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SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

1 La disabilità

L’ispirazione per questo articolo nasce dal blog meraviglioso di una mia amica scrittrice che parla di disabili, Paola Merzaghi.
Il suo “scritto” riporta una notizia che mi ha fatto molto riflettere e che voglio condividere, sperando di non suscitare disagio o peggio ancora indignazione.
In Italia c’è il disegno di legge n.1442 del 9 aprile 2014, assegnato alla Commissione Igiene e Sanità del Senato e purtroppo ancora arenato lì, che intende favorire il pieno sviluppo della persona anche sotto il profilo sessuale, in particolar modo sostenendo il diritto alla sessualità per il disabile. Attorno a questo disegno sono nate delle associazioni (per esempio la Lovegiver), che cercano di promuovere un’educazione alla sessualità per le persone diversamente abili.

SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

2 L’idea

Come sottolinea la mia amica, sia in Italia che in altri Paesi Occidentali, ci sono degli argomenti considerati delicati se non scabrosi; sessualità e disabilità è proprio uno di questi, perché va a toccare diversi aspetti di una moralità, ancora preponderante in Stati legati, come il nostro, alla Chiesa Cattolica. Il diritto di ognuno di noi a scoprire determinate sensazioni e piaceri sembra che debba essere precluso ai disabili, secondo lo stereotipo che li vede esseri asessuati.

Riporto parte dello “scritto” del blog, perché sarebbe un peccato cercare di riassumervelo: “Come se non fosse già complicato esistere con tutta una serie di menomazioni, avere un handicap priva la persona anche solo dell’idea di vivere il proprio corpo come un momento di felicità. La punizione divina consiste non solo nel non camminare o mangiare o scalare una montagna o scrivere, ma anche nel non provare il piacere del sesso. Però, mentre ci sono corsi ed educatori che portano a sciare ciechi, a dipingere paralitici, far saltare dagli aeroplani paralizzati, nessuno ha mai vagamente ipotizzato di poter insegnare, spiegare, educare un disabile al raggiungimento della felicità sessuale.”

SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

3 Il problema

Credo che uno dei più grandi scogli sia la nostra educazione sessuale in generale, con tutti i limiti che comporta: la discriminazione fra uomo e donna, ancora ben radicata nella nostra società, in qualsiasi classe sociale. Il legame tra la sessualità e la propria religione di appartenenza, fino ad arrivare… e sì, qui viene il bello, all’intelligenza emotiva e alla capacità di affrontare l’argomento da adulto.

Questo passaggio mi riporta alla difficoltà dei disabili, specie quelli con menomazioni più mentali che fisiche, sulla capacità di rapportarsi consapevolmente al sesso. Non che tutti i normodotati ne siano capaci, ma i disabili con problemi psichici si ritrovano spesso a dipendere anche per la loro autonomia dalla famiglia di origine, che spesso fa fatica a vedere il soggetto come persona adulta, figuriamoci come “essere” in grado di fare sesso.

SESSUALITÀ DISABILI: PERCHÉ NO?

4 In conclusione

Ritornando alla legge, se questa dovesse passare, porterebbe all’educazione affettiva ad ampio raggio, quindi al rapporto con il proprio corpo in termini di affettività, educazione alle proprie emozioni e ad un concetto di sessualità legato all’affetto e all’amore per sé e per l’altro.

Sono molto molto curiosa di sapere cosa voi lettori ne pensate di questo argomento, la nostra società è pronta ad affrontare il concetto di sesso legato ai disabili? Saremo noi capaci di non giudicare e di lasciar libero un disabile che non consideriamo adulto per la sua “condizione di vita”?

 

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NODO COOPERAZIONE: UN LAVORO VUOL DIRE DIGNITÀ, INDIPENDENZA E FELICITÀ

Nodo Cooperazione Vuol Dire Dignità

NODO COOPERAZIONE:

UN LAVORO VUOL DIRE DIGNITÀ, INDIPENDENZA E FELICITÀ

 

Nodo Cooperazione Internazionale, lasciando alle spalle l’assistenzialismo, ha optato per diffondere la cultura del lavoro con un progetto innovativo di auto sviluppo, una scuola che supporta le capacità artigianali della Cambogia, dove la manualità non è stata ancora soffocata dall’uso delle macchine.

