Cerimonia Insediamento Presidente USA Donald Trump

Cerimonia Insediamento Donald Trump

Cerimonia Insediamento Presidente USA Donald Trump

 

Cerimonia Insediamento Presidente USA Donald Trump

Barack Obama oggi lascerà la Casa Bianca subito dopo la cerimonia di insediamento in programma per oggi a partire dalle ore 18 (ora italiana).

Da questo momento Donald Trump diventerà ufficialmente presidente degli Stati Uniti.

Nel corso della prima conferenza stampa, Trump ha ribadito quanto portato avanti durante la campagna elettorale sull’ Obamacare: “… è un disastro, lo cambieremo” infatti in una intervista al New York Times del 10 gennaio, il nuovo presidente ha chiesto ai parlamentari Repubblicani di votare al più presto per abolire e sostituire la riforma con un piano che preveda “ un’assicurazione per tutti”, ma non solo, le case farmaceutiche dovranno concordare i prezzi da applicare ai servizi pubblici direttamente con il governo.

Inoltre, sempre nelle prossime settimane si tornerà a esaminare la costruzione del muro al confine con il Messico.

In attesa dei primi cambiamenti per iniziare a valutare l’operato del nuovo presidente, che inizieranno, ci possiamo scommettere, subito dopo la cerimonia di insediamento , c’è chi, per non dimenticare le frasi sessiste pronunciate da Trump in più occasioni, ha deciso di scriverle sul proprio corpo.

Parlo della giovane studentessa Aria Watson la quale ha realizzato un progetto fotografico con l’aiuto di amiche e familiari #SignedByTrump col quale ha voluto sottolineare quelle parole offensive, rivolte alle donne, da parte del nuovo presidente degli Stati Uniti. La diciottenne ha poi presentato il suo progetto all’esame di fine anno all’Università dell’Oregon.

Una delle foto che ha più colpito sui social è stata “Grab em’ by the pussy”

Il progetto fotografico, ha spiegato Aria Watson in un’intervista all’ Huffington Post, nasce dal desiderio di ricordare e raccontare il passato della donna e la sua lunga lotta contro atteggiamenti come questi.

Dunque in attesa di vederlo giurare come previsto dalla Costituzione Americana, durante la cerimonia di insediamento, aspettiamo che Donald Trump faccia le prime mosse per modificare la rivoluzione sociale portata avanti da Barack Obama.

 

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Lampedusa: l'isola che non c'è

Lampedusa: l’isola che non c’è

Lampedusa: l’isola che non c’è

 

Lampedusa: Per alcuni, come me e te, è uno dei luoghi più ameni d’Italia, ricco di vegetazione e immerso nel mare cristallino… per altri, invece, è “l’Isola che non c’è”, quella cioè che non si riesce a raggiungere perché si perde la vita in mare prima di potervi approdare. Infatti, secondo i dati dell’Unhcr, solo quest’anno, le vittime dei naufragi sono di oltre 2.500.

Lampedusa è tra le rotte migratorie scelte per raggiungere l’Europa da rifugiati e richiedenti asilo provenienti da vari paesi come Siria, Afghanistan e Africa Sub-sahariana. Sono persone disposte a mettere a rischio tutto, persino la propria vita, pur di fuggire dai conflitti armati, dai genocidi, dalle carestie o da altre calamità naturali che affliggono le proprie nazioni.

Mentre nel mondo i conflitti si moltiplicano, cosa fa l’Unione Europea di fronte a questa situazione?

Lampedusa: l’isola che non c’è

Da una parte c’è l’Italia, rimasta da sola a soccorrere i sopravvissuti nelle acque che circondano Lampedusa, dall’altra ci sono stati come Austria, Ungheria e Regno Unito che, ai propri confini, introducono barriere e controlli per frenare l’entrata dei profughi, lasciando che il mare sia l’unica soluzione per raggiungere il continente e chiedere protezione internazionale.

Menomale però che ci sono più di 200 studenti provenienti dalle scuole superiori di tutta Europa a ricordarci che i diritti umani sono da tutelare, sempre. Grazie al progetto “L’Europa inizia a Lampedusa” questi ragazzi si sono incontrati a Lampedusa, dal 30 settembre al 3 ottobre, per commemorare con workshop, seminari e laboratori i 368 migranti che il 3 ottobre 2013 morirono a largo dell’isola.

Hanno trascorso insieme quattro giornate di scambio interculturale sui temi dell’integrazione e della solidarietà, principi fondamentali e che, non a caso, hanno ispirato la nascita dell’Unione Europea.

Lampedusa: l’isola che non c’è

In seguito a questa iniziativa, il “Comitato 3 Ottobre”, Onlus nata per istituire il 3 ottobre proprio come data simbolica della “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione“, inaugurerà in accordo con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, una “Sezione Giovani” all’interno del Museo della Fiducia e del Dialogo di Lampedusa. Tale spazio sarà dedicato alle opere più belle che i ragazzi realizzeranno durante l’anno scolastico venturo e che saranno scelte tra quelle che sapranno meglio esprimere i valori di dialogo, fiducia e integrazione.

L’incontro degli studenti europei è stata un’importante occasione di crescita per ricordare la strage di tante vite umane affogate tre anni fa nelle acque del Mediterraneo, ma soprattutto ha trasformato Lampedusa in un’ “isola che c’è” per tutti coloro che credono nella fratellanza e nella convivenza tra popoli.

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Imparare a vedere ad occhi chiusi

Imparare a vedere ad occhi chiusi

Imparare a vedere ad occhi chiusi

 

Imparare: “Non è necessario guardare per vedere lontano”

Imparare – Slogan – Il Dialogo nel Buio

Imparare a Vedere ad occhi chiusi è una cosa possibile? Se non sposiamo l’equazione esatta tra “vedere” e “percepire” sì.

 

Imparare a vedere ad occhi chiusi

Ce lo insegna “Dialogo nel Buio”, un vero e proprio percorso sensoriale allestito dal 2005 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi – onlus, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle innumerevoli risorse dei non vedenti, promuovendone l’integrazione e un ruolo attivo all’interno della società.

Il percorso

In quest’ottica di integrazione, il progetto non solo offre un’opportunità di lavoro stimolante a più di 60 non vedenti; il cieco diventa in effetti egli stesso guida di un mondo conosciuto che si fa improvvisamente oscuro, istruendo e insegnando pazientemente al visitatore a vedere ad occhi chiusi.

La visita avviene, infatti, completamente al buio, ha una durata di un’ora e quindici minuti e si articola in diverse situazioni che simulano contesti di vita quotidiana in cui il visitatore è  costretto ad orientarsi affidandosi esclusivamente alla voce della guida, oltre che al senso del gusto e dell’olfatto.

Il modificare la modalità abituale di fruizione della realtà e la necessità di acuire gli altri sensi rispetto alla vista aprono nuovi modi di interpretazione della realtà, arricchendola grandemente in termini di profondità e intensità.

Imparare a vedere ad occhi chiusi

Il colore nascosto delle cose 

Proprio l’esperienza di Dialogo nel buio apre “Il Colore nascosto delle Cose” l’ultimo film di Silvio Soldini, che racconta l’incontro tra Emma (Valeria Golino), osteopata non vedente, capace di una grande forza nell’affrontare traumi e dolori nonostante la sua fragilità e Teo (Adriano Giannini), rampante e affascinante pubblicitario refrattario alla stabilità relazionale e con qualche conto ancora aperto con il passato.

L’incontro con Emma, che farà da guida al gruppo di Teo durante il viaggio del Dialogo nel buio, lo costringerà non solo ad imparare a vedere ad occhi chiusi, ma anche a confrontarsi con sé stesso, sfidandolo a cambiare il modo di affrontare legami e relazioni.

Interessante qui è il ribaltamento dei ruoli e, dunque, di stereotipi e pregiudizi: è il cieco, tradizionalmente associato alla figura bisognosa di aiuto, a guidare l’altro nell’indagare il proprio rapporto con l’esterno e, soprattutto, con sé stesso.

Imparare a vedere ad occhi chiusi

Il buio allena la resilienza

Lo stesso concetto permea il progetto di Dialogo nel Buio, declinato nella proposta di diverse serate a tema:

  • Aperitivo
  • Cafénoir
  • Cena al buio
  • Degustazioni
  • Eventi
  • Teatro al buio

In particolare, il workshop “Il buio allena la resilienza”, che si terrà il 12 maggio 2018 presso la sede dell’Istituto dei Ciechi di Milano, fa leva sulle risorse e l’esperienza di trainer non vedenti e ipovedenti perché i partecipanti migliorino la propria capacità di gestire lo stress e di raggiungere obiettivi difficili. 

