Fundraiser

Phi Social Innovation Community: Fundraiser

Lavorare nella Social Innovation Community con Phi Foundation, nell’operosità di raccolta fondi (Fundraising), significa svolgere l’attività di Fundraiser, una professione creativa e multitasking oggi sempre più richiesta dal mercato del lavoro, in particolare, nell’area del terzo settore.

Una professione che richiede competenze specifiche in marketing, statistica, economia, giurisprudenza, amministrazione ma anche un estro creativo e artistico, oltre che una grande determinazione.

Fare raccolta fondi (Fundraising) per le organizzazioni non profit significa lavorare per una giusta causa, che appassiona, in cui crediamo e che ci spinge a desiderare di migliorare le cose grazie al piccolo/grande contributo di tante persone.

Non c’è dubbio che il lavoro del Fundraiser porti più che numerose soddisfazioni personali se fatto bene con passione e attraverso metodi e strumenti corretti.

La domanda che sorge spontanea è: Ma il Fundraiser cosa fa esattamente?

Si usa spesso il termine Fundraiser nel gergo comune, per indicare il comunicatore o l’organizzatore di eventi di beneficenza. In realtà il Fundraiser è questo, ma non solo.

È soprattutto un professionista che svolge l’attività con dedizione, che sa comunicare e agire, perché le parole sono pensieri che diventano azioni dirette a costruire qualcosa di utile, azioni dirette ad aiutare gli altri, e per questo IMPORTANTI.

Sei una organizzazione non profit e desideri supporto o vuoi avviare una campagna di raccolta fondi,
chiedi a PHI FOUNDATION (Social Innovation Community).

Portobello: il primo Social-Market italiano

Da Londra a Modena con amore, questa è una bella storia di solidarietà da raccontare.

I tre anni di Portobello, il market anti-crisi di Modena: non si paga in euro ma in ore di volontariato.

Tutti associamo Portobello al suggestivo mercato londinese, invece questa volta Portobello è una realtà tutta “made in Italy” che nasce a Modena nel 2013. Si tratta del primo emporio sociale cui possono accedere le famiglie in difficoltà economica che fanno richiesta al Comune e al Centro Servizi per il Volontariato in cui non si paga in euro, ma in ore di volontariato

La filosofia di Portobello è semplice, ambiziosa e completamente incentrata sulla solidarietà. Ripercorriamo la sua storia, merita di essere raccontata.

Il progetto nasce e si concretizza nel 2013 grazie a diverse associazioni del terzo settore, riunite sotto l’egida del centro Servizi per il Volontariato, che riescono ad ottenere la collaborazione del Comune, di alcuni soggetti privati e ovviamente della Fondazione. Il Comune di Modena decide di concedere i locali di via Divisione Acqui 81, nel comparto ex Amiu. Sono invece alcuni privati (tra cui Nordiconad, Coop Estense, Ccm) a donare arredi, macchinari e ovviamente beni di consumo per i clienti. Prende così vita il mini-market, completamente allestito da volontari, in particolar modo della Protezione Civile.

Ma Portobello, come anticipato, non è un supermercato come gli altri. L’acquisto dei prodotti è riservato infatti alle famiglie in difficoltà economica. “Ci sono infatti specifici requisiti che i Servizi Sociali del Comune devono verificare per poter indirizzare le famiglie richiedenti verso l’acquisto. L’idea è quella di evitare forme assistenzialistiche fine a sé stesse, quanto piuttosto di integrare un servizio di contrasto alla povertà con percorsi di consulenza e reinserimento.“

Come si fa la spesa e come si paga da Portobello?

Sugli scaffali ci sono tutti i prodotti, dalla pasta ai condimenti, dai biscotti, al pane al companatico, dai prodotti per la casa a quelli per la cura della persona, ma non compaiono i prezzi, bensì dei punteggi. In pratica ai compratori viene richiesto un impegno nel volontariato, con una delle associazioni che fanno parte della rete o addirittura nella gestione del mini-market stesso

Portobello ha iniziato nel 2013 con 30 famiglie già riconosciute nel percorso, oggi, a tre anni dalla sua apertura, sono 1.170 le famiglie raggiunte.

La sostenibilità del progetto, che dipende in larga parte dai fornitori e dalle donazioni è la vera sfida che attende i volontari ed i Servizi Sociali, ma le premesse dei primi tre anni sono assolutamente positive.

Per tutte le informazioni è possibile visitare il sito di Portobello. (http://www.portobellomodena.it/)

 

Paola Antifora

Phi Foundation

L’1 Marzo scadono i termini per iscriversi all’Aics per le ONG idonee.

Sono state rese note dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione (AICS) le modalità d’iscrizione all’elenco delle organizzazioni non profit della società civile riconosciute soggetti della cooperazione allo sviluppo.

