ORFANOTROFIO DHADING: IL PRIMO INCONTRO

Orfanotrofio Dhading: Il primo incontro non si scorda mai

 

Orfanotrofio Dhading: Il primo incontro non si scorda mai, l’orfanotrofio che mi ha cambiato la vita

 

Orfanotrofio Dhading: la storia continua

 

Orfanotrofio Dhading: la storia continua; il tuc tuc con noi a bordo si ferma a pochi metri dall’orfanotrofio, nell’unico campo sportivo di Dhading e subito ci immergiamo in un mare di bambini impegnati in svariate attività ricreative ma qualcosa mi dice che i “nostri bambini” non sono fra quelli, che i “nostri bambini” dobbiamo ancora incontrarli, conoscerli e soprattutto conquistarli.

 

 

Mentre scarichiamo il materiale dal tuc tuc io, Milan e sua moglie Deena ci sentiamo leggermente osservati da tanti occhietti seminascosti, curiosi ed eccitati che si confondono con la vegetazione circostante l’orfanotrofio e che aspettano solo un nostro gesto per venirci incontro e darci il loro benvenuto. Allora, coordinati come un trio orchestrale, interrompiamo i lavori e andiamo immediatamente alla ricerca dei nostri piccoli e futuri grandi amici.

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Quando incrociamo i loro timidi sguardi e li rassicuriamo con sorrisi pieni di fiducia e calore il gioco è fatto, le barriere sono abbattute, i freni inibitori un lontano ricordo; questo è sufficiente per scatenare una corsa sfrenata verso di noi di almeno 25 bambini, che ci sommergono letteralmente di grida, sorrisi e balli frenetici che sanno di gioia incondizionata ed improvvisata, purezza, affetto e tanta tanta speranza.

 

 

La cosa che subito mi colpisce dopo il primo contatto con loro è che questi bambini, che chiaramente erano stati avvertiti del nostro arrivo, non si curano del materiale che abbiamo portato per loro ma si concentrano sulle nostre figure, vogliono guardarci, toccarci, annusarci quasi a capire attraverso i loro sensi la quantità di amore che abbiamo in serbo per loro, che siamo disposti a donare a chi è nato senza; in altre parole non vogliono cose ma vogliono amore!

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Sono i bambini stessi ad accompagnarci per mano all’ingresso della struttura dove vivono e dove ad aspettarci troviamo le 3 educatrici che spendono la loro intera giornata con loro a supporto di tutte le attività ludiche e didattiche, che, in altre parole, hanno deciso di dedicare la loro vita a queste piccole e sfortunate creature. Sono tre ragazze che ci accolgono con grande calore e dignità e che, prima di farci visitare la struttura, ci conducono nel loro “ufficio” ovvero una stanza spoglia di pochi metri quadri dotata solo di una vecchia scrivania, un telefono ed un vecchissimo computer ma che svolge la funzione di quartier generale dell’orfanotrofio dove vengono prese tutte le decisioni sul futuro dei bambini.

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Ci raccontano che i bambini vanno da un’età compresa tra i 5 e i 13 anni e che hanno tutti in comune il fatto di essere orfani e portatori di handicapp sia fisici che mentali. In meno di un’ora io e Milan facciamo tutte le domande e gli approfondimenti del caso per capire le reali esigenze della struttura.

 

Ormai ci siamo! Le presentazioni sono state fatte! Ora si entra nel vivo, ora ci si prepara a conoscere il loro ambiente, i loro spazi, i loro umori ed i loro odori ma soprattutto le loro mancanze che verranno almeno in parte colmate grazie al nostro lavoro, al nostro impegno e soprattutto alla nostra sensibilità e passione.

 

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Alessandro Vitaloni

PHI Foundation

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