Anche qui, lo schema viene ribaltato e lo stigma, come lo definirebbe il celebre sociologo canadese Erving Goffman, si fa risorsa, venendo in aiuto alla persona media da un lato e restituendo piena dignità e funzionalità al cieco o ipovendente dall’altro.

 

Vedere ad occhi chiusi non è solo possibile, dunque, ma apre un ampio e consistente ventaglio di nuove esperienze, visioni e prospettive tutte da condividere.

 

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Oceani: L'acqua è una componente fondamentale del Pianeta Terra.

OCEANI L’INQUINAMENTO AI NOSTRI GIORNI

OCEANI L’INQUINAMENTO AI NOSTRI GIORNI

 

LE ACQUE OCEANICHE: TRA  TONNELLATE DI SPAZZATURA E TEST NUCLEARI

Oceani: L’acqua è una componente fondamentale del Pianeta Terra, è presente nei ghiacciai, nei fiumi, nei laghi oltre che negli oceani e nei mari.

Gli oceani occupano il 70% della superficie terrestre ed i mari vengono considerati come delle insenature marginali degli oceani.

Dal secondo dopoguerra ad oggi l’oceano è diventato il luogo dove fare esperimenti nucleari da parte di alcuni stati come: la Russia, gli Stati Uniti, la Corea del nord, la Cina, la Gran Bretagna e la Francia tutte nazioni fortemente civilizzati ma senza un minimo riguardo per la natura.

Le conseguenze sono state disastrose per l’ambiente, la flora e la fauna con un enorme ed un incalcolabile danno paesaggistico.

Invece, più recentemente l’oceano viene visto da parte di molte persone come un «cassonetto dell’immondizia» dove gettare oggetti di ogni tipo: dai mozziconi di sigarette alle bottiglie e sacchetti di plastica, a bicchieri, tappi e lattine.

Succede che in alcune aree oceaniche, dove le correnti sono maggiori, si sono formate delle  vere e proprie isole di plastica, dove le micro e le macro plastiche vanno ad ammassarsi ed ad accumularsi non consentendo pertanto sia la navigazione, sia la notazione, sia la vita alle specie di animali e vegetali che popolano gli oceani.

Io confido sempre nel senso civico e civile di ogni essere umano, in quanto abitante rispettoso del pianeta Terra ed anche in una legislazione corretta che non permetta tutto questo.

In Europa, per evitare un inquinamento maggiore delle acque marine, è stata, recentemente, avanzata una proposta di legge che vieti l’uso di prodotti di plastica monouso a partire dal 2021 ed auspico che anche gli altri stati facciano altrettanto e che provvedano al risanamento della suddetta situazione.

OCEANI: L’ INTERVENTO DI DUE AZIENDE

Per fronteggiare il problema dei rifiuti plastici negli oceani, un’azienda olandese The ocean cleanup ha progettato la prima opera d’ingegneria navale al mondo per la pulizia degli oceani. Consiste nella costruzione di un tubo di gomma lungo 600 metri a cui è collegata una rete ed un galleggiante che immersi nelle acque oceaniche vanno a raccogliere ed a raggruppare tutti i residui plastici galleggianti, che vengono successivamente raccolti all’interno di sacchi e trasportati, con una nave che fa da supporto all’operazione, nelle apposite discariche per la plastica.

Dopo 5 anni di ricerca e di studio, è stato lanciato l’ 8 settembre 2018, il System 001 nella baia di San Francisco, un marchingegno che posizionato a 350 miglia nautiche dalla costa, va a raccogliere  le tonnellate di micro e macro plastiche presenti nelle acque oceaniche.

Chiunque voglia fare una donazione in favore della ricerca, salvando l’habitat marino, ed entrare a far parte della squadra aziendale può farlo qui adesso .

Anche un’importante casa d’abbigliamento americana, la North Sails, sostiene Ocean Family Foundation, un’ente di beneficenza registrato in Inghilterra e Galles con lo scopo di difendere gli oceani dall’inquinamento e dalle plastiche.

Inoltre la recente normativa europea prevede il divieto di usare prodotti di plastica monouso per non inquinare mari ed oceani ma oltre a ciò sarebbe anche molto utile dotare tutte le spiagge di apposite pattumiere, iniziando così a valorizzare il territorio, la natura, l’ecosistema marino ed educare i cittadini a rispettare l’ ambiente in cui vivono.

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Mafia: Raccontare il territorio per contrastare la subcultura della mafia

Mafia: Raccontare per contrastare la subcultura

Mafia: Raccontare il territorio per contrastare la subcultura

 

Mafia: Eroi italiani come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno sacrificato la propria vita per la lotta alla mafia e ci hanno insegnato che importante è non solo colpire i patrimoni dei mafiosi, come soldi, terreni, case, ma anche scalfire quell’atteggiamento di omertà di cui essi si nutrono.

Come? Con comunicazione, arte e cultura.

 

Mafia: Raccontare per contrastare la subcultura

La mostra “Cultura+Legalità=Libertà, l’arte contro le mafie”, allestita nel 2012 presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma su iniziativa dell’associazione Arte INdivisa in collaborazione con la Polizia di Stato, è stata una chiaro grido per dire no alla illegalità. Ha proposto un percorso alternativo per parlare della mafia e alla mafia seguendo l’insegnamento di Paolo Borsellino che diceva: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.

La mostra è stata ideata da Arte Indivisa, un’associazione nata dalla volontà di un gruppo di artisti appartenenti al Dipartimento della Pubblica Sicurezza con l’obiettivo di creare attraverso l’espressione artistica una mediazione tra impegno sociale e Istituzione Polizia di Stato.

Nel periodo di apertura dell’esposizione sono state ospitate studentesse e studenti romani che hanno ripercorso i vissuti dei protagonisti che hanno combattuto la mafia, in alcuni casi pagando questa scelta di libertà con la propria vita. Il progetto ha ottenuto il conferimento della medaglia “Premio di rappresentanza”, del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Gli scatti di Letizia Battaglia, una delle prime fotoreporter in Italia, che, con energia e coraggio, hanno ritratto luoghi e vittime degli omicidi di mafia a Palermo, rappresentano un altro tentativo di non normalizzare il male e la sua banalità ma di rappresentarne tutte le ombre e il dolore sommersi. Oltre 140 scatti della giornalista sono stati esposti nella primavera scorsa, tutti insieme per la prima volta, nello spazio ZAC dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo.

La mostra, intitolata “Anthologia”, è stata promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo in collaborazione con la Fondazione Sambuca per celebrare gli ottant’anni della reporter, che ha fotografato l’anima nera della sua terra iniziando come cronista del quotidiano L’Ora fino a raggiungere fama internazionale.

La cultura dell’impegno e della consapevolezza possono contrastare l’atteggiamento di omertà che contribuisce allo sviluppo della vita malavitosa. Questo è il messaggio di “Io Resisto– Mostra della resistenza e dell’impegno civile”, inaugurata il 3 dicembre di quest’anno in un bene confiscato alla camorra a Casal di Principe per raccontare il territorio e la resistenza in Campania.

La mostra, rappresentata da 250 lavori, è sostenuta dalla Fondazione Con il Sud in partnership con altre associazioni del territorio nell’ambito del programma “Identità in rete”, nato per promuovere le attività realizzate dalle organizzazioni del terzo settore e del volontariato nell’Italia Meridionale.

La mafia può dunque uccidere i corpi ma non i pensieri, può devastare i territori ma non l’arte di rappresentarli. Crede di controllare ogni cosa però non soffocherà mai e poi mai la libertà di dire NO all’illegalità e alla violenza.

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Il bene torna comune: il bando Storico Artistico e Culturale

Il bene torna comune: bando Storico Artistico Culturale

Il bene torna comune: il bando Storico Artistico e Culturale

 

Il bene torna comune: il bando Storico Artistico e Culturale. L’organizzazione no-profit Fondazione Con il Sud ha lanciato un bando Storico – Artistico e Culturale importante.

Il Bene torna comune per la valorizzazione degli immobili inutilizzati 

Si tratta della quarta edizione di un’iniziativa chiamata Il bene torna comune che mira alla valorizzazione e la riqualificazione degli immobili inutilizzati in Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sardegna.

Per questo progetto la Fondazione con il Sud ha stanziato 4 milioni di euro.

Gli immobili saranno destinati ad associazioni no-profit che si occuperanno della cura e della valorizzazione delle strutture per la collettività.

La storia della Fondazione Con il Sud

La Fondazione Con il Sud è un ente no-profit privato nato nel 2006 dall’unione tra le fondazioni di origine bancaria, del terzo settore e del volontariato per promuovere e favorire lo sviluppo del Sud.