Per tutte le organizzazioni che vogliono iscriversi all’elenco è necessario presentare una serie di documenti a supporto della richiesta che può essere effettuata in qualunque momento dell’anno. Diversa la procedura per le ONG già idonee alla data del 31 dicembre scorso che prevede la presentazione di una semplice domanda entro il prossimo 1 marzo. Vediamo nel dettaglio cosa è necessario fare per ottenere l’iscrizione all’elenco.

ONG già idonee al 31 dicembre 2015 (ex legge 49/87)

Le ONG devono presentare domanda d’iscrizione all’elenco entro 30 giorni dalla data della pubblicazione del decreto (2 Febbraio 2016), indicando nella domanda il numero del decreto di riconoscimento di idoneità ai sensi della 49/87 e, qualora siano intervenute variazioni di Statuto, Sede Sociale legale o operativa, rappresentante legale, organi statutari allegare alla domanda anche la relativa documentazione.

La domanda va inviata su carta intestata della Ong, alla AICS mezzo PEC: agenzia.cooperazione@cert.esteri.it

E’ preferibile utilizzare l’allegato al decreto, per comodità lo trovate sul link allegato. Domanda di iscrizione/permanenza completo delle due dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà che sono parte integrante della stessa domanda. Si tratta di 5 pagine.

Dove si inserisce nella domanda il numero del decreto di riconoscimento di idoneità ai sensi della 49/1987? Non ci sono indicazioni esplicite, ma potrebbe essere aggiunto un punto alle 11 dichiarazioni previste nella prima parte della domanda.

Attenzione!!! Ogni pagina deve essere timbrata e siglata dal legale rappresentante.

Inoltre gli atti di notorietà devono essere completati con copia di un documento del legale rappresentante, è sufficiente anche la fotocopia non autenticata, di un documento d’identità in corso di validità del Rappresentante Legale.

E’ necessario fare una lettera di accompagnamento? E’ consigliabile aggiungere una lettera di accompagnamento. In essa si potrà ripetere il proprio n° di decreto di idoneità e annunciare i documenti allegati relativi alle variazioni statutarie o di legale rappresentanza inseriti oltre la domanda stessa.

Dopo 30 giorni dall’invio della domanda vale il silenzio assenso.

Se una Ong non presenta la domanda entro il primo marzo potrà presentare domanda in qualsiasi momento come le altre organizzazioni, ma dovrà produrre anche tutti gli allegati richiesti nel capo IV comma I ISCRIZIONE, e l’Agenzia avrà 90 giorni di tempo per esaminare la richiesta e accettare l’iscrizione.

Per le altre organizzazioni:

La domanda d’iscrizione redatta in lingua italiana secondo l’Allegato I a firma del Legale Rappresentante dovrà essere inviata per PEC a agenzia.cooperazione@cert.esteri.it

Le richieste devono essere corredate dalla seguente documentazione in versione originale o copia autenticata:

  • atto costitutivo e statuto;
  • bilanci analitici relativi all’ultimo triennio;
  • relazione sullo stato di avanzamento delle attività in corso, predisposta secondo il modello in Allegato II.
  • L’Agenzia ha 90 giorni di tempo per esaminare la richiesta e comunicare al richiedente le proprie determinazioni in merito.

 

Linee guida

 

Phi Foundation

 

 

#Mito della Social Innovation Community

Leggenda o forse storia di una comunità che nasce con un giuramento e relativo Patto di solidarietà, infatti il primo agosto 1291 fu fondata la Confederazione Svizzera, su un praticello in riva al Lago dei Quattro Cantoni.

Ogni bambino di tutte le regioni della Svizzera conosce questa storia: su un piccolo praticello adiacente al Lago dei Quattro Cantoni, il primo agosto 1291 si riunirono alcuni uomini. Erano i delegati dei territori di Uri, Svitto e Untervaldo accomunati dall’auto determinazione dei popoli e dall’idea comune di costruire una società orientata alla “Social Innovation Community” fondata appunto su un praticello di Rùtli. Quando gli urani videro arrivare gli uomini di Svitto se ne rallegrarono. Dopodiché giunsero anche gli uomini di Untervaldo.

Fu il delegato di Svitto Werner Stauffacher a pronunciare il solenne giuramento.

