Bambini in carcere

A proposito di volontariato e bambini in carcere

A proposito di volontariato e bambini in carcere

Il terzo settore a sostegno delle madri detenute

C’è una storia che vorrei raccontarvi e inizia più o meno così: c’era una volta un bambino che viveva con la sua mamma in una cella di un carcere. Non sembra essere una bella storia, tutt’altro. L’idea di un bambino rinchiuso in una grigia cella, anche se accanto alla sua mamma, non rende bella nessuna favola. Certo noi potremmo fare molto per quel bambino, un figlio innocente che non è solo protagonista di una favola ma è un personaggio reale, così come molti altri bambini costretti a pagare gli errori dei genitori e vivere rinchiuso. Noi tutti dovremmo prendere coscienza del fatto che esistono storie vere come questa e mettere a disposizione volontariamente tempo o conoscenze per trovare, insieme, una soluzione.

Storie di bambini in cella

Giorgio ha cinque anni e vive in carcere da quando ne aveva poco più di uno. Qui ha imparato a camminare, lungo il corridoio del reparto femminile del carcere; qui ha imparato a parlare, se per parlare intendiamo monotoni discorsi sulla pena e sul crimine di mamma e le sue compagne di viaggio. L’unico suono che riesce a riconoscere è quello del blindo che si apre la mattina e si chiude dietro le sue spalle tutte le sere prima di andare a dormire. La storia di Giorgio è quella di una madre condannata per reati legati allo sfruttamento della prostituzione e di Tribunali che non riescono a fare uscire dal carcere un bambino innocente; la storia di servizi sociali che dispongono e di una burocrazia che rincorre i diritti dell’uomo. Nessuno di questi attori si ferma ad osservare il bambino e a pensare che in tutta questa storia ciò che più di ogni altra cosa è urgente è salvaguardare lo sviluppo psicofisico di Giorgio.

Poi c’è Francesco, che ha compiuto il suo primo anno di vita in carcere, insieme ai volontari, agli operatori e alle altre mamme detenute insieme con la sua. E’ un bambino spento, negli occhi ha solo il grigiore delle mura; non sa bene come è fatto il cielo, come neppure un prato verde dove correre a piedi nudi. La sua mamma ha commesso un brutto reato, legato agli stupefacenti; anche il suo papà è in carcere, divisi nello stesso destino.

Giorgio e Francesco non vedono nessuno, nessun parente viene a trovare la loro mamma. Solo qualche volontario, un comune cittadino che mette il suo tempo a disposizione dei detenuti, di conseguenza anche dei bambini che popolano il carcere. Tempo utilizzato per disegnare, giocare, camminare, chiacchierare… pur sempre in carcere.

Nessuno si chiede perché Francesco o Giorgio debbano stare li, in cella; perché hanno il diritto di stare con la loro mamma, ovunque essa sia. Ebbene, non so se il diritto di un bambino è vivere rinchiuso. Probabilmente c’è qualcosa di non corretto in queste storie.

Cosa può fare il non profit e cosa prevede la legge

Giorgio e Francesco hanno vissuto i loro primi anni di vita in una cella perché la legge stabilisce che i minori fino ai sei anni debbano stare accanto alla propria mamma. Il lato positivo è che, in caso di lievi reati e pene detentive che possano permettere di usufruire della misura alternativa, bimbo e madre possono essere accolti in strutture adibite ad accogliere queste persone. A Milano, ad esempio, vi è l’Icam, ovvero Istituto a custodia attenuata per madri detenute: una struttura dove gli agenti penitenziari non indossano uniformi; dove non ci sono blindi e celle chiuse ma ampi spazi aperti e condivisi; le pareti non sono grigie ma colorate, a misura di bambino. Tuttavia resta un carcere, con le sue inferriate all’ingresso, con le sue regole e con le sue sbarre alle finestre.

Ecco che il terzo settore può arrivare dove le istituzioni non arrivano: può dare voce ai reali diritti di questi bambini impegnandosi affinché i luoghi per scontare la pena possano essere a misura di bambino.

Lottando perché queste mamme possano essere detenute fuori dal carcere, sostenendole e accompagnandole nel difficile percorso verso la legalità.