Una nazione che vuole guardare al futuro deve prima di tutto pensare ai bambini e ai giovani, alla loro educazione e alla loro istruzione perché loro sono il bene primario della società, i cittadini del domani che dovranno poter lavorare, produrre e contribuire allo sviluppo del proprio paese.

Uno degli obiettivi del Nodo è quello di aiutare i giovani della Cambogia a superare ignoranza e povertà, trasferendo conoscenze e metodologie, dando valore all’individuo e stimolando le capacità di gestire attraverso il lavoro, il loro futuro e quello delle loro famiglie.

La Bottega dell’Arte di Phnom Penh è una scuola di design sociale dove 25 ragazzi e ragazze imparano a lavorare l’argento. La maggior parte di loro arriva da una zona poverissima della periferia della città, sono giovani con scarsa istruzione, con difficili situazioni familiari, alcuni sono orfani appena usciti dall’orfanotrofio o portatori di handicap. Per loro la Bottega non è solo un luogo dove imparare una professione ma anche una casa e una protezione.

Ogni anno un designer italiano trascorre un mese in Bottega per insegnare ai ragazzi a produrre oggetti innovativi. Nella scuola non si tengono solo corsi di disegno e lavorazione del metallo, ma anche corsi di contabilità e gestione d’impresa, nonché corsi di alfabetizzazione per gli studenti che non hanno potuto completare gli studi di base. Alla fine del percorso, i più bravi possono rimanere in Bottega ad insegnare, i più intraprendenti aprono una loro attività, sostenuti dal Nodo con un piccolo prestito, gli altri vengono aiutati a trovare un lavoro in imprese esistenti.

Un altro grosso problema che affligge la Cambogia e di cui Il Nodo ha voluto occuparsi è quello dell’acqua. L’acqua è causa di allagamenti e disastri naturali, ma qui è anche una delle maggiori cause di mortalità infantile. Per questo Il Nodo distribuisce filtri per la potabilizzazione dell’acqua, ma interviene anche organizzando corsi di igiene e manutenzione del filtro. In quattro anni sono stati distribuiti più di 600 filtri ed ha istruito i bambini e le loro famiglie per il loro uso e manutenzione.

Il Nodo collabora, inoltre, con alcuni orfanotrofi locali, fornendo ai bambini e ragazzi ospiti, tutto il necessario per nutrirsi adeguatamente, vestirsi e andare a scuola. Offre loro corsi complementari di inglese e computer utili a qualificarli per un futuro lavoro, corsi di musica e di danza per fornire interessi e stimoli che li aiutino a formarsi un’identità positiva e corsi di tessitura ed intreccio di ceste e stuoie per insegnare attività generatrici di reddito ai ragazzi prossimi all’uscita dall’Istituto.

Questi sono solo alcuni dei progetti che Il Nodo Cooperazione Internazionale Onlus ha in corso in Cambogia. Se volete conoscere meglio questa bellissima realtà, se volete aiutarli o entrare a far parte di questa associazione, potete scrivere a info@ilnodoonlus.org  o telefonare allo 02.66801806 e sarete sempre ben accolti.

 

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LASCIA CARTELLO, PER AVER PARCHEGGIATO POSTO DISABILI

A Milano, multato per aver parcheggiato nel posto disabili, lascia cartello di insulti.

Non solo in torto marcio, ma pure convinto di essere nel giusto, tanto da metterlo nero su bianco: «A te handiccappato che ieri hai chiamato i vigili per non fare due metri in più vorrei dirti questo: a me 60 euro non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handiccappato … sono contento che ti sia capitata questa disgrazia!». È l’agghiacciante messaggio – diffuso sui social da un passante – che un ignoto, evidentemente dopo essere stato multato per aver parcheggiato in un posto riservato alle persone disabili, ha lasciato nel parcheggio sotterraneo di un centro commerciale nel Milanese.

«Volevo condividere questa perla di civiltà trovata oggi al parcheggio sotterraneo del Carosello di Carugate…» ha scritto ieri su Facebook Claudio Sala, che ha fotografato il cartello in un post che ha già avuto molte condivisioni. Sala spiega di aver inviato lo stesso messaggio condiviso online al centro commerciale e di essere stato contattato dal servizio di vigilanza dello stesso: il cartello – per quanto gli è stato comunicato – è stato rimosso e sono al vaglio le registrazioni delle telecamere. Indignati i commentatori sul web, che non hanno mancato di notare gli errori ortografici del messaggio e si sono augurati che l’autore venga individuato.