È a lui che la Svizzera deve la sua eccezionalità storica nel costituire le basi per una società orientata alla “Social Innovation Community”

Stauffacher disse:

“Siamo uniti dalla volontà di essere liberi!
In considerazione dei tempi difficili, le persone e le comunità di Uri, Svitto e Untervaldo s’impegnano a prestarsi con tutti i mezzi reciproco aiuto contro tutti coloro che, nelle valli o fuori di esse, facessero loro torto o violenza”

E ancora:

“Se qualcuno tra di voi non è disposto a sacrificare la propria vita, i propri beni o il proprio sangue, abbandoni il cerchio”

Nessuno abbandonò il cerchio, dopodiché venne pronunciato il giuramento che fondò la Confederazione:

“Alzate la mano, amici miei di Uri, Svitto e Untervaldo e giurate!
Dio è testimone che abbiamo deciso di proteggere la nostra libertà contro ogni ingerenza straniera, per noi e per i nostri figli!”

La reazione non si fece attendere:

“Lo Giuriamo” Dissero tutti.

Dal giuramento dei Rùtli alla costituzione di una nazione indipendente e pacifica, la strada fu ancora lunga. Ai tre Cantoni fondatori se ne aggiunsero ben presto altri: Lucerna, Zurigo, Zugo, Glarona, Berna…
E già nel 1515 fu stabilito che la Svizzera sarebbe stata una nazione neutrale, come lo è tutt’oggi.

L’unicità della Confederazione Svizzera la rende atta ad ospitare le molte istituzioni cosmopolite (vedi ONU per esempio), a creare e sviluppare nuove idee nell’ambito sociale come le numerose organizzazioni “non profit” internazionali tra le quali si identifica la Croce Rossa, confermando la sua propensione alla tutela delle fasce più deboli e bisognose seguendo l’orientamento della “Social Innovation Community” che tanto la distingue.

Il tradizionale spirito nato in quel praticello e il patto solidale suggellato dagli uomini con un giuramento, è oggi perseguito con fervore da Phi Foundation mediante il sostegno del Terzo Settore, grazie a un innovativo modello di sviluppo denominato “Social Innovation City Program” il quale consente (alle ONP locali) una migliore visibilità nel mercato e maggiori contatti con “Volontari”, (Donatori e Fundraising), eventi e raccolte fondi al fine di facilitare la realizzazione dei progetti.

E tutto ebbe inizio con il giuramento dei Rùtli quasi 725 anni fa!

Sei un organizzazione non profit (ONP) e desideri supporto, entra anche tu nella “Phi Foundation Social Innovation Community”
Troverai tanti amici!

N.B (giuramento liberamente tradotto)

Figure professionali del terzo settore

Si pensa che la crisi del welfare state abbia costretto le società a rivedere priorità e erogazione dei servizi sociali. La Pubblica Amministrazione si è snellita ed il mondo del non profit cresce e si organizza sui vari settori. Si sta assistendo ad un risveglio della società civile organizzata e quindi allo sviluppo del Terzo Settore legato anche a queste trasformazioni sociali, politiche e culturali dettate anche dalla necessità di conseguire innovazioni nel sociale (Social Innovation) a 360 gradi.

Lo sviluppo del settore non profit ha determinato una professionalizzazione degli addetti al no-profit che in grande maggioranza è costituita dai volontari (personale non retribuito). E’ bene quindi chiarire quali sono le figure professionali, specialmente quelle nuove. In particolare si può seguire una classificazione in figure professionali trasversali (funzioni e processi trasversali e principalmente di gestione) e figure settoriali (funzioni e processi erogativi).

Secondo il 9° Censimento ISTAT su Industria, Servizi e Istituzioni non profit si parla di 19 milioni 946 mila addetti, di cui: 82,3% nelle imprese, il 14,2% nelle istituzioni pubbliche e il 3,4% nelle istituzioni non profit (681 mila!).
 

Alcune figure professionali trasversali

Il Project Manager è a capo di team di progetto e ne segue tutto il processo: dalla ideazione, alla presentazione alle autorità finanziatrici, al coordinamento della sua realizzazione fino alla valutazione finale.

Il Responsabile della comunicazione, pianifica strategicamente la comunicazione interna ed esterna, ha una conoscenza approfondita dell’organizzazione, un’ottima conoscenza degli strumenti redazionali.

L’Addetto alla comunicazione è generalmente uno stagista o un professionista in ingresso che prepara bozze di presentazioni e materiali.

Il ruolo centrale del Fundraiser è quello di raccogliere i fondi e gestire la relazione con i donatori e assicura il flusso di donazioni per sostenere le attività istituzionali dell’organizzazione. A questa funzione sono attribuite la gestione documentata dei fondi raccolti ed utilizzo. Le competenze richieste sono: psicologia, economia, comunicazione, marketing, diritto e pubbliche relazioni. Non esistono percorsi standard per l’accesso al ruolo, è spesso richiesta una laurea, preferibilmente in discipline economiche. Sono numerosi i corsi anche universitari e i master che iniziano a sorgere su questi temi. Il Fundraiser può diventare manager di una ONP.

Il Campaigner gestisce tutte le attività legate alle azioni dