SOGNANDO UN MONDO MIGLIORE
12 ottobre 2016 – Sebastiano De Falco, pensando al PHI City Program e sviluppo della Social Innovation Community.
L’appiattimento delle ideologie, delle visioni critiche sul mondo, ma ancor più profondamente della centralità dell’uomo nell’interpretare o modificare la realtà, ossia si potrebbe proprio dire della mancanza di un umanesimo, invece che portare idee più libere, pacificanti, oggettive, in seno all’occidente contemporaneo, ha voluto dire, per una serie di ragioni storico-filosofiche, alcuni direbbero paradossalmente “ideologiche”, appiattimento e livellamento anche delle idee, sfiducia relativistica nel confronto che queste produce e articola, ma non nel relativismo che queste atomizza e allontana, non meno cristallizzazione in anacronistiche visioni, non più supportabili da una concreta prassi nel contesto attuale anche politico, oppure nuove forme di barbarie senza ideologie né idee, e di conseguenza, per reazione, sfiducia in ciò che è umano, opinabile, dialettico, storico alla fin fine, e fiducia, alcuni direbbero quasi “feticistica” o addirittura “teologica”, in ciò che è unificante, ossia tecnico, numerico, economico, burocratico.
Questa fiducia, privata dell’ampio respiro ideale della critica filosofica, della prospettiva relativizzante della storia e dell’esperienza artistica nella sua connotazione inattuale, ossia dell’umanità intesa come fulcro creativo, però non è esente dal creare contraddizioni reali, etiche, storiche e politiche, ossia da vivere anch’essa in un rimosso inconfessabile, in un terrore silente ma onnipresente, ossia che questa forma contemporanea di razionalismo sia produttrice suo malgrado di irrazionalismo, che l’efficienza si dimostri infine inefficiente, il progressismo regresso, lo sviluppo involuzione, l’ordine caos, l’unione disunione, tutte contraddizioni taciute, inaccettabili, sempre inattese, a volte insanabili, che minano questa stessa fede razionale nel mondo contemporaneo e nei suoi valori.
Inoltre se anche la razionalità tecnica o burocratica, caricata di quella fervida fiducia che si ripone in un culto infallibile, dimostrasse la sua fallibilità, il suo essere temporanea e così i suoi valori, considerati come universali, finali, “escatologici” per certi versi, invece si dimostrassero storici e positivi, connaturati all’umanità e alle sue intrinseche contraddizioni, allora vorrebbe dire che tutto è fede, e quindi tutto ermeneutica, interpretazione, aperta alle derive di ciò che storicamente diviene e proprio per questo creativa, non unitaria o unificabile, se non per astrazione o formalismo, bensì in realtà molteplice, imprevedibile effetto di una volontà umana troppo umana, quindi inconscia, talvolta anche violenta o incontrollabile, ossia l’opposto di ciò che si presume essere la fede contemporanea in ciò che è tecnico, razionale, automatico, burocratico.
Anche il migliore dei mondi possibili custodisce in sé un lato oscuro rimosso e non potrebbe essere altrimenti. Più si ricerca l’unità ideale e più cresce la frammentazione reale. Inoltre paradossalmente è proprio la presenza silente di questo rimosso violento e terrificante, che amplifica la fede nella stabilità dell’ordine visibile, nell’avvenire progressivo e totalizzante che questo solo sembra garantire, supponendo così che tra la manifestazione del mondo ordinato e la rimossa violenza, o il remoto terrore, non ci sia nessuna connessione diretta o indiretta, come se fossero in realtà due universi distinti e non comunicanti, che procedono paralleli sfiorandosi di tanto in tanto, sempre violentemente data l’opposta natura che li caratterizza, ma senza compenetrarsi né generarsi in qualche modo a vicenda, come se scegliendo l’uno si allontanasse di conseguenza l’altro.
Si può dire che l’appiattimento delle visioni critiche sul mondo contemporaneo e l’assenza indotta di umanesimo spirituale sia quindi congeniale ad un mondo unificante, materialistico, tecnico e anti-dialettico, che riesce a tollerare compiutamente solo se stesso, di conseguenza nessuna opposizione effettiva, o perfino nessuna dialettica radicale interna a sé, né quindi libera espressione dell’umanità in definitiva, che possa essere considerata razionale, legittima, affidabile, generatrice di senso, costruttrice di mondo. In questo senso ciò che si oppone o differisce deve avere sempre e comunque la maschera del caos, della violenza, dell’assurdità, della follia, della morte, ossia i volti nascosti e rimossi di questo stesso mondo contemporaneo.
Sebastiano De Falco
PHI Foundation