontariato Oggi.
Istituti di ricerca partner: Gfk, Osservatorio di Pavia. Artista: Monica Martini
Membri del Comitato d’Onore del Giorno del DonoValeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Leonardo Becchetti, Professore Ordinario di Economia Politica; Riccardo Bonacina, Direttore Vita Magazine; Don Virginio Colmegna, Presidente Casa della Carità; Giuseppe De Rita, Presidente Censis; Antonio Decaro, Presidente ANCI; Claudia Fiaschi, Portavoce Forum del Terzo Settore; Carlo Fratta Pasini, Presidente Banco BPM; Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Cariplo; Luca Mattiucci, Giornalista;Francesco Profumo, Presidente Compagnia di San Paolo; Giovanna Rossiello, Curatrice Tg1 Fa’ la cosa giusta; Elio Silva, Giornalista Il Sole 24 ORE; Adriana Spazzoli, Presidente Fondazione Sodalitas; Stefano Tabò, Presidente CSVnet;Marco Tarquinio, Direttore Avvenire; Stefano Zamagni, Presidente Fondazione Italia per il dono.

 

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Sebastiano de Falco

PHI Foundation

#DONODAY2017: IL DONO DIVENTA VIRALE

Con #DonoDay2017 il dono diventa virale

Fra fine settembre e inizio ottobre
centinaia di iniziative per la cultura del dono

Una campagna virale e centinaia di iniziative in tutta Italia per affermare che c’è ancora spazio per la cultura del dono nella nostra società. Non solo quando i riflettori delle cronache sono accesi, come dopo i terremoti o gli altri disastri naturali, ma anche, e soprattutto, nel silenzio della quotidianità. Il “2° Giro dell’Italia che Dona” vedrà, fra il 23 settembre e l’8 ottobre, decine e decine di tappe con eventi che coinvolgono scuole, comuni, associazioni, imprese e cittadini che possono rendersi protagonisti sui social con foto, video e pensieri utilizzando l’hashtag #DonareMiDona. Hanno già aderito oltre 60 scuole e 250 fra Comuni, imprese e organizzazioni non profit.

 

Il Giorno del Dono si celebra in tutt’Italia il 4 ottobre ed è stato istituito per legge il 9 luglio 2015 quando si è concluso l’iter parlamentare iniziato nel novembre 2013, grazie al sostegno del Presidente Emerito Carlo Azeglio Ciampi, primo firmatario del Disegno di Legge: ora è Legge n. 110 del 14 luglio 2015.

 

La campagna sul Giorno del Dono è portata avanti in collaborazione con numerosi enti e istituzioni tra i quali il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e ANCI. Protagonisti del #DonoDay2017 sono ancora una volta gli studenti delle scuole italiane che hanno prodotto più di sessanta cortometraggi che esprimono la loro idea di dono. Ma anche imprese, Comuni, enti del terzo settore e singoli cittadini sono in prima linea.

 

La 3° edizione del contest “#DonareMiDona – racconta la tua idea di dono” – parte del grande progetto culturale del Giorno del Dono 2017 promosso da IID in collaborazione con il MIUR – vedrà il proprio culmine il 2 ottobre quando i vincitori del contest nelle varie categorie – Giuria Tecnica, Premio IID, Giuria Popolare – incontreranno in udienza privata Papa Francesco in Vaticano. Il 3 ottobre l’evento clou nella Sala Parlamentino del Cnel con la premiazione ufficiale delle classi vincitrici e non solo. Negli stessi giorni in tutta Italia, Comuni, imprese e associazioni non profit celebreranno con eventi culturali e iniziative la bellezza dell’Italia che dona.

 

Tutte le informazioni, le iniziative e i video degli studenti sono disponibili sul sito www.giornodeldono.org: consulta la mappa interattiva che mostra l’intero stivale, isole comprese, per trovare e partecipare all’evento più vicino a te, sarai così anche tu protagonista #DonoDay2017. L’appuntamento di apertura delle due settimane del dono, organizzato dall’IID, si terrà il 25 settembre a Milano ed è realizzato in collaborazione con Fondazione Cariplo”.