E’ proprio questo che fa l’Associaizone C.I.A.O Onlus di Milano: accoglie madri detenute con i loro bambini, facendo in modo che questi bambini possano essere semplicemente bambini e non detenuti. Impegnando ore di lavoro perché queste donne possano essere seguite nella pena detentiva; affiancando flotte di volontari che dedicano il loro tempo a questi bambini, accompagnandoli a conoscere quel mondo che non avevano mai visto prima. Insieme per insegnare a queste donne ad essere madri, oltre che carcerate.

Perché mamma lo si è sempre e ovunque!

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Jenny Rizzo

Phi Foundation

Il carcere e il mondo non profit

Quando il non profit e il volontariato è di aiuto alle Istituzioni

“Cattivi si diventa?”.  Questa è la domanda che si pone Philip Zimbardo impegnato nel suo esperimento sul carcere presso l’Università di Stanford. L’esperienza, riportata in un libro “Effetto Lucifero. Cattivi si diventa?”, venne realizzata nel 1971 proprio per esaminare il comportamento umano in un contesto in cui i singoli sono definiti esclusivamente dal gruppo di appartenenza. Philip divide gli studenti che hanno deciso di partecipare al progetto in due gruppi: guardie da una parte; criminali dall’altra. Ebbene, gli episodi di violenza non tardano ad arrivare, tanto che l’esperimento viene interrotto dopo pochi giorni dal suo inizio. È, quindi, vero che cattivi si diventa? Molte delle associazioni non profit presenti sul territorio nazionale sono convinte che il carcere non sia funzionale, tutt’altro. Il carcere è un luogo dove s’impara a delinquere e i volontari impegnati nelle carceri italiane, per conto delle associazioni che si occupano di argomenti e progetti legati ai detenuti, portano loro affetto e qualche parola di conforto, per non lasciarli soli sotto quel cielo a scacchi.

Cattivi si diventa?

Probabilmente è vero che il carcere è, sotto certi aspetti, una università del crimine; in particolar modo per quei giovani detenuti con reati lievi che si ritrovano a dividere la cella con criminali incalliti, dai quali attingere idee e con i quali discutere h24 di atti illeciti. L’esperimento di Zimbardo ci pone di fronte al fatto che ogni istituzione repressiva genera, potenzialmente, violenza e male. Ognuno di noi può trasformarsi in persona cattiva a causa di due fattori:

  • il sistema di appartenenza;
  • il contesto.

Non era, ad esempio, un criminale per predisposizione interna il pilota che sganciò la bomba atomica su Hiroshima: egli stesso affermò: “era il mio dovere”. Come lui, molti altri personaggi che hanno costellato la nostra storia, compiendo atti disumani, non erano criminali per natura; lo diventarono per ideologia e dovere, per senso di appartenenza a un sistema che ha creato danni all’umanità che ancora oggi paghiamo. Una visione particolare la mia, che spesso incontra il disappunto di chi è convinto che il crimine sia innato nelle persone che pongono in essere determinate azioni. Resto, tuttavia, convinta del fatto che il carcere sia un microcosmo dove la repressione, le cattive condizioni e la costrizione fisica portano inevitabilmente ad altro male, ad altra violenza.

Il non profit per il carcere

La mia particolare visione del carcere proviene dalla mia diretta esperienza sul campo. Anni a stretto contatto con l’ambiente e con chi lo vive mi hanno portato a un pensiero critico, che esula da buonismo o voglia di aiutare il bisognoso. Lavorando per associazioni non profit mi sono resa conto, anzi, che il buonismo non porta a nulla. Il volontariato strutturato, professionale, organizzato: questo è ciò che sarebbe utile all’interno delle carceri, così come all’esterno, nelle diverse associazioni che si occupano di carcere a diversi livelli. La professionalità e la visione imprenditoriale, che permettono di investire in progetti concreti di recupero sociale di questi criminali, sono l’unica arma per combattere lo stallo in cui si ritrova l’istituzione carcere oggi.

 

Jenny Rizzo

Phi Foundation

Crowdfunding school raising

Il crowdfunding per una scuola SmArt

Mancano poco più di dieci giorni alla chiusura della campagna di crowdfunding più ambiziosa nella storia della piattaforma School Raising: 15000 € l’obiettivo della raccolta.

Di cosa si tratta

Il progetto si chiama “Be smArt per creare un Lab” e vuole creare un laboratorio innovativo digitale per la scuola che lo ospiterà: l’Istituto Malignani di Udine.

E’ un grande progetto ed è difficile racchiuderlo e descriverlo in poche righe.

Il progetto innoverà un’aula già esistente dell’istituto, trasformandola strutturalmente e dotandola di strumenti tecnologici che favoriscano creazione, partecipazione e nuovi metodi didattici e verrà aperto alla comunità e in orario extrascolastico.

Connessione, collaborazione e co-progettazione sono motore, conseguenza e obiettivo del laboratorio SmArt.

I soggetti coinvolti sono molti: docenti e studenti sono i protagonisti, accompagnati per la progettazione dall’associazione Animaimpresa e supportati da diverse imprese del territorio. L’interesse per lo SmArt Lab è arrivato anche da parte di una dottoranda del Politecnico di Milano.

La campagna di crowdfunding

E’ forte lo spirito di innovazione sociale che viene comunicato non soltanto dal progetto stesso ma anche dalla scelta di lanciare una campagna di crowdfunding per finanziarne, in parte, le spese.

I docenti e gli studenti della scuola sono stati i protagonisti. Hanno seguito e studiato i dettagli della campagna, hanno scelto i rewards, hanno creato il video e organizzato numerose iniziative per coinvolgere la comunità.

Anche la rilevanza mediatica è stata notevole, portando i ragazzi in onda anche su Striscia La Notizia con Cristina Gabetti che ci ha ricordato che: “Persone motivate, aperte al dialogo e alle nuove tecnologie possono realizzare i loro sogni in tutti gli ambiti. Osate.”

I ragazzi del Malignani di Udine ci stanno ancora credendo e hanno sicuramente imparato tanto. La loro campagna di crowdfunding resterà attiva fino al 27 giugno, bastano anche soltanto 5 € per contribuire al loro sogno e le ricompense per le donazioni più consistenti sono particolari.

Loro hanno osato. Sono soltanto alcuni tra i numerosi progetti lanciati su School Raising, la prima piattaforma di crowdfunding per la scuola.

Chi ha il coraggio di farsi ispirare dal loro esempio, crederci e mettercela tutta?

Claudia Macciotta

Phi Foundation

Fundraising o crowdfunding per progetti penitenziari?

La raccolta fondi per progetti legati al carcere

Facendo una prima distinzione tra crowdfunding e fundraising dobbiamo specificare che, nonostante entrambi i termini portino alla raccolta fondi, vi sono alcune caratteristiche proprie del fundraising che lo rendono specifico rispetto al primo. Un fundraiser, infatti, non raccoglie esclusivamente soldi per una determinata causa, uno specifico progetto o una determinata idea. Egli lavora sul lungo periodo, mettendo in pratica una strategia comunicativa e di marketing che possa sensibilizzare il donatore, ma allo stesso tempo fidelizzarlo. In questo modo il donatore si sente parte di una famiglia, si avvicina progressivamente alla realtà che sostiene sino anche a voler sporcarsi le mani con attività di volontariato i prima persona.

Al contrario il crowdfunding agisce su una iniziativa specifica: si tratta, infatti, di una raccolta fondi per determinati progetti con un inizio e una fine, oppure per attività eccezionali che necessitano un finanziamento ad hoc. In questo ultimo periodo le piattaforme di crowdfunding si moltiplicano, in virtù del fatto che la raccolta fondi delle realtà non profit sta cambiando. Un esempio è il modello di Let’s Donation, piattaforma di charity cash back che sostiene Organizzazioni Non Profit dando la possibilità all’utente di donare, attraverso acquisti on line, senza alcun costo aggiuntivo per lo stesso consumatore. Il meccanismo è molto semplice: il donatore che desidera sostenere e supportare economicamente l’associazione che gli sta a cuore decide di effettuare acquisti da uno dei merchant partner della piattaforma; attraverso questo acquisto assicura alla sua associazione un valore percentuale, o un valore fisso a seconda del merchant, che il partner indirizzerà alla ONP.

Carcere-fundraising

Carcere e raccolta fondi

Una volta stabilita la differenza tra crowdfunding e fundrasing, è utile fare qualche approfondimento in merito a quelle organizzazioni del non profit che si occupano di carcere. Molto spesso, infatti, alla base di queste realtà vi è una concezione di puro assistenzialismo che pone gli operatori nell’ottica del volontariato fine a se stesso nei confronti dei detenuti. Nulla di più sbagliato, a mio avviso, è pesare che qualche parola di conforto a questi criminali possa essere loro di aiuto. Il mondo del terzo settore, specialmente in un ambito così complesso quale quello penitenziario, necessita di uno sviluppo di una strategia marketing adatta al target cui si rivolge. È la società civile la portatrice di interessi rispetto a progetti di recupero sociale di detenuti; ma non tutti ne comprendono il motivo. Ecco perché è fondamentale avere ben chiara la motivazione della raccolta fondi per progetti carcerari, che esula dall’aiuto fine a se stesso al detenuto.