La Fondazione Con il Sud sostiene con i suoi interventi l’educazione dei ragazzi alla legalità, il contrasto alla dispersione scolastica e la tutela e valorizzazione dei beni comuni. In 11 anni sono state sostenute migliaia di iniziative, coinvolgendo 6.000 organizzazioni diverse e oltre 280.000 cittadini, erogando complessivamente 176 milioni di euro di risorse private.

Come funziona il bando Il Bene torna comune? 

Il bando Il Bene torna comune si articola in due fasi:

  • Nella prima fase i proprietari (persone fisiche e giuridiche, enti pubblici e privati) dovranno esprimere il proprio interesse nell’aderire all’iniziativa alla Fondazione Con il Sud indicando quale bene immobiliare dovrà essere valorizzato e quale associazione si farà carico della gestione e della cura di questo. Il proprietario dovrà concedere l’immobile in affitto per almeno 10 anni. Per Il Bene torna comune potranno essere candidati beni di valenza storica ed artistica, adatti ad ospitare attività socio-culturali. Non saranno ammessi proprietà già utilizzate e già affidate ad associazioni. Saranno esclusi anche parchi, giardini, ruderi, cimiteri e altri beni non ritenuti in linea con le indicazioni del bando. Sono ammesse, invece, le chiese non più adibite al culto.
  • Nella seconda fase gli enti del Terzo settore saranno chiamati a presentare delle proprie proposte di valorizzazione relative ai beni selezionati. Tali proposte potranno essere presentate da partnership composte da tre soggetti di cui due di Terzo settore.

È possibile inviare candidatura del proprio bene al bando Il Bene torna comune presente sul sito web dell’associazione entro e non oltre il 30 marzo 2018.

Un’occasione molto interessante per tutti quei proprietari e quelle amministrazioni che hanno un immobile inutilizzato da anni e che non hanno la possibilità di rivalutarlo. I progetti, infatti, dovranno incentivare l’uso comune degli immobili e la restituzione alla cittadinanza degli stessi.

Nell’edizione precedente, sono stati proposti 221 immobili inutilizzati. Successivamente, sono stati selezionati 7 progetti di valorizzazione per altrettanti beni.

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LA LEUCEMIA: UNA MALATTIA RARA

LA LEUCEMIA: UNA MALATTIA RARA

LA LEUCEMIA: UNA MALATTIA RARA

LEUCEMIA: LA PATOLOGIA

La leucemia è un tipo di tumore caratterizzato dalla proliferazione neoplastica delle cellule staminali ematopoietiche con il conseguente aumento anomalo dei globuli bianchi detti blasti patologici, che si accumulano nel midollo osseo compromettendo la differenziazione e proliferazione della normale filiera emopoietica (ossia i leucociti vanno a bloccare la crescita delle altre cellule della filiera).

Nel midollo osseo si trovano i blasti sani che danno origine a tre filiere ematopoietiche: i mieloblasti, i linfoblasti ed i megacarioblasti.

La leucemia è una neoplasia che colpisce il sangue, il  midollo osseo ed il sistema linfatico ed a seconda della linea cellulare verso cui evolve il clone leucemico si avrà una leucemia di tipo linfoblastica o mieloide distinte a loro volta tra una fase acuta ed una fase cronica in base alla velocità di progressione della malattia: nel primo caso il numero delle cellule tumorali aumenta velocemente mentre nel secondo caso proliferano più lentamente.

La diagnosi viene fatta tramite approfondite analisi del sangue o tramite un esame citologico del midollo osseo.

Questa malattia ha una maggior diffusione nei Paesi sviluppati, da un punto di vista eziologico si ipotizza che può essere causata da: una predisposizione familiare, dall’esposizione all’aria inquinata, dal fumo attivo e dal fumo passivo, dall’herpes virale.

Tuttavia ogni anno si registrano 265.000 decessi per leucemia.

La leucemia colpisce anche i bambini (leucemia pediatrica) con un incidenza del 30% nella popolazione italiana.

LEUCEMIA: IL SOSTEGNO E L’AIUTO DELL’AIL

L’AIL (Associazione Italiana contro le leucemie-linfoma e mieloma) è una ONP (Organizzazione no profit) costituita a Roma nel 1969 con lo scopo di assistere i pazienti leucemici, sostenere la ricerca scientifica, promuovere la formazione e l’aggiornamento di medici, biologi e tecnici di laboratori.

L’Ail è presente in ogni regione italiana col compito di: finanziare la ricerca contro la leucemia, organizzare seminari dedicati alle principali malattie ematologiche, offrire cure domiciliari, dare alloggi per i malati e per le loro famiglie.

L’Ail organizza giornate di raccolta fondi durante il periodo natalizio e pasquale destinati alla ricerca.

Si può sostenere questa associazione con una donazione, o attraverso il 5×1000, o con lasciti, diventando donatore di sangue e/o di cellule staminali.

Il sostegno da parte di tutti è molto importante nella cura di questa patologia, per ottenere la sopravvivenza e la guarigione del malato.

Grazie alle recenti cure mediche come i trapianti di midollo osseo, di cellule staminali ed alle trasfusioni circa il 20% dei pazienti malati è riuscito ad ottenere una guarigione definitiva.

Chiunque volesse sostenere l’Ail, offrendo il proprio aiuto e supporto verso chi soffre di leucemia, può diventare volontario consultando il sito web o la pagina Facebook.

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CARENZA IDRICA IN ALCUNE AREE DEL MONDO

CARENZA IDRICA IN ALCUNE AREE DEL MONDO

CARENZA IDRICA IN ALCUNE AREE DEL MONDO

INSUFFICIENZA E CARENZA IDRICA : ECCO DOVE…

Ancora oggi nel 2018 si registrano situazioni di carenza idrica in molte zone del nostro pianeta.

Come sappiamo l’acqua è un bene primario e necessario per la sopravvivenza e le attività umane, il cui utilizzo è importante in ambito domestico, nell’irrigazione dei terreni e nell’abbeveraggio degli animali.

Le zone del mondo più colpite sono: alcune isole dell’Oceania (Micronesia, Polinesia e Melanesia), l’Asia meridionale (Myanmar, Cambogia, Afghanistan, Tagikistan e Yemen) dove soltanto, rispettivamente il 21% ed il 23% della popolazione hanno l’acqua corrente nelle proprie abitazioni, mentre il restante 65% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile, e l’Africa, che in realtà, sotto questa terra secca e brulla, conserva moltissime riserve idriche presenti lungo i bacini sedimentari, ma che non vengono sfruttate.  Infatti il problema principale di questa carenza idrica è la mancanza d’investimenti nelle infrastrutture in grado di fornire alle popolazioni questo bene naturale e principale.

CARENZA IDRICA UNA SOLUZIONE È  POSSIBILE ?

Questo fenomeno influenza lo stile di vita delle popolazioni locali con moltissime conseguenze negative come: danni all’agricoltura, all’allevamento, è causa di scarsa igiene e di malattie mortali per l’uomo.

Nei decenni futuri la situazione sarà destinata a peggiorare per il crescente fabbisogno della popolazione e per la crescente siccità delle suddette aree. Gli Stati con un’economia forte, non riescono ad intervenire per arginare il problema, ne consegue pertanto sia uno scarso sviluppo economico delle aree colpite e sia un alto tasso di mortalità in età infantile ed adulta.

Qualsiasi intervento è destinato al fallimento in quanto non ci sono i mezzi idonei per la costruzione di pozzi, dighe, cisterne, acquedotti e bacini di raccolta delle acque piovane. Le popolazioni di quei luoghi convivono con questo problema, devono fronteggiare situazioni di grande difficoltà e sopperiscono a questa mancanza sfruttando le risorse idriche presenti nella natura geografica di quel territorio come i laghi, i mari, i fiumi e gli oceani.

CHI SI STA ADOPERANDO?

Due associazioni di volontariato si sono impegnate in campagne di fundraising per la costruzione di pozzi nelle aree del mondo colpite dalla carenza idrica: Actionaid, una Onlus che lavora in Italia dal 1989 con programmi di sostegno a distanza ed Amref, un’Ong (organizzazione non governativa) senza fini di lucro fondata nel 1957.

L’attività di queste due associazioni si concentra sulla fornitura di kit igienici per evitare la diffusione di malattie e di taniche per lo stoccaggio dell’acqua, sull’installazione di impianti di filtraggio di presenze nocive nelle acque all’interno di pozzi e cisterne, sull’uso di disinfettanti per la depurazione delle acque, sulla costruzione di nuovi acquedotti, e sulla distribuzione gratuita di pasti per contrastare la malnutrizione, purtroppo molto diffusa in questi paesi.       

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CROCE ROSSA: VOLONTARIATO MONDIALE

CROCE ROSSA: VOLONTARIATO MONDIALE

LE ORIGINI DELLA CROCE ROSSA

Nato nel 1864, il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, rappresenta la più grande organizzazione di volontariato mondiale.