 

Il programma dell’evento

 

La rete del Giorno del Dono

 

Ente promotore: Istituto Italiano della Donazione

 

Enti patrocinanti: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Città Metropolitana di Milano, Comune di Milano, Anci, Responsabilità  Sociale Rai, ACRI, Assif, CNV Centro Nazionale per il Volontariato,  CSVnet, EUConsult Italia, Fondazione Sodalitas, Forum Terzo Settore, I Cantieri del bene comune.

 

Si ringrazia: Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo. Partner: Banco BPM.

 

Partner tecnici: Insolito Cinema, NP Solutions.

 

Media Partner: AIESEC Italia, Altreconomia, Avvenire, Buone Notizie – L’impresa del bene, Felicità Pubblica, Il Giornale della Protezione Civile, OnlusOnAir, PHI Foundation, Redattore Sociale, Tg1-Fa la cosa giusta, Tv2000, Uidu, Vita, Volontariato Oggi.

 

Istituti di ricerca partner: Gfk, Osservatorio di Pavia. Artista: Monica Martini

 

Membri del Comitato d’Onore del Giorno del DonoValeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Leonardo Becchetti, Professore Ordinario di Economia Politica; Riccardo Bonacina, Direttore Vita Magazine; Don Virginio Colmegna, Presidente Casa della Carità; Giuseppe De Rita, Presidente Censis; Antonio Decaro, Presidente ANCI; Claudia Fiaschi, Portavoce Forum del Terzo Settore; Carlo Fratta Pasini, Presidente Banco BPM; Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Cariplo; Luca Mattiucci, Giornalista Corriere Sociale; Francesco Profumo, Presidente Compagnia di San Paolo; Giovanna Rossiello, Curatrice Tg1 Fa’ la cosa giusta; Elio Silva, Giornalista Il Sole 24 ORE; Adriana Spazzoli, Presidente Fondazione Sodalitas; Stefano Tabò, Presidente CSVnet; Marco Tarquinio, Direttore Avvenire; Stefano Zamagni, Presidente Fondazione Italia per il dono.

 

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Sebastiano de Falco

PHI Foundation

LASCIA CARTELLO, PER AVER PARCHEGGIATO POSTO DISABILI

A Milano, multato per aver parcheggiato nel posto disabili, lascia cartello di insulti.

Non solo in torto marcio, ma pure convinto di essere nel giusto, tanto da metterlo nero su bianco: «A te handiccappato che ieri hai chiamato i vigili per non fare due metri in più vorrei dirti questo: a me 60 euro non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handiccappato … sono contento che ti sia capitata questa disgrazia!». È l’agghiacciante messaggio – diffuso sui social da un passante – che un ignoto, evidentemente dopo essere stato multato per aver parcheggiato in un posto riservato alle persone disabili, ha lasciato nel parcheggio sotterraneo di un centro commerciale nel Milanese.

«Volevo condividere questa perla di civiltà trovata oggi al parcheggio sotterraneo del Carosello di Carugate…» ha scritto ieri su Facebook Claudio Sala, che ha fotografato il cartello in un post che ha già avuto molte condivisioni. Sala spiega di aver inviato lo stesso messaggio condiviso online al centro commerciale e di essere stato contattato dal servizio di vigilanza dello stesso: il cartello – per quanto gli è stato comunicato – è stato rimosso e sono al vaglio le registrazioni delle telecamere. Indignati i commentatori sul web, che non hanno mancato di notare gli errori ortografici del messaggio e si sono augurati che l’autore venga individuato.

Quello di parcheggiare nei posti riservati ai disabili è un malcostume piuttosto diffuso a Milano dove, nei primi sei mesi dell’anno, secondo i dati diffusi dal Comune alla fine dello scorso mese, sono state in tutto 71.819 le multe per le ‘soste odiosè ovvero sul marciapiede, in seconda fila, davanti a dei passi carrai o nei posti dei disabili.

«Se calcoliamo che gli spazi per invalidi a Milano sono in totale 4.661, vuol dire che – aveva notato l’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza commentando i dati – più della metà di questi (62,8%) almeno una volta in sei mesi è stato occupato da chi non ne aveva diritto, creando problemi a chi ha seri problemi di mobilità».

