Social Street: Italia Prima

Social Street: Italia Prima

Social Street: La Prima in Italia

 

Social Street: Italia Prima

1 La prima  Social Street in Italia è nata a Bologna;

Cari lettori, il fenomeno mondiale delle «Social Street» è esploso anche in Italia, in ben 17 città. La prima Social Street in Italia è sorta a Bologna dove i residenti si sono ritrovati online e si sono riappropriati del proprio quartiere: «Insieme per aiutarsi a migliorare il luogo in cui viviamo»

In via Fondazza, a Bologna, alle differenze non si dà peso.

C’è una cassetta degli attrezzi, affissa ad un muro. Più avanti un’altra: chiunque può aprirla (la chiave non c’è) e tirarne fuori cacciaviti, cavi dell’auto, una pompa per bici, a disposizione dei passanti. Studiosi da tutto il mondo esaminano la via che si snoda tra i portici del capoluogo emiliano, per capire cosa è successo qui negli ultimi quattro anni.

Tutto è iniziato con una pagina Facebook. I “residenti di via Fondazza” (così si chiama ancora oggi) hanno cominciato a conoscersi online, poi di persona. Dal 2013 s’impegnano, giorno per giorno, per migliorare il luogo in cui vivono. È nata così la prima Social Street in Italia: altre 453 ne sono seguite negli anni, da Napoli a Trento fino alla Nuova Zelanda. Diffondendo pratiche di buon vicinato. Per capire la mission, c’è da porsi prima  quanto sia cambiata nel frattempo la Social Street nel centro di Bologna.

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Palazzi storici, ben 1.800 residenti, botteghe e studenti: come nelle vie vicine. Il fruttivendolo e la libreria sono al loro posto. La novità è «qualcosa che ha a che fare con i rapporti tra le persone» spiega chi ci vive: non si vede a occhio nudo. «Quando sono arrivato qui la gente a malapena si salutava. Ora tutti si conoscono, dai manager ai senzatetto. E si aiutano a vicenda» racconta Luigi Nardacchione.

Social Street: Italia Prima

2 La nascita del progetto Social Street: le persone che si aiutano;

Il primo “gruppo” è nato così: «Piano piano ci siamo riappropriati della zona, con iniziative che hanno coinvolto sempre più residenti: dalle feste in strada al bike sharing, dalla portineria di quartiere alle pulizie della via» racconta Nardacchione. La voce si è sparsa. Dai social media a quelli tradizionali – fino al New York Times – la fama ha generato emulazioni (per fortuna) e non poche: 454 social street sono sorte in Italia ed all’estero tra il 2013 e il 2016. Ma nell’anno appena concluso il boom ha segnato una prima battuta d’arresto. A monitorare i numeri è un osservatorio ad hoc attivato (l’unico finora) dall’Università Cattolica di Milano: la sociologa Cristina Pasqualini e il suo team hanno analizzato centinaia di dati e realizzato decine d’interviste, ora convogliate in un e-book gratuito pubblicato da Fondazione Feltrinelli (“Vicini connessi”, disponibile su FondazioneFeltrinelli.it).

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La novità sta nel fatto che le strade condivise sono “esseri viventi”, prima di tutto e in quanto tali non solo nascono, ma muoiono. Negli ultimi 12 mesi il numero complessivo è passato da 454 a 428, un calo «fisiologico» secondo Pasqualini, ma anche il segno di una svolta. «Dopo l’entusiasmo iniziale su Facebook molti gruppi si sono spenti da soli. Alcuni esistono ormai solo formalmente, e sono di fatto inattivi. Quelli che si costituiscono ora, però, lo fanno con una nuova consapevolezza» osserva la docente.

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I picchi sono nelle città: Bologna e Milano in primis.

Certo, non è facile come un “clic” sulla tastiera; «Ci vuole impegno e tempo» conferma Nardacchione «ma alla fine i risultati rimangono». In via Fondazza hanno creato, così un aiuto importante come il comitato che pulisce regolarmente la prima  Social Street italiana.  Un altro, in cui si organizzano feste. E qualcuno ha installato cassette degli attrezzi ad uso pubblico lungo la prima  Social Street in Italia, e c’è persino chi si è inventato un bike sharing tra vicini. E funziona – incredibile – senza nemmeno essere sui social per aiutare i residenti !

 

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