E’ costituito dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), fondato nel 1863 con sede a Ginevra che ha il compito di promuovere il diritto internazionale umanitario (DIU), e dalla Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRCS) fondata nel 1919, che ha la funzione d’incoraggiare e sostenere l’azione umanitaria dei 190 stati membri aderenti a questa associazione e di cooperare con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

COS’E’ OGGI LA CROCE ROSSA

Attualmente sono oltre 17 milioni i volontari della C. R. nel mondo che da 154 anni si dedicano quotidianamente a migliaia d’ iniziative, eventi ed a molteplici attività come il Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza Medica (118), l’assistenza a persone malate ed affette da disabilità, la cooperazione nella gestione dei flussi migratori, la collaborazione con la protezione civile in caso di calamità ed emergenze, inoltre promuovono giornate in favore della donazione del sangue e degli organi, offrono assistenza ai senzatetto, realizzano campagne d’ informazione sul primo soccorso e sulla sicurezza stradale.

I CARATTERI DISTINTIVI

L’emblema dell’associazione è appunto la croce rossa, ripresa dalla bandiera della Svizzera con l’inversione dei colori. Vengono impiegati anche altri due emblemi: la Mezzaluna Rossa utilizzata nei paesi islamici ed il Cristallo Rosso, usato dallo Stato d’Israele.

COME DIVENTARE MEMBRO

Diventare membro della Croce Rossa è un’esperienza unica, che può cambiare la vita e può avvenire in molteplici modi.

Nel mio caso, ad esempio, sono entrata a far parte di quest’associazione frequentando un corso di formazione e dopo aver superato un esame sono diventata Volontaria del Soccorso. Ho partecipato a varie attività  come tenere lezioni agli alunni della scuola elementare sul primo soccorso, oppure, in occasione della festività di Halloween, organizzavamo giochi ed intrattenimento per i bambini e la domenica eravamo presenti nelle piazze a vendere i bonsai (raccolta fondi a favore dell’ Anlaids).

I neofiti possono consultare il sito www.cri.it  ed iscriversi all’associazione dal portale gestionale www.gaia.cri.it : non è mai troppo tardi per aiutare il prossimo.

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Abuso sessuale: oltre il silenzio e il senso di colpa

Abuso sessuale: oltre il silenzio e il senso di colpa

Abuso sessuale: oltre il silenzio e il senso di colpa

Abuso Sessuale

Per rompere il silenzio sull’ abuso sessuale ci vuole coraggio, questo è certo.

Abuso Sessuale: Eppure il coraggio non basta, lo sa bene Nina, protagonista  di “Nome di Donna”, l’ultimo film di Marco Tullio Giordana significativamente distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dall’8 marzo.

Giovane madre bisognosa di lavoro, Nina accetta un impiego come domestica in un centro per anziani facoltosi in un incantevole paesino della Lombardia. Qui dovrà affrontare, oltre alle molestie sessuali del direttore della struttura, il silenzio delle colleghe a loro volta vittime, ricattate sessualmente in cambio di favori e confrontarsi con la difficoltà operativa dei sindacati in un quadro economico e di potere fortemente sfavorevole.

In prima linea nell’affrontare la tematica e nel promuovere il film è l’Associazione Nazionale D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza”, che raccoglie 80 Centri Antiviolenza su territorio nazionale con lo scopo di offrire un sostegno concreto alle donne vittime di abuso sessuale e violenze.

Come? Ad esempio promuovendo nelle sale cinematografiche la proiezione del film “Nome di donna”, accompagnandola di volta in volta con un dibattito che coinvolge regista, produttore e rappresentanti degli 80 centri locali impegnati nella diffusione della consapevolezza sulle realtà delle molestie sessuali sul luogo di lavoro.

Non solo, il 23 marzo D.i.Re  congiuntamente con i sindacati nazionali e Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa – onlus, Udi Nazionale, Pangea e Rete per la Parità, ha diffuso un comunicato volto a chiedere al Governo e al Parlamento di rendere immediatamente operativo il Piano Strategico per la lotta alle violenze maschili sulle donne, predisponendo e rendendo esigibili le risorse economiche per la sua attuazione. 

Abuso Sessuale

“Com’eri vestita?”

Se il silenzio attorno alle vicende di violenza sessuale può essere assordante, una domanda ancora troppo spesso rivolta alle vittime fa invece oltremodo rumore.

Chiedere “Com’eri vestita?” significa fare un’ulteriore violenza alla vittima, caricando sulle sue spalle, almeno in parte, la responsabilità dell’abuso subito, secondo quel vecchio stereotipo per cui assumendo un certo atteggiamento o indossando determinati abiti la vittima “se la vada in qualche modo a cercare”.

Questo è ciò su cui ci invita a riflettere Jen Brockman direttore Kuy’s Sexual Assault Prevention and Education Center e ideatore dell’esibizione “What were you wearing?” (Che cosa stavi indossando?), allestita presso l’Università del Kansas e a cui si ispira la mostra dallo stesso titolo, allestita a Milano fino al 21 marzo scorso grazie a Cerchi d’acqua di Milano, una delle 80 organizzazioni che fanno parte di D.i.Re.

Diciotto abiti, tra cui un paio di jeans, una maglietta gialla, un abitino rosso, una tuta e altrettanti brevi storie rilasciate dalle vittime di abuso sessuale. La vista di quegli abiti così comuni e mille volte indossati, le parole disarmanti al loro fianco rappresentano un pugno in faccia allo stereotipo, lo scagionamento effettivo della vittima da qualsiasi implicazione nella violenza subita.

      

Che si rompa allora il silenzio sull’ abuso sessuale con le parole giuste, al di là della vergogna, al di là del senso di colpa.

 

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GIOIELLI MORBIDI UN MODO PER SALVARE LE DONNE IN CAMBOGIA

GIOIELLI PER SALVARE DONNE IN CAMBOGIA

GIOIELLI MORBIDI UN MODO PER SALVARE LE DONNE IN CAMBOGIA

GIOIELLI MORBIDI

Qualche giorno fa sono stata contatta da Il Nodo Onlus perché la sua fondatrice Luciana e la volontaria Emanuela erano appena tornate dalla Cambogia e volevano darmi una bellissima notizia: dopo anni di studio e di intenti, sono riuscite ad aprire un nuovo corso nella loro scuola, la “Bottega dell’Arte” per le donne in Cambogia, in modo da allontanarle dalla strada e dalla povertà. In questo corso le ragazze impareranno non solo a cucire e ricamare ma verrà loro insegnato a creare una nuova linea di gioielli chiamata “Gioielli Morbidi”.

La scuola raccoglie ragazze anche piccole (15/16 anni) per “rubarle” all’indigenza e alla prostituzione.

Nascere donne in Cambogia è molto pericoloso, specie se sei bella e le cambogiane sono spesso bellissime.

Il Nodo ha la sua scuola di fronte al villaggio dei Trokun ed è da lì che provengono le ragazze che frequentano il corso. Il Governo sta promuovendo la registrazione delle nascite, ma un bambino su 4 sotto ai 5 anni ancora non ha il certificato di nascita. Negli strati più indigenti della popolazione quasi nessuna famiglia registra i propri figli all’anagrafe perché non è nella loro mentalità e perché ha un costo che molte famiglie non possono e non vogliono sostenere. Non registrare all’anagrafe i bambini che nascono significa non dare loro accesso ai più basilari diritti umani: identità, sanità, istruzione. Molti di questi bambini o meglio, per la maggior parte, le bambine, sono costrette a lavorare nei campi, a lavorare in città, presso karaoke, bar o centri massaggi per aiutare le loro famiglie non riuscendo così a frequentare una scuola. 

LA SITUAZIONE DELLE DONNE E DELLE BAMBINE IN CAMBOGIA

Ma parliamo un po’ di numeri relativamente a questa situazione.

Dopo la crisi globale del 2008 molti paesi in fase di sviluppo, come la Cambogia, hanno avuto gravi problemi economici, perdendo molti posti di lavoro. Le prime a finire per strada sono state le donne, molte delle quali per garantire cibo a sé e ai propri figli sono finite in bordelli, sala da karaoke bar o centri massaggi di dubbia reputazione. Sebbene sia difficile quantificare il fenomeno, si stima che nel sud-est asiatico ogni anno spariscano ben più di 2 milioni e mezzo di donne e bambini (manitese.it). 