 

Inciviltà e mancanza di rispetto giustificate dai loro autori con scuse banali come «dovevo portare il bambino a scuola» o «sono solo sceso a prendere il pane/ritirare gli abiti in tintoria/prendere il giornale», ma quasi mai seguite da scuse a chi ha il diritto di parcheggiare in uno spazio riservato. Per arrivare poi a estremi negativi come quello di Carugate, dove chi ha preso una multa per sosta vietata si è pure permesso di lasciare un messaggio velenoso all’indirizzo del disabile cui aveva rubato il posto.

 

Sebastiano de Falco

PHI Foundation

AIUTIAMO LA FAMIGLIA DI BRUNO GULOTTA

Aiutiamo la famiglia di Bruno Gulotta. Mentre a Legnano tutte le bandiere sono a mezz’asta, in onore e ricordo del concittadino morto durante l’attacco di Barcellona, gli amici di Bruno Gulotta hanno fatto partire un’iniziativa, consapevoli che «Il dolore sarà a lungo incurabile, ma da subito abbiamo sentito un’altra pressante urgenza: aiutare chi è rimasto solo» come spiegano gli amici.

 

«Martina e i suoi due figli, piccolissimi, devono affrontare una perdita indescrivibile. Forse non possiamo aiutarli ad affrontare il dolore, ma possiamo e vogliamo aiutarli a rendere un po’ meno pesante questo tremendo fardello. E chiediamo a tutti voi di aiutarci ad aiutarli».

 

E’ stato cosi deciso di creare uno speciale conto su Paypal per raccogliere donazioni. «Il denaro servirà a Martina e ai bambini per ripartire e incamminarsi su una strada che, temiamo, non potrà che essere una lunga e faticosa salita. Cercheremo di essere accanto a loro in ogni modo, e crediamo che questo sia uno dei modi migliori e più concreti di farlo».

 

IL CONTO SU PAYPAL

Il conto può ricevere donazioni di ogni entità: «Siamo certi che alcuni vorranno ma si vedranno nell’impossibilità di farlo, e che tanti altri mostreranno più generosità di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Ancora prima di cominciare vi ringraziamo tutti con tutto l’affetto di cui siamo capaci».

 

Per chi si facesse delle domande, gli amici spiegano anche il motivo della intestazione: «Il conto, noterete, è a nome di Roberto Buonanno e non di Bruno. Questo perché è stato proprio l’amico Roberto, a creare il nuovo conto per la famiglia di Bruno. E l’ha fatto usando i suoi dati già registrati presso il servizio. Si è ritenuto che non ci fosse tempo per fare diversamente, né è sembrato adeguato disturbare i famigliari di Bruno con sollecitazioni del tutto inopportune.

 

DOMANI PUBBLICHIAMO TUTTI I RIFERIMENTI CON I LINK PER LE DONAZIONI

 

PHI Foundation é solidale e sostiene la famiglia di Bruno Gulotta.

 

Sebastiano de Falco

PHI Foundation

 

 

DISABILE, DIGITAL VOLUNTEER, PROMOTORE ASSOCIATIVO

Storia di un disabile che presta opera di volontariato tecnologico professando il “Digital Volunteer”, supporta lo sviluppo del non profit come “Promotore Associativo”, determinato a specializzarsi nel sostegno dei più bisognosi.

 

Salve a tutti, mi chiamo Giorgio D’Ambrosio e sono sposato con Sabina Santucci da 18 anni, siamo due invalidi civili con patologie diverse, io per poliomielite (virus della polio) e mia moglie sofferente di psicosi schizofrenica acuta, entrambi invalidi al 100% con lei che percepisce anche l’assegno di accompagno ed ha bisogno di assistenza continua.

 

Sto scrivendo queste due righe al fine di rendere pubblica la nostra storia.

 

In questi 18 anni di matrimonio siamo vissuti in una casetta asismica costruita dopo il terremoto del 13/01/1913 Avezzano in provincia di Aquila.

 

In questi ultimi anni, io e mia moglie ci siamo più volte appellati con chi di dovere per avere un’abitazione al quanto decente poiché la casetta asismica dava segni di cedimento ed era piena di ratti, appelli non solo nostri ma anche dell’asl (ufficiale sanitario ed altro), tutto documentabile presso il C.S.M. di Avezzano.

