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PHI Foundation 4OCEAN: SALVIAMO GLI OCEANI

4OCEAN: SALVIAMO GLI OCEANI

4OCEAN: SALVIAMO GLI OCEANI

LO STATO DI SALUTE DEGLI OCEANI OGGI

4ocean: Gli oceani sono importanti ecosistemi dove convivono molte specie animali e vegetali ed occupano il 71% della superficie terrestre. Essi rappresentano un’importante risorsa in quanto forniscono beni di prima necessità all’uomo come cibo, attraverso la pesca, e materie prime, provenienti dai fondali ricchi di minerali e combustibili. In futuro si pensa che si possa sfruttare anche l’energia oceanica come una fonte rinnovabile.

In occasione della giornata mondiale dell’oceano sono stati prelevati dei campioni di acqua in 200 luoghi diversi dagli Stati Uniti d’America all’Australia per controllare lo stato di salute degli oceani ed il risultato è stato disastroso in quanto le acque oceaniche sono perennemente inquinate da residui chimici e dalla macro e microplastica. Le cause di questa forma d’inquinamento ambientale sono molte: prima tra tutte l’attività umana in quanto manca un programma educativo che rispetti l’ambiente.

Infatti l’ uomo utilizza l’oceano come se fosse un cassonetto della spazzatura dove gettare plastica e rifiuti di ogni tipo, a cui vanno aggiunti i vari esperimenti nucleari che contribuiscono a danneggiare questo unico e preziosissimo ecosistema.

Secondo problema è che si produce troppa plastica e da ricerche effettuate dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite si è scoperto che finiscono negli oceani 8.000.000 di tonnellate di materiale plastico www.unenvironment.org.

Le zone critiche maggiormente colpite sono: l’area nord dell’Oceano Pacifico, che si estende dalla California alle Hawaii, definita come l’Isola di Plastica del Pacifico, dove un eccessivo accumulo di 79.000 tonnellate di rifiuti galleggianti di materia plastica trasportato dalle correnti oceaniche è stanziato in un’ area impenetrabile di 1.000.000,600 km²; l’area sud del Pacifico tra America meridionale e Nuova Zelanda dove sono presenti enormi zone di accumulo di spazzatura plastica e l’area sud dell’Oceano Indiano tra l’Australia ed il Madagascar, dove ci sono smisurati ammassi di plastica che stanno a galla sulle acque oceaniche.

Alcuni Stati come gli USA o il Giappone, economicamente molto solidi, potrebbero porre un rimedio per sanare la situazione impedendo tutto ciò con leggi più severe che impediscano d’inquinare le acque oceaniche e di praticare una pesca eccessiva.

Auspico che vengano trovati rimedi utili a frenare questa situazione di degrado ambientale che si sta diffondendo nel mondo.

IL RUOLO DI 4OCEAN

4Ocean nasce esattamente un anno fa nel 2017, per volere di due giovani ragazzi americani Alex Schulze e Andrew Cooper con la passione per il surf e per l’oceano, che dopo un viaggio in Indonesia e aver visto che i pescatori navigavano tra i residui plastici, restarono particolarmente toccati e risentiti per l’inoperosità generale. Cosi, i due decisero di fondare un movimento globale per rimuovere la spazzatura dall’oceano e dalle coste. Attualmente il team è composto da 31 volontari, quattro imbarcazioni e da tre sedi in Florida ed una a Bali. I volontari di 4Ocean hanno pulito finora le coste di 27 Stati del mondo dall’ America all’Europa, all’Asia togliendo 3.000 kg di spazzatura al giorno dai litorali.

Il 13 ottobre è prevista, secondo il calendario delle attività di 4ocean, la pulizia della costa Corpus Christi in Texas.

Chiunque voglia dare il proprio contributo per pulire gli oceani e quindi vivere in un ambiente sano può farlo visitando la pagina internet www.4ocean.com.

 

www.phifoundation.com

 

 

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Redazione

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Il mito in America del Cowboy bianco vince sulla lotta per i diritti del mondo no profit

In un paese come l’ America, dove le donne hanno impiegato un secolo per conquistare quei privilegi e diritti di cui da sempre godevano i maschi bianchi, l’elezione di Donald J. Trump rappresenta davvero una sconfitta.

Il presidente neo-eletto degli Stati Uniti ha palesato in campagna elettorale una visione misogina del mondo. Per questo associazioni no profit che si battono per l’empowerment femminile come il Global Fund for Women esprimono il timore che il nuovo Presidente riporti indietro i progressi ottenuti nel campo della parità di genere.

Ma a venir minacciati non sono solo i diritti delle donne, anche quelli dei migranti, dei rifugiati e dei musulmani che vivono negli Stati Uniti.

Con l’elezione di Donald J. Trump le divisioni aumenterebbero, con gravi rischi per tutti.

Ma il pericolo più grande per l’ America è che frange estremiste legate ai movimenti di supremazia razziale possano sentirsi autorizzate a colpire le minoranze che vivono nel paese.

Linda Sarsour, attivista di origine palestinese ed Executive Director dell’Arab American Association esprime estrema preoccupazione per le politiche future nei confronti dei migranti musulmani e dei figli dei migranti. Il giorno dopo le elezioni i suoi figli non sono voluti andare a scuola per paura di possibili aggressioni.

Durante la corsa alla Casa Bianca, uno degli slogan di Donald J. Trump è stata la proposta di chiudere gli ingressi di musulmani negli Usa per ostacolare il rafforzamento dell’Isis. Ora le comunità arabe sono confuse e temono schedature di massa. La paura e la richiesta di sicurezza, saranno temi centrali nei dibattiti dei mesi a venire.

Preoccupate sono anche le Organizzazioni no profit che tutelano i diritti delle comunità messicane. Come Border Angels (Ángeles de la Frontera), che offre assistenza legale ai Messicani che attualmente vivono negli Stati Uniti e allestisce dei centri di soccorso lungo il confine tra California e Messico per ridurre la mortalità lungo le rotte migratorie tra i due paesi.

Una buona fetta del mondo americano del no profit teme di essere lasciato fuori dal programma politico del neo presidente e di dover dunque venire in soccorso da solo ai bisogni delle persone più svantaggiate nei campi dell’istruzione, della salute, della cultura e dei diritti. Si chiede altresì se dovrà fronteggiare una diminuzione della raccolta fondi di fine anno perché quando le persone si sentono insicure e sfiduciate nel futuro, sono meno disposte ad aiutare gli altri.

A questo punto non ci rimane che sperare che gli slogan politici di Donald J. Trump in fase pre-elettorale nei confronti delle donne e delle minoranze etniche non vengano portate negli uffici della Presidenza. E che la retorica venga messa da parte per lasciare il posto ad azioni concrete di promozione della dignità delle donne, delle minoranze etniche e degli obiettivi sociali perseguiti da tutte le associazioni no profit. Non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo.

Una domanda però rimane aperta: l’ America tornerà ad essere grande come ha promesso Donald J. Trump? O, al contrario, rischia di diventare più piccola?

 

Vanessa Doddi

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