LA BOTTEGA DELL’ARTE E’ UN AIUTO CONCRETO

L’associazione onlus “Il Nodo” ben conscia di ciò, insieme ai suoi volontari, si è messa all’opera. Designer, conosciute e affermate, hanno offerto il loro tempo al progetto La Bottega dell’Arte, creando una collezione di “Gioielli Morbidi”. L’associazione, grazie a delle donazioni, è riuscita ad acquistare macchine da cucire e strumenti per il lavoro. Paola Lenti ha generosamente donato il materiale, corde e tessuti dai colori smaglianti, riuscendo a formare una squadra tutta al femminile e dando vita al nuovo progetto “Designing Girls’ Future”.

Ora bisogna pensare al futuro di queste giovani donne in Cambogia, lavorare e produrre oggetti meravigliosi da vendere, per continuare una vita lontano dalla strada e dalla povertà.

La sede principale de Il Nodo Onlus è a Milano e necessità di molti volontari, qualcuno che aiuti a gestire i social, volontari che aiutino nella sistemazione del nuovo sito per permettere loro di crescere e vendere direttamente i prodotti creati in Cambogia, raccogliere donazioni e aiutare a dare dignità a queste giovani ragazze, sviluppando in loco una nuova economia.

Se potete donare un po’ del vostro tempo o del vostro sostegno scrivete a info@ilnodoonlus.it , sarete sicuramente ricontattati.

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Una parrucca per le donne malate

Una parrucca per le donne malate

Una parrucca per le donne malate

 

1 Una parrucca per le donne malate che si curano con la chemioterapia:

Cari lettori, vorrei scrivere di un iniziativa intrapresa dall’Istituto Oncologico Romagnolo che ha lanciato una raccolta fondi per donare una parrucca  per le donne malate in chemioterapia.

Il peso che ci si porta dentro: ammalarsi, seguire le terapia e poi a causa della chemioterapia perdere i capelli. Avere cura dell’aspetto estetico è un fattore chiave per le donne malate, ma anche per i loro familiari e in particolare i bambini, spiega la psiconcologa Elisa Ruggeri, che collabora con l’Istituto Oncologico Romagnolo: «Per una madre, impegnata quotidianamente nella cura dei figli, la malattia oncologica e gli aspetti conseguenti tendono a intrappolare il suo ruolo familiare, fino a quel momento centrale per tutta la famiglia. In particolare i soggetti più esposti sono i bambini. I figli si mostrano spesso estremamente partecipi a ciò che sta accadendo e reagiscono in maniera molto diretta agli avvenimenti legati alla malattia del genitore. I bambini possono avere una serie di paure circa la malattia della madre: paura di ciò che non conoscono, percependo dolore e tristezza intorno a loro».

Quindi, qual è esattamente il consiglio per affrontare questo timore? «In generale, un approccio aperto e sincero può rappresentare la soluzione migliore. Aiutare il proprio figlio quando si vive la malattia oncologica significa anche informarlo in modo adeguato e delicato, ma anche “impegnarsi” in prima linea a un miglior adattamento alla malattia e alle conseguenze che porta con sé. Per la donna stessa favorire l’integrazione del corpo cambiato all’interno di un’immagine positiva di sé, assume un’importanza fondamentale durante il percorso di cura: migliorare il proprio aspetto, oltre a rappresentare un’attività piacevole, ha in sé una forte valenza terapeutica».

2 Una parrucca di qualità per le donne malate:

Il Progetto Margherita dello Ior, che con la campagna «La mia mamma è bellissima» dona gratuitamente una parrucca di qualità alle donne malate, rappresenta un aiuto concreto e fondamentale.

E così  è possibile  ristabilizzare al meglio il proprio aspetto, favorendo sentimenti di accettazione che permettono di superare l’angoscia che il cambiamento radicale della propria immagine corporea produce; attraverso l’aiuto di esperti parrucchieri volontari, che sono stati formati specificamente per stare accanto a chi sta affrontando la malattia oncologica con la chemioterapia, mettendo in campo tutta la professionalità necessaria, aiutando moralmente e donando una parrucca per le donne malate.

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Figli di Abramo: Amici per la Pace

Figli di Abramo: Amici per la Pace

Figli di Abramo: Amici per la Pace, una condivisione possibile

 

Mentre USA e Israele escono dall’UNESCO, i Figli di Abramo – Amici per la Pace proseguono la loro azione per una pace globale con un dialogo importante tra persone di ogni religione.

Figli di Abramo – Amici per la Pace nasce come associazione di promozione sociale nel 2010, ma già dal 2006, sotto forma di libera aggregazione di amici era una realtà attiva nello scambio di opinioni, esperienze e nel confronto tra persone di religioni diverse.

Negli anni, il nucleo iniziale composto da ebrei, cattolici e musulmani si è aperto ad un più ampio dialogo sui temi dello spirito e della pacifica convivenza, trasformandosi in un luogo di incontro in cui trovano spazio e voce le istanze di chi crede e di chi si interroga sulla fede.

Figli di Abramo – Amici per la Pace è oggi un’associazione multireligiosa e multiculturale fortemente orientata al valore della persona, alla comprensione delle sue aspirazioni e delle sue necessità. Promuove quindi iniziative che possano favorire la reciproca conoscenza, da cui scaturiscono rispetto e attenzione vicendevoli, considerando il valore dell’amicizia come possibile bene comune. Opera spesso in sinergia in una rete di associazioni con cui condivide obiettivi e metodologie.

Conferenze, seminari, visite guidate a luoghi di interesse specifico fanno parte, insieme a proiezioni di film, delle attività di formazione svolte annualmente, inoltre è costante il sostegno ad associazioni che lavorano in Italia e all’estero nel campo dei diritti umani, attraverso l’organizzazione di concerti ed eventi. Ormai da qualche anno Figli di Abramo – Amici per la Pace collabora con la rivista Confronti nella realizzazione dei progetti Fiori di Pace e Semi di Pace.

Un’opportunità di dialogo fra le persone che nella loro vita appartengono a religioni diverse spostando in questo modo un discorso prettamente religioso in un’occasione di amicizia. Partendo dal presupposto che l’esperienza spirituale, cioè il credere in Dio, è fondamentale, l’Associazione nasce, quando dopo l’11 settembre si cominciava a parlare di guerre di religione. “E questa ci è sembrata un’affermazione contraddittoria perché chi crede in Dio non può impostare i rapporti con gli altri se non nella ricerca della pace in quanto riconosce che tutti quanti proveniamo da Dio”, dice Laura Onesti.

Nell’Associazione si approfondiscono tematiche anche di carattere religioso, è vero, ma la direzione è sempre quella di riportare il rapporto di ognuno con Dio. I membri non sono teologi o studiosi ma persone comuni spinte dal desiderio della condivisione cercando di evitare il pericolo di estremismi ed intolleranze che, oggi, sono in gran parte determinate dall’ignoranza delle Sacre Scritture.

Negli anni si sono anche aperti al buddismo e nello statuto si legge di questa apertura a tutte le forme di religiosità. Il che non porta ad un sincretismo religioso ma sempre all’approfondimento della propria esperienza religiosa.

Così i Figli di Abramo – Amici per la Pace danno voce e fiducia ad un mondo possibile, globale, dove ognuno sia una ricchezza per l’altro.

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MINNITI: IL CODICE PER LE ONG

MINNITI: IL CODICE PER LE ONG

MINNITI: IL CODICE PER LE ONG

 

MINNITI: IL CODICE PER LE ONG

Minniti: In questi ultimi mesi si è molto parlato delle Ong e del loro operato, ma su di loro c’è e c’è stata molta confusione in merito.

Le Ong sono state accusate di aiutare e incrementare il flusso migratorio e di aiutare scafisti che a discapito di qualsiasi sicurezza e umanità  trasportano migliaia di persone su barconi poco sicuri e in condizioni disumane.

Nel contempo l’Italia è da anni che sta cercando di regolare e gestire questo flusso migratorio che dall’Africa e dai Paesi Medio Orientali va verso l’Europa, approdando inevitabilmente sulle nostre coste.

Un po’ di storia:

Il 16 maggio 2017 il Sen. Nicola Latorre ha pubblicamente espresso, dopo un’indagine della Commissione Difesa del Senato, la necessità  di regole chiare per le Ong che prestano soccorsi nel Mediterraneo.

Sotto questo quadro il ministro dell’interno Minniti ha espresso l’esigenza di un codice di condotta che ha trovato il favore della Commissione Europea, la quale ha incaricato l’Italia della sua realizzazione.

Il 18 luglio 2017 l’Italia ha presentato il codice di condotta che è stato lievemente modificato su richiesta di alcune Ong, chiaramente non senza polemiche e confusioni.