 

Nel mese di gennaio 2017, nel primo pomeriggio cede una porzione di soffitto ed io non sapendo cosa fare e chi chiamare mi rivolgo ai vigili del fuoco che intervengono tempestivamente e i quali a loro volta costatano la pericolosità del soffitto mettendo tutto a verbale e chiamando chi di dovere.

 

Nella medesima sera (dell’accaduto) con mia moglie siamo stati trasferiti in una struttura a Canistro (AQ) dove vi rimaniamo per due giorni e dopo siamo stati trasferiti in un’altra struttura vicina Avezzano.

 

Il primo marzo 2017 siamo trasferiti a Perugia presso un centro riabilitativo di cui costatiamo l’efficacia benevola sia su me sia su mia moglie.

 

Vi comunichiamo queste vicende poiché negli ultimi anni ci siamo trascurati molto sia fisicamente sia psicologicamente giacché non siamo mai stati seguiti da chi di dovere (servizi sociali o altro).

 

Mi rendo conto che abbiamo bisogno di tempo e sostegno per recuperare la fiducia in noi stessi, ma bisognerebbe fare un progetto se non a lungo termine, a medio – lungo termine, sempre se fattibile?

 

Nella struttura in cui viviamo, è pagata una retta in compartecipazione ASL – Comune, sino al mese di giugno 2017 e per dopo vi è molta incertezza.

 

Noi non stiamo domandando nulla che non sia fattibile, non stiamo chiedendo case, palazzi o altro, imploriamo solo di essere in grado di condurre un’esistenza decorosa, poter pensare ad un futuro, vivere serenamente.

 

Nel mio piccolo ho sempre cercato di rendermi utile e fare volontariato sia da solo sia con varie organizzazioni (misericordia, polisportiva polizia Perugia, vigili del fuoco in congedo, ecc……), in questo periodo sostengo anche la PHI Foundation prestando opera di “digital volunteer” nell’intento di aiutare a divulgazione in rete informazioni di interesse collettivo.

 

FACCIAMO UN APPELLO A TUTTI GLI ORGANI COMPETENTI AFFINCHE POSSONO GARANTIRCI UNA VITA DIGNITOSA ED ESSERE SOSTENUTI IN QUESTO PERCORSO DI RECUPERO CHE ABBIAMO INTRAPPRESO SENZA ESSERE ABBANDONATI A NOI STESSI.

 

PHI Foundation Social Innovation Community

È il nuovo modo di concepire l’engagement sociale al servizio della collettività

 

La Social Innovation (Innovazione Sociale) è caratterizzata dalla capacità di rispondere ai bisogni sociali della comunità mediante la responsabilizzazione degli individui e la volontà di cambiare le relazioni sociali.

 

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Sebastiano de Falco

PHI Foundation 

#PHI: RICOSTRUZIONE POST TERREMOTO

A 5 mesi dalla proclamazione dei risultati del bando “Giorno del Dono 2016”

ecco lo stato dell’arte dei tre progetti vincitori

 

In seguito alle scosse di terremoto che hanno sconvolto il centro Italia nell’anno 2016, Banco BPM e l’Istituto Italiano della Donazione (IID) hanno lanciato la campagna di raccolta fondi “Giorno del Dono 2016” dedicata alla ricostruzione sociale post terremoto, coinvolgendo tutte le filiali del Banco BPM stesso.

 

Nel 30 novembre 2016 il ricavato, che ammontava a 33 mila euro, è stato interamente destinato a tre progetti selezionati, tramite apposito bando, a favore delle popolazioni e dei territori toccati dal terremoto.

 

“Dopo un’attenta valutazione di tutti i progetti pervenuti – sottolinea Sebastiano de Falco Presidente di PHI Foundation – il comitato di valutazione riunitosi a fine 2016 ha ritenuto i progetti presentati da Associazione Maria Madre della Provvidenza (AMMP) Giorgio Valsania Onlus, Ai.Bi. Amici dei Bambini e Cesvi Onlus come i più meritevoli di ricevere la sovvenzione di 11 mila Euro ciascuno.

 

Si tratta di tre progetti molto diversi tra loro ma accomunati da un elevato grado di concretezza e dalla capacità di rispondere in tempi brevi alle necessità reali dei territori più colpiti dal terremoto del 24 agosto 2016.

 

I progetti vincitori da un lato danno attenzione ai più fragili attraverso un’analisi accurata dei loro bisogni e, dall’altro, favoriscono la cooperazione e la coesione sociale delle persone e degli enti colpiti, senza trascurare la capacità di azione coordinata e di rete di più realtà operative”.

 

“Si tratta di un impegno preciso e concreto da parte della nostra banca, che intende affiancare l’Istituto Italiano Donazione con un impegno a tutto tondo – spiega Francesco Minotti, Responsabile Istituzionali Enti e Terzo Settore di Banco BPM – Siamo sempre stati vicini a questo tipo di tematiche e affianchiamo anche con altre importanti iniziative le popolazioni colpite dal sisma. Il progetto di IID è apparso fin da subito meritevole del nostro sostegno e intendiamo supportarlo con tutti i mezzi a nostra disposizione”.

 

A cinque mesi di distanza è stato chiesto alle tre non profit premiate di raccontarci cosa hanno realizzato.

 

AMMP Giorgio Valsania Onlus ha portato a conclusione il progetto “Missione Centro Italia 2016” che aveva l’obiettivo di rispondere all’emergenza abitativa venutasi a creare nei Comuni più colpiti. Da subito l’associazione si è fatta carico di fornire aiuti di prima necessità come vestiario, coperte e alimenti. In un secondo momento, a distanza di qualche settimana, è iniziato l’arrivo delle prime strutture da adibire ad abitazione. Il Comune di Norcia (PG) ha così ricevuto due roulotte e tre container abitativi dotati di riscaldamento e bagno; Cittareale (RI) è stata dotata di un prefabbricato di 200 metri che, dopo l’inaugurazione dello scorso 21 aprile, è oggi la sede del nuovo municipio; il Comune di Preci (PG) ha ricevuto 8 prefabbricati composti da 12 camere e 6 bagni, tutti dotati di pompa di calore; è inoltre in arrivo una struttura di 130 metri quadrati che sarà la nuova scuola.

 

“Un Paese ci vuole” (citazione di Cesare Pavese) è il progetto presentato da Ai.Bi. Amici dei Bambini che punta a contribuire alla ricostruzione del tessuto sociale dei territori colpiti attraverso un’attività di sostegno psicologico e laboratoriale rivolto ai più giovani e alle famiglie. Cuore del progetto è la città di Amatrice (RI) dove però attualmente risiedono pochissime persone:  delle 2300 originarie oltre 800 sono sparse nei territori circostanti in situazioni precarie, perché gli alloggi promessi non sono ancora arrivati. Ogni azione di aggregazione è molto difficile. Si ipotizza, quindi, di iniziare le attività in estate grazie all’arrivo delle casette e alla riapertura di un’area food e di esercizi commerciali nei mesi di maggio e giugno.

 

Cesvi Onlus è stata premiata per il progetto “Terremoto in Centro ItaliaSupporto urgente agli allevatori delle aree colpite”. L’intervento di Cesvi, in collaborazione con Coldiretti, a sostegno degli allevatori di Amatrice, ha lo scopo di supportare il ripristino delle attività di produzione e vendita diretta, al fine di evitare l’abbandono delle campagne e favorire la ripresa economica nelle aree colpite dal sisma. Nel suo complesso hanno beneficiato 12 aziende che hanno ricevuto attrezzature per il riavvio della produzione e conservazione di latte vaccino, consegnate lo scorso gennaio. Gli allevatori hanno sottolineato l’importanza della tempestività nella consegna dei macchinari, senza i quali non sarebbero stati in grado di riprendere la produzione. Inoltre, considerando le difficoltà economiche che si sono trovati ad affrontare a seguito del sisma, la donazione è stata per loro un aiuto fondamentale.

Scarica la foto del Nuovo Municipio di Cittareale

 

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È il nuovo modo di concepire l’engagement sociale al servizio della collettività

 

La Social Innovation (Innovazione Sociale) è caratterizzata dalla capacità di rispondere ai bisogni sociali della comunità mediante la responsabilizzazione degli individui e la volontà di cambiare le relazioni sociali.

 

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Alessandro Roma

PHI Foundation