L’investimento del donatore, così come tutta la campagna di fundraising di realtà non profit, deve volgere all’idea che il reinserimento sociale del detenuto, così come il trattamento penitenziario, necessitano di professionalità e progettualità tali per cui la raccolta fondi è indispensabile. Non è utile barricarsi dietro la frase “buttate via la chiave” perché il carcere non può tenere per sempre i detenuti in cella.

Raccolta fondi e comunicazione in progetti legati al carcere

È assodato che raccogliere fondi non è attività semplice. Lo è ancora meno nel momento in cui i soldi devono essere impiegati in progetti di recupero sociale di detenuti. Non ci si improvvisa fundrasiser: si può avere una spiccata dote innata, ma è necessario approfondire i meccanismi, le tecniche e soprattutto avere ottime doti comunicative. È ciò che comunichi al donatore che attira l’attenzione: più sei bravo a comunicare, meglio raccogli. È la logica del marketing, non conta il contenuto del tuo messaggio, quanto la forma e le modalità in cui lo esponi. Un progetto di housing sociale per detenuti potrebbe riscontrare alcune difficoltà, soprattutto nel contesto territoriale, a raccogliere fondi. Un progetto di housing sociale per detenuti, in cui la comunità che li accoglierà venga coinvolta in prima persona interrogandola su bisogni e aspettative rispetto a questa progettualità, potrebbe avere risultati migliori. Ecco che il fundraising interviene per fidelizzare i donatori costruendo un rapporto diretto con loro; il crowdfunding può, invece, intervenire come strumento del primo per raccogliere fondi specifici per questa progettualità.

Jenny Rizzo

Phi Foundation

Organizzare un evento: quanto si guadagna?

L’organizzazione di un evento è un lavoro complesso, impegnativo, che richiede specificità professionali particolari, ma molto spesso, il ritorno in termini economici non è sempre allineato agli sforzi e alle competenze messe sul campo.

Il guadagno di chi organizza eventi dipende da molti fattori: l’esperienza acquisita, il ruolo aziendale, il tipo di organizzazione (azienda, associazione o agenzia), i titoli professionali e, perfino il sesso, infatti, sebbene il settore degli eventi sia un settore prevalentemente femminile, le donne guadagnano molto meno degli uomini.

Il quadro delle retribuzioni della categoria “organizzatore di eventi” nel 2016 è stato delineato dall’indagine condotta da Convene, il magazine dell’americana PCMA (Professional Convention Management Association), che ha pubblicato la propria Salary Survey basata su interviste a event planner di aziende, associazioni e agenzie. Si tratta di una stima e di una proiezione dei dati del 2016 sulla base di quanto fatturato negli ultimi anni e delle aspettative per l’anno in corso. I dati si riferiscono pertanto al mercato statunitense, che è molto diverso da quello italiano, dal punto di vista economico, occupazionale, salariale, ma anche e soprattutto per le dimensioni del comparto meeting ed eventi, decisamente superiori a quello italiano e per il posizionamento della figura dell’event planner all’interno delle organizzazioni.

Però dare uno sguardo alle retribuzioni dei colleghi d’oltreoceano, può essere utile e a volte anche di conforto per chi svolge questa attività in Italia.
Secondo l’indagine, la retribuzione media di un event planner è negli Usa di 80.505 dollari lordi l’anno, pari a 70.875 euro. Attenzione però: la retribuzione lorda americana comprende le spese previdenziali, sanitarie e assicurative, che sono a carico del dipendente, mentre in Italia sono a carico dell’azienda (se l’organizzatore è un dipendente).
Lo stipendio per tipologia di organizzazione negli USA tradotto in Euro:
La retribuzione è più alta per gli event planner d’azienda: in ambito corporate lo stipendio medio è di 71.544 euro, contro i 68.000 euro di chi lavora nelle associazioni, i 66.700 percepiti da chi organizza eventi in ambito governativo e i 69.000 che vanno ai planner cosiddetti indipendenti. Bisogna tenere in considerazione poi che lo stipendio ha diverse componenti: il 39% del campione ha dichiarato che in parte dipende dal numero di eventi gestiti nell’anno, il 28% dalla dimensione dell’evento più grande gestito e il 15% dalle metriche post-evento (cioè il raggiungimento degli obiettivi).