Alla fine sono 13 i punti del Codice Minniti per la gestione dei salvataggi in mare dei migranti da parte delle Ong: 

  1. Non entrare in acque libiche, «salvo in situazioni di grave e imminente pericolo» e non ostacolare l’attività della guardia costiera libica;
  2. Non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione;
  3. Non agevolare con comunicazioni la partenza delle barche di migranti;
  4. Attestare l’doneità  tecnica per le attività  di soccorso, compresa la capacità  di conservazione di eventuali cadaveri;
  5. Informare sul proprio Stato di bandiera;
  6. Tenere aggiornato il competente Centro di coordinamento marittimo sull’andamento dei soccorsi;
  7. Non trasferire le persone soccorse su altre navi, «eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo»;
  8. Informare costantemente lo Stato di bandiera dell’attività  intrapresa dalla nave;
  9. Cooperare con il competente Centro di coordinamento marittimo eseguendo le sue istruzioni;
  10. Ricevere a bordo, su richiesta delle autorità  nazionali competenti, «eventualmente e per il tempo strettamente necessario», funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico;
  11. Dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità  dello Stato in cui l’Ong è registrata;
  12. Cooperazione leale con l’autorità  di pubblica sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti;
  13. Recuperare, «una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile», le imbarcazioni improvvisate e i motori fuoribordo usati dai trafficanti di uomini.

La mancata accettazione da parte delle Ong potrà comportare il divieto di sbarco dei migranti salvati nei porti italiani.

Con questi ultimi aggiornamenti molte Ong hanno firmato il Codice, ma non proprio tutte, come per esempio Medici senza Frontiere che non accetta di avere sulle proprie navi persone armate.

La grande confusione però non riguarda solo i punti del Codice, che pare non essere stato scritto per salvare e soccorrere (questo denunciano molte Ong), ma che il tutto si riduca ad un accordo che l’Italia ha fatto con la Libia per limitare che dalle coste libiche partano barconi di migranti.

Questo accordo pare abbia portato la Libia a espandere la zona Sar (zona di ricerca e salvataggio) oltre la propria linea di acque territoriali, occupando un’area di mare che fino ad oggi era considerata “acque internazionali”.

Senza avere ancora l’autorizzazione ufficiale, la Libia si è comportata da Stato sovrano in queste acque verso alcune Ong che hanno richiesto il soccorso dell’Italia, la quale non è intervenuta, nonostante fosse obbligata dai trattati internazionali.

A tutt’oggi la situazione è controversa e poco chiara.

Solo poche cose sono certe: che le persone in difficoltà  o in pericolo devono essere salvate e che questi salvataggi devono essere regolamentati.

Bisogna trovare inoltre alternative che permettano a queste popolazioni di vivere nella loro terra ma soprattutto informarle su cosa significhi abbandonare tutto e migrare in altri Paesi.

Diciamocela propria tutta, la maggior parte dei migranti non sono persone povere che scappano dalla guerra, ma giovani uomini e donne che sperano in un futuro migliore e che pagano a caro prezzo un viaggio che molte volte della speranza proprio non è.

E voi cosa ne pensate?

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ASILO DEI GRANDI: INSIEME STILI VITA SOSTENIBILI

ASILO DEI GRANDI: INSIEME STILI VITA SOSTENIBILI

ASILO DEI GRANDI: INSIEME STILI VITA SOSTENIBILI

 

ASILO DEI GRANDI

A Milano esiste un posto speciale dove trascorrere del tempo in compagnia, divertendosi e con qualcosa in più. Eh sì, perchè all’ Asilo dei Grandi si insegna a recuperare attività  manuali come fare un orlo o creare una collana, si riciclano e si aggiustano gli oggetti, perché è un vero spreco buttarli. Si insegnano e si realizzano sfiziose ricette di cucina vegetariana e cucina vegana per tutti, anche per chi è solo curioso di avere le basi per una cucina senza alimenti di origine animale. E persino corsi di gelato!

L’idea è nata nel 2015 dalle passioni di tre socie: Elisa, Laura e Patrizia, che si sono inventate  l’ Asilo dei Grandi che è prima di tutto un luogo di socializzazione, un punto di incontro dove si coinvolgono persone di ogni età , per provare che non si è mai troppo grandi per imparare qualcosa di nuovo. I corsi sono rivolti principalmente agli adulti con qualche eccezione, come i laboratori di cucito e cucina per bambini.

Corsi di cucitocorsi di magliacorsi di patchwork per chi ama creare con ago e filo, corsi di acquarello, corsi di informatica e corsi di chitarra per chi ama esprimere la propria creatività  in modo artistico.

C’è spazio anche per la bellezza e la cura di sè con i corsi di make up che insegnano a valorizzarsi ed essere belle in ogni occasione e i laboratori di erboristeria, per imparare a usare i rimedi naturali e a produrre creme, bagnoschiuma e cosmetici di qualità in casa.

E poi incontri con gli specialisti per interagire e comprendere meglio il proprio cane e gatto o con l’architetto per i consigli su come ristrutturare casa.

All’Asilo dei Grandi puoi imparare le lingue guardando un film in inglese, seguire lezioni di giapponese o fare letture di gruppo in compagnia di altri appassionati di libri.

Non solo, l’ Asilo dei Grandi da settembre 2016 collabora con Cuore di Maglia , un’associazione che si occupa di produrre indumenti per i neonati prematuri da donare agli ospedali di tutta Italia. Il gruppo dell’Asilo dei grandi è particolarmente attivo e coinvolge tantissime volontarie che si ritrovano il martedì per sferruzzare insieme copertine, sacchi nanna, babbucce, cappellini e tanto altro.

In una grande città  dove le relazioni sono sempre più difficili, dove la fretta e il consumismo prevalgono, puoi trovare qualcuno che ha voglia di fare e stare assieme, condividendo saperi e passioni. E per i soci lo spazio è a disposizione anche per incontri, feste o attività  private.

Corsi creativi con il comune denominatore della sostenibilità , volontariato e divertimento: tutto questo è l’ Asilo dei Grandi.

Per avere maggiori informazioni potete andare sul sito www.asilodeigrandi.it oppure potete scrivere alla seguente email: info@asilodeigrandi.it , a breve sarà  possibile scoprire cosa vi proporrà  l’associazione a partire da Settembre!

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Instagram: potenziare brand organizzazione no profit

Instagram: potenziare brand organizzazione no profit

Instagram: potenziare brand organizzazione no profit

 

Instagram: potenziare brand organizzazione no profit

Instagram per la sua popolarità può essere un utile canale di social network per accrescere la portata sociale di una organizzazione non profit.

Il suo vantaggio è quello di catturare, con foto o video, momenti in tempo reale trasmettendo emozioni e sensazioni reali rispetto ad altri tipi di contenuti che rimarrebbero anonimi.

Quando si vuole promuovere una campagna no profit, è necessario sfruttare ogni strumento che Instagram mette a disposizione. Vediamone alcuni:

Copygram: permette di stampare le foto che vengono condivise per poter poi essere successivamente distribuite in formato cartaceo ad esempio in occasione di eventi della organizzazione non profit.

Programmi di editing: consentono di correggere eventuali imperfezioni e rendere le immagini più appealing. E’ importante che foto e video siano di ottima qualità e che vengano postate una o al massimo due volte al giorno, possibilmente nello stesso orario.

Regram: permette di condividere su Instagram i vari contenuti che vengono postati negli altri social network con il vantaggio di dare risalto ai contributi che hanno ottenuto più successo negli altri canali risparmiando tempo.

Se si vuole creare la propria cover di presentazione su Facebook con una delle foto scattate dal profilo Instagram, c’è Instacover che consente di collegare i due social networks in modo semplice e di creare velocemente l’immagine di presentazione.

Tramite InstaBG è possibile integrare Twitter ed Instagram in modo da avere come sfondo della propria pagina Twitter le varie immagini del profilo Instagram.

Poi c’è  Instalbums che permette di creare degli albums da Instagram utilizzando le ultime foto postate e poi creare dei links da poter condividere con i vari followers.

È vero che una foto vale più di mille parole, ma  utilizzare la didascalia, come fa Medici Senza Frontiere, permette di accrescere l’effetto dell’immagine raccontando una storia che un follower non avrebbe mai potuto apprendere guardando solo la foto.

Anche se non si possono inserire link attivi nella didascalia, ciò non significa che si debba rinunciare a chiedere alle persone di agire. Save the Children, Progetto Arca e tante altre organizzazioni no profit includono sempre nei loro post un richiamo alla call to action. 

Instagram Stories: questo strumento, ispirato a Snapchat, ha rappresentato un grande cambiamento.

Il meccanismo è semplice: è possibile rendere i video o le foto disponibili sui canali ufficiali per una durata di 24 ore. Poiché i post sono destinati a scomparire non sono commentabili dagli utenti ne soggetti a like.

Infine c’è la possibilità della Diretta Live, strumento che sicuramente può  accresce l’impatto sul proprio target.