Quello di parcheggiare nei posti riservati ai disabili è un malcostume piuttosto diffuso a Milano dove, nei primi sei mesi dell’anno, secondo i dati diffusi dal Comune alla fine dello scorso mese, sono state in tutto 71.819 le multe per le ‘soste odiosè ovvero sul marciapiede, in seconda fila, davanti a dei passi carrai o nei posti dei disabili.

«Se calcoliamo che gli spazi per invalidi a Milano sono in totale 4.661, vuol dire che – aveva notato l’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza commentando i dati – più della metà di questi (62,8%) almeno una volta in sei mesi è stato occupato da chi non ne aveva diritto, creando problemi a chi ha seri problemi di mobilità».

 

Inciviltà e mancanza di rispetto giustificate dai loro autori con scuse banali come «dovevo portare il bambino a scuola» o «sono solo sceso a prendere il pane/ritirare gli abiti in tintoria/prendere il giornale», ma quasi mai seguite da scuse a chi ha il diritto di parcheggiare in uno spazio riservato. Per arrivare poi a estremi negativi come quello di Carugate, dove chi ha preso una multa per sosta vietata si è pure permesso di lasciare un messaggio velenoso all’indirizzo del disabile cui aveva rubato il posto.

 

Sebastiano de Falco

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PERUGIA: CENTRO SOCIO RIABILATIVO ED EDUCATIVO IL PAVONE

Il Centro Residenziale e Diurno Il Pavone è una realtà territoriale, e non solo, che accoglie persone con difficoltà fisiche e/o psichiche, persone che spesso vivono anche l’emarginazione.  

Il centro anche se è una struttura convenzionata e accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale, non è da considerarsi come un istituto od altre strutture simili, bensì come un centro rieducativo mirato al recupero della persona e non solo della patologia 

La residenza “Il Pavone” è parte integrante della Comunità di Capodarco dell’Umbria, comunità esistente ormai da qualche decennio, mettendosi sempre a disposizione degli emarginati e delle persone che non possono difendersi.

Chi scrive questo articolo è una persona che viene fuori da una situazione sociale di emarginazione e che oggi è ospite con sua moglie presso la suddetta struttura constatandone i benefici che essa può erogare.

Benefici che spesso la medesima coppia non riesce a percepire subito, ma che vengono percepiti dalle persone che li circondano amorevolmente creando intorno a loro un clima più che familiare, un clima che la famiglia di origine spesso non riesce a dare o non vuole dare dal momento che sei nato con una malformazione o altro.

Questa realtà di Perugia è suddivisa in 2 realtà, il diurno ed il Residenziale. Il diurno offre servizi Riabilitativi ed educativi dal lunedì al venerdì con laboratori che variano giornalmente, senza essere ripetitivi, laboratori in cui si svolgono varie attività, dalla pittura al ricamo, dall’andare a fare una passeggiata al percorso verde, all’ippoterapia, dalle riunioni di gruppo sulle emozioni al vedersi un film insieme, lettura di un libro a voce alta, informatica ecc.

Il residenziale che ospita venti persone non è altro che una porzione dello stesso stabile, molto confortevole, dove si svolge la vita comune al di fuori del centro diurno, porzione dello stabile adibito ad alloggi, con camere con bagno, sale ricreative dove ci si incontra per discutere di qualsiasi cosa o solo per guardare la tv. Da notare che tra le due realtà non vi è distinzione dal momento che gli stessi utenti ad eccezione di qualcuno, usufruiscono sia dell’una che dell’altra realtà.

Vivendo in prima persona in questa realtà, dopo un trimestre, non ne posso che dedurre che realtà simili a questa di Perugia ne dovrebbero esistere molte di più, in quanto ho potuto osservare la gentilezza e la professionalità sia degli educatori che degli operatori sanitari, che mettono al primo posto il fabbisogno del soggetto che chiede ospitalità a prescindere dal suo handicap, sia esso fisico, psichico o altro.

In conclusione vorrei dire che lo spirito con cui è nata la Comunità di Capodarco, è ancora vivo dal punto di vista dell’accoglienza, dell’attenzione alla persona, del prendersi cura delle persone con difficoltà. Mi auguro di poter continuare a condividere questa esperienza.

 

D’Ambrosio Giorgio

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