Il 2016 segnerà una significativa crescita degli introiti generati dall’organizzazione di eventi.
Il 73% degli event planner intervistati ha percepito un aumento di stipendio negli ultimi 12 mesi, per un incremento medio della retribuzione del 4,35%. L’aumento è superiore a quello della media nazionale americana (del 3,1%), ma è tuttavia quasi dimezzato rispetto all’anno scorso: nel 2015 ad avere avuto un aumento era stato il 79% del campione, e la media di incremento dello stipendio era stata del 7%. Secondo Convene, il dato indica che il settore è ritornato alla normalità: dopo il balzo in avanti del 2014/2015 per recuperare il crollo degli anni di crisi economica, ora la situazione salariale si è stabilizzata.

Quanto contano ruolo ed esperienza?

La differenza retributiva è piuttosto ampia quando si guarda al ruolo e alle responsabilità: conta l’inquadramento contrattuale (ogni carica ha la sua retribuzione), chi coordina un team guadagna mediamente 82.173 euro, mentre chi non ha nessuno sotto di sé percepisce 59.491 euro. In termini di esperienza, invece, la forbice dei compensi parte da circa 47.320 euro fino a 3 anni di esperienza, per salire a 60.430 con 6/8 anni, finendo a 81.000 con più di 10 anni di esperienza alle spalle.

Come dicevamo prima, in termini di retribuzione, il divario tra uomini e donne è piuttosto sensibile.

La stragrante maggioranza degli intervistati sono donne, a conferma che la meeting industry è un settore prevalentemente femminile, anche negli Stati Uniti. Gli uomini, pur se minoranza, sono però quelli che si portano a casa gli stipendi più alti: in media 88.100 euro, contro la media di 68.000 euro delle donne. Il gap è del 23%, in parte dovuto probabilmente al fatto che le donne, seppur in maggioranza, spesso ricoprono posizioni gerarchicamente inferiori agli uomini, e in parte dovuto alla disparità retributiva che, a parità di ruolo e responsabilità, continua a persistere.

Il peso del titolo professionale

Negli Stati Uniti è molto forte la cultura dell’organizzazione di eventi come professione ed è quindi molto diffusa, fra chi fa questo mestiere, la consuetudine di conseguirne le certificazioni relative, e il titolo professionale negli Usa pesa anche a livello di stipendio: chi lo ha guadagna in media 7.500 euro l’anno più dei colleghi che non l’hanno conseguito.

Orari di lavoro e soddisfazione personale

Quello dell’organizzatore è un mestiere impegnativo: il 56% degli intervistati lavora fino a 50 ora la settimana, il 17% fino a 60 ore e il 3% dedica al lavoro più di 60% ore la settimana. Il 67% del campione ha inoltre indicato di avere assunto quest’anno ulteriori compiti e responsabilità, che nei tre quarti dei casi non hanno dato luogo a una retribuzione aggiuntiva, e l’80% non gode di tutte le ferie che gli spettano. Tuttavia, il tasso di soddisfazione è elevato: il 75% è soddisfatto del proprio lavoro specifico e l’85% è soddisfatto della professione in generale. In termini di stipendio, il 57% è soddisfatto della retribuzione che percepisce (i soddisfatti percepiscono in media 73.300 euro), mentre a dichiararsi insoddisfatto di ciò che guadagna (in media 66.000 euro) è il 33%.

Dunque come si può vedere negli States il ruolo dell’organizzatore di eventi è più disciplinato e remunerativo che da noi in Italia. Probabilmente dipenderà da fattori culturali e di attitudine al lavoro e al business. Di certo non a meriti e competenze, in quanto in Italia siamo decisamente all’altezza della situazione, ma il mercato del lavoro da noi ha delle anomalie e delle caratteristiche assolutamente particolari ed uniche.

E tu che esperienze di organizzazione di eventi hai?

Ti è mai capitato di dover ricoprire questo ruolo in maniera anche solo occasionale?