Una volta Istagram era il social network delle immagini quadrate sul quale non si potevano pubblicare troppe foto né tantomeno tutte insieme. Tale limite comportava che quell’una o due immagini che si postavano al giorno, modificate con vari filtri dal tono retrò, esprimevano “il meglio” dell’Associazione.

La possibilità ora di inserire modifiche su una maggiore e variegata quantità di contenuti (dirette, video, messaggi) rappresenta da una parte una evoluzione, dall’altra però anche una perdita di quella essenza per cui Instagram era nato ossia quella di essere un social network focalizzato sul bello ed esclusivo.

Per questo raccomandiamo di non abbassare mai la qualità dei contenuti da postare certi che, con Instagram, non sbaglierai mai se mostrerai il lavoro che la tua organizzazione no profit compie ogni giorno per raggiungere lo scopo sociale per cui è nata.

PHI Foundation è un’associazione che si occupa di sostenere ed aiutare tutti gli operatori che si muovono nell’ambito del Terzo Settore, attraverso l’informazione e la promozione di raccolte fondi.

Se vuoi aiutarci in questo compito, sostienici attraverso un contributo cliccando su questo link.

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Payroll giving per Donare

Payroll giving per Donare

payroll giving per donare

 

Il payroll giving è uno strumento di raccolta fondi ancora poco utilizzato ma con grosse potenzialità. Si tratta della donazione tramite la busta paga: qualsiasi lavoratore dipendente, di aziende pubbliche o private, può scegliere di donare un’ora o più ad una organizzazione non profit.

Un metodo moderno, una forma di sostegno continuativo che assicura alle associazioni la possibilità di programmare il sostegno di progetti a lungo termine, mentre il donatore può beneficiare della detrazione fiscale sull’importo annuo oppure della deducibilità attraverso la dichiarazione dei redditi.

ActionAid, Enpa, Fondazione Mission Bambini,  sono alcune delle organizzazioni che hanno scelto di raccogliere fondi con il payroll giving  aderendo a “Unora onlus”(http://www.unora.org/), primo comitato in Italia ad occuparsi di questo sistema innovativo.

Vantaggi del payroll giving  per tutti: per il lavoratore che ha la possibilità di donare attraverso un sistema sicuro, di modesto importo ma detraibile ai fini fiscali; per le aziende che possono godere di un buon ritorno di immagine; per le onp, le quali hanno modo di incrementare i nominativi nel database di sostenitori e creare partnership con le aziende.

Sono previste varie modalità per la scelta di utilizzo della donazione: è possibile specificare uno o più progetti sociali a cui destinare l’ora (o più ore) donate, oppure, indicare che la quota venga distribuita in parti uguali tra le associazioni.

Al payroll giving vi ha aderito anche l’Agenzia delle Entrate: i dipendenti possono collegarsi direttamente dal sito dell’azienda, tuttavia, dai dati del 2015, risulta che le donazioni più consistenti provengono dalle piccole aziende.

Per completare lo strumento è possibile aggiungere un altro meccanismo attivabile su opzione dall’azienda interessata. Si chiama Match giving e prevede l’integrazione economica da parte della stessa per un importo pari a quello donato dai dipendenti.

Due metodi di raccolta fondi attraverso microdonazioni di cui si conosce pochissimo e di conseguenza se ne parla ancor meno. Potrebbe essere uno spunto per avviare una campagna di sensibilizzazione rivolta agli italiani e alle aziende, tenendo presente che il 60% delle persone che utilizzano questo metodo di sostegno sono donne.

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Femminicidio: l’altra faccia del caso

Femminicidio: l’altra faccia del caso

Bambini orfani di femminicidio senza diritti

Dal 2000 al 2013 sono stati millecinquecento i bambini orfani di femminicidio, dato stimato dal Dipartimento di psicologia dell’Università di Napoli rilevato durante il progetto europeo Switch-off.

Negli ultimi dieci anni sono 1.628, di cui 417 nel corso degli ultimi 3 anni. 52 sono stati testimoni dell’omicidio della madre da parte del padre, ben 18 figli sono stati uccisi insieme con la madre.
Anna Costanzo Baldry nel corso del progetto Switch-off ha intervistato 143 bambini orfani di femminicidio. Dati e numeri spaventosi, che rende il fenomeno del femminicidio ancora più macabro di quanto già non sia naturalmente. Un aspetto spesso sconosciuto e sottovalutato dai media quello dei figli delle donne uccise, che restano orfani di una madre uccisa dall’uomo che avrebbe dovuto proteggere entrambi dal grigiore e dalla violenza del mondo.
Approfondiamo insieme il progetto Switch-off.

Switch-off

Il gruppo di professionisti che ha elaborato i dati comprende otto persone, tra le quali la coordinatrice Anna Costanza Baldry, ed è sostenuto dalla Associazione nazionale donne in Rete Dire che vede 65 centri antiviolenza in tutta Italia. I dati raccolti dagli esperti in merito agli orfani di femminicidio verranno presentati alla Camera durante i prossimi giorni e andranno a contribuire alla creazione di una serie di Linee guida d’intervento che verranno messe a disposizione dei soggetti sociali preposti al trattamento di questo tipo di problematiche.

Servizi sociali, magistrati, insegnanti, associazioni non profit, forze dell’ordine, tutti avranno a disposizione queste linne guida che daranno dei termini comuni per intervenire in caso di orfani di femminicidio, mettendo in atto un protocollo condiviso. Il tutto nell’ottica di comprendere che queste piccole grandi vittime necessitano di attenzione e cure particolari, tutti diritti che spesso le istituzioni negano.

Ad oggi nemmeno il 15% delle vittime inconsapevoli è stato monitorato e seguito attraverso un percorso di psicoterapia. Per quanto concerne, incvece, il sostegno da parte dei servizi sociali, obbligatori in questi casi, molto raramente si protrae nel tempo oltre l’affidamento del minore. I dati dello studio rilevano che questi orfani di femminicidio vengono dimenticati e abbandonati a se stessi e nel migliore dei casi sono i nonni ad occuparsi del difficile periodo di osservazione di un anno dopo il fatto criminoso; il periodo di tempo decisivo secondo quanto stabilito dai manuali di psicologia per evitare che i soggetti decidano di suicidarsi o che diventino esso stessi violenti.

Bambini affidati ai nonni oppure ancora alla famiglia del padre omicida, perché dicono sia giusto non recidere i legami con quella parte di parentela. Nonni comunque devastati dalla perdita di una figlia oppure dal dover riconoscere un mostro nel proprio figlio. Persone anziane, che spesso non sono in grado di elaborare il lutto per sé stessi, figuriamoci per l’orfano di femminicidio.

Orfani di femminicidio

Orfani inconsapevoli

Le vittime di femminicidio inconsapevoli spesso chiedono che fine abbia fatto il padre. Chi non ha assistito all’omicidio, chi non sa cosa sia successo, chiede del padre. Perché il papà non si può cancellare. Spesso si tagliano i rapporti, perché troppo difficili da gestire da parte degli affidatari.

Altre volte le famiglie affidatarie fanno decidere ai figli, una volta maggiorenni, come procedere e quale tipo di rapporto instaurare col padre omicida. Un’infanzia costruita sulle mancanze di affetti, sulle supposizioni, sulle indecisioni.

Le ferite che restano, più che psicopatologiche sono ferite di vergogna. Molti di loro si sentono diversi dagli altri e spesso non possono trovare conforto in chi ha vissuto il lutto prima di loro, le nuove persone di riferimento. Spesso i figli maschi vivono poi un senso di colpa per non essere riusciti a proteggere e salvare la loro mamma. Ed è pressoché impossibile far capire che un bambino di 6 anni non può fermare la mano del padre omicida.
Vittime e orfani di femminicidio, orfani due volte: orfani di madre; orfani di padre.

Orfani di femminicidio

Cosa può fare il non profit

E’ necessario, a mio avviso, investire in maniera mirata per sostenere le “seconde” vittime del femminicidio, spettatori casuali di ménage familiari non convenzionali.

Perché, come sostiene la dottoressa Baldry: “Non vorrei sembrare troppo dura, ma viene da pensare che questi ragazzi siano orfani tre volte, perché pure lo Stato li ha abbandonati nel momento in cui ha ignorato le denunce di violenza presentate dalle vittime”.

Le istituzioni, le organizzazioni non profit, i servizi sociali possono essere di aiuto in questo delicato momento della vita di queste vittime. Il mondo associativo deve adottare le linee guida che verranno emesse e attuare un protocollo comune e condiviso che possa essere realmente di aiuto a questi orfani, le vittime del femminicidio che restano vive ma muoiono dentro se non seguite adeguatamente. Perché il terzo settore è nato per intervenire laddove le Istituzioni non riescono ad agire.

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Violenza sulle donne e femminicidio

Violenza sulle donne e femminicidio

Violenza sulle donne e femminicidio:
la prevenzione passa anche dalle Associazioni.

Violenza sulle donne e femminicidio: A pochi giorni dall’assassinio di Sara Di Pietrantonio a Roma, ci si interroga su come potenziare la legge anti-violenza sulle donne e su quale sia il valore aggiunto delle associazioni nella prevenzione.

Violenza: Da qualche giorno un drappo rosso sventola dalla finestra dell’ufficio della presidente della Camera. Anche Laura Boldrini, infatti, ha aderito all’iniziativa spontanea, diffusa tramite il web e WhatsApp, per non dimenticare l’ennesimo efferato femminicidio commesso ai danni di Sara, 22 anni, brutalmente uccisa lo scorso 29 maggio per mano dell’ex fidanzato.

Sebbene i dati ci mostrino una lieve diminuzione dei casi dal tragico 2013, anno in cui sono stati registrati 179 episodi di femminicidio, la percezione comune è invece molto diversa. L’ultimo caso, quello di Sara, rileva quanto la violenza sulle donne non sia un fatto legato ai soli numeri.

Violenza: Ogni donna uccisa per mano di un fidanzato, marito o ex che non si è rassegnato alla rottura, ci ricorda quanto questo sia ormai un problema che riguarda tutte e tutti.

Non solo perché Sara potrei essere io o mia figlia o la mia amica, ma soprattutto perché è sintomo di un disallineamento tra l’uguaglianza tra i sessi teorizzata dalla società e l’assoggettamento vissuto da molte donne nella propria sfera personale, che diventano oggetto di possesso dei loro uomini senza rendersene conto.

Sul tema ci si interroga da tempo. Ad oggi, le pene per reati legati alla fattispecie sono state inasprite ed è stato introdotto il reato di stalking. Ma molto c’è ancora da fare sul piano della parità tra i generi. Solo lo scorso 11 maggio la Presidenza del Consiglio ha affidato la delega per le Pari Opportunità alla Ministra Boschi. Il Ministero senza portafoglio, creato 20 anni fa, era rimasto vacante dal 2013.

È una buona notizia! Il Governo Italiano ha finalmente accolto le richieste di maggiore attenzione al tema della parità di genere, provenienti dalla società civile e dal mondo delle associazioni che operano a favore delle donne.

Zapatos Rojos: installazione di Elina Chauvet, esposta anche in Italia dal 2013 (Milano, Genova, Lecce e Torino), per dire basta alla violenza sulle donne.

Zapatos Rojos: installazione di Elina Chauvet, esposta anche in Italia dal 2013 (Milano, Genova, Lecce e Torino), per dire basta alla violenza sulle donne.

 

Violenza sulle donne e femminicidio

Come ribadito ad esempio da ActionAid, che in occasione della Festa delle Donne dello scorso 8 marzo, ha lanciato la campagna #DonneCheContano per ricordare all’esecutivo quanto sia necessario una figura istituzionale per promuovere le prevenzione a tutte le forme di discriminazione e per combattere la violenza di genere. La petizione continua fino al raggiungimento dell’obiettivo, vale a dire l’apertura di un Ministero delle Pari Opportunità e non solo l’affidamento della delega ad una Ministra già impegnata in altri settori.

Ma da dove partire per creare una cultura dell’uguaglianza tra i generi? Accanto alle attività di assistenza psicologica, legale e abitativa svolta dai Centri Anti-Violenza sparsi sul territorio nazionale (159 centri in tutta Italia, secondo i dati da La Casa delle donne di Bologna), è fondamentale investire risorse economiche nella prevenzione. Particolare attenzione deve essere riconosciuta alle scuole, luogo in cui si attua la socializzazione secondaria e in cui si impara a relazionarsi tra pari. Numerosi sono i progetti rivolti alle scuole per sensibilizzare studenti e docenti al rispetto tra i generi, proposti e realizzati da associazioni locali nelle varie regioni.

La legislazione scolastica (così come “La Buona Scuola”), prevede che le associazioni possano realizzare corsi di formazione al fine di promuovere la prevenzione a tutte le forme di discriminazione, riconoscendo di fatto alla scuola un ruolo di formazione delle coscienze degli studenti.

Resta ancora da capire come e in che modo queste attività verranno svolte. E se sarà ancora compito delle associazioni e, quindi del terzo settore, promuovere l’educazione alle diversità all’interno delle scuole.

L’auspicio è che non si creino disomogeneità nell’offerta formativa tra i centri urbani e le periferie, dove le associazioni no profit che si occupano di contrasto e prevenzione alla violenza di genere sono meno presenti.

Forse, sarebbe più lungimirante coinvolgere il terzo settore nell’elaborazione di un percorso formativo che educhi alla “uguaglianza delle differenze“, rendendolo obbligatorio in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Perché tutte e tutti possano avere l’occasione di crescere e diventare cittadini migliori!

 

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Associazione Mercurio, per fare la differenza

Associazione Mercurio, per fare la differenza

La nascita dell’Associazione

Associazione Mercurio (www.associazione-mercurio.org) nasce qualche anno fa, a Milano, dalla volontà di un gruppo di persone diverse animate da un progetto comune, quello di unire l’arte alla scienza.

È così che Matilde, Stella e Caroline si mettono assieme e, coinvolgendo amici con background differenti portano in Italia “Pinksie the Whale Celebrating Difference” e avviano il progetto “Da Grande Anch’io” per divulgare il sapere scientifico legandolo alle diverse manifestazioni dell’ingegno umano, come l’arte, lo sport, la musica, la pittura, il teatro ecc.

La voglia è quella di fare propulsione e l’iniziativa è vincente.

A questo punto si stabilisce che i progetti devono diventare qualcosa di più strutturato e viene fondata nel 2014 l’Associazione Mercurio, dove oltre a Matilde, Stella e Caroline operano attivamente Francesca, Orietta, Massimo, Franca, Carlo, Paolo, Giovanni e sempre più persone si uniscono.

Vengono coinvolti, artisti, designer, creativi, scienziati, professori universitari, docenti, liberi professionisti tutti con un unico scopo creare reti per portare eccellenza e far conoscere e sviluppare i talenti dei ragazzi.

La Filosofia dell’Associazione Mercurio

La filosofia di Associazione Mercurio è quella di fare la differenza, la differenza per un bambino o un ragazzo.

Questi ragazzi devono essere gli artefici del loro futuro e noi dobbiamo aiutarli a scoprire i loro talenti, le loro abilità, realizzandosi in tutte le proprie sfaccettature.

Un partner di eccellenza come l’università Bicocca di Milano collabora con l’Associazione per motivare e orientare i ragazzi nel loro percorso di studi.

Alle elementari si lavora maggiormente con un tipo di approccio Artistico – Creativo. Alle medie si presentano le eccellenze del mondo della scienza e della medicina.

Ai licei o in generale alle scuole superiori si cerca di fare la differenza con “Make the Difference”, presentando agli studenti una rosa di professioni.

La maggior parte di questi progetti, con l’aiuto dei volontari, vengono realizzati in contesti periferici per offrire anche a ragazzi meno fortunati la possibilità di entrare in contatto con altre realtà del mondo, dando loro una possibilità di conoscenza e di sbocchi professionali.

Attraverso laboratori didattici, spettacoli e uno scambio di dialoghi e ascolto si cerca di creare un percorso formativo con i ragazzi per farli crescere e dare loro un’opportunità anche solo di conoscenza di mondi diversi e di comprensione delle loro attitudini e capacità. 

L’Associazione Mercurio

L’Associazione Mercurio ha un sito bello e funzionale, www.associazione-mercurio.org e potete consultarlo per venire a conoscenza sia della loro realtà sia dei loro fantastici progetti come Da Grande Anch’io, Pinksie, Make the Difference.

In particolare in questo periodo l’Associazione Mercurio invita a partecipare per il 1 Aprile allo spettacolo “Lo Spartito di Walt” rivolto a tutte le età all’Auditorium La Verdi di Milano.

Sarà un grande evento dove si alterneranno musiche riadattate dalla New Pop Orchestra sotto la direzione del maestro Alfredo Conti e il pubblico verrà intrattenuto da divertentissimi sketch degli storici doppiatori  Nunziante Valoroso e Alessandro Quarta.

L’evento sarà arricchito da una bellissima lotteria caratterizzata da cimeli Disney degli anni ’30 e il ricavato andrà a sostegno anche di Associazione Mercurio.

Per avere maggiori informazioni sull’evento ma anche sull’Associazione Mercurio potete scrivere a info@associazione-mercurio.org

 

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