Raccontaci la tua esperienza e invia la tua testimonianza, sarà d’aiuto a tutti quelli che svolgono questo lavoro.

Articolo basato su: Event report del 9 Giugno 2016

Francesco Fiore

Phi Foundation

#PHI Volunteers

Partecipa alla mobilitazione sociale a sostegno e costruzione della Social Innovation Community

network di operatori competenti nell’area non profit, contribuisci allo sviluppo del “Social Impact” nel tuo territorio, collabora al rafforzamento istituzionale della “Capacity Building” delle organizzazioni che operano nel terzo settore.

Entra nella PHI Foundation, incontrerai tanti nuovi amici, Volontari che come te condividono idee e principi, desiderosi di aiutare il prossimo e costruire le basi per un futuro migliore e solidale, beneficerai di una ampia visibilità e, avrai la possibilità di accedere ad una serie di vantaggi e di opportunità per realizzare i tuoi sogni e progetti.

L’obiettivo del programma è quello di sviluppare la capacità di gestione delle risorse locali e, insieme costruiremo una Social Innovation Community dove Volontari, ONP e Donatori possono collaborare e contribuire a migliorare l’ecosistema sociale.

Sei un Volontario o rappresenti una Organizzazione Non Profit, registrati sulla piattaforma web PHI Foundation e crea il tuo profilo, diventerai un PHI Angel e potrai condividere la tua esperienza con i tuoi amici e gli altri PHI Angels, aspirare a divenire un coordinatore territoriale un PHI Archangel e, mirare più alto diventare un PHI Ambassador.

Entra anche tu a far parte della PHI Foundation Social Innovation Community (Clicca qui).

Sebastiano De Falco

Phi Foundation

Academy: #Attestato Content Editor

L’Attestato di Content Editor, valido ai fini di una certificazione professionale, viene rilasciato dalla PHI Academy (Innovation Lab di PHI Foundation) con l’obiettivo di dare un supporto concreto ai web communicators emergenti

tramite un attività di training e formazione con percorsi didattici innovativi, rivolti a tutti coloro che hanno fatto della comunicazione una loro professione.

Nel programma “Attestato Content Editor” (Completamente Gratuito), è previsto un percorso di affiancamento a distanza e di esperienza pratica in ambito Content Editor. Infatti, ai partecipanti di questo corso (seguiti e formati da Tutor), sarà data l’opportunità di esprimersi nel ruolo di Web Editor, scrivendo testi e storytelling SEO oriented che saranno pubblicati nel Blog e Pagine Social Network di PHI Foundation.

Beneficiando degli strumenti forniti da PHI Academy (vademecum testi e immagini, parole chiavi selezionate “SEO”), gli aspiranti dovranno realizzare nell’arco di tre mesi 30 articoli idonei alla pubblicazione, seguendo le linee guida editoriali orientate al non profit, terzo settore e sociale in generale.

I risultati della formazione (previo autorizzazione dell’interessato) saranno pubblicati nella sezione specifica a disposizione di Head Hunting oltre ad essere inoltrati alle imprese che cooperano con PHI Foundation, al fine di un eventuale proposta di lavoro.

Al termine del percorso formativo, gli allievi riceveranno, (unitamente ai dati statistici Analytics dei motori di ricerca e Social Network ) il meritato “Attestato Content Editor,” valido ai fini di una certificazione professionale.

Nel corso degli Eventi PHI Foundation i migliori allievi divenuti Web Editor saranno ospiti d’onore e premiati con lo speciale riconoscimento (la Pergamena del Knight of Community).

In un ambito professionale in cui l’esperienza e la professionalità sono fondamentali, PHI Academy ti offre l’opportunità di dimostrarlo e certificarlo.

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Sebastiano De Falco

Phi Foundation

job

PHI JOB: #Diventa parte anche tu di un’idea grandiosa

PHI Foundation cresce e oltrepassa le frontiere della Svizzera si espande in Italia e apre la filiale a Milano e quindi, nel piano di ampliamento del proprio organico ricerca alcune figure professionali da inserire nel team operativo con possibilità di lavoro part time e telelavoro.

PHI Foundation cerca persone con attitudine a lavorare in team, dinamiche, intraprendenti, volonterose e capaci, che hanno voglia di imparare e affrontare nuove sfide, contribuire con le loro conoscenze al miglioramento collettivo.

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Sebastiano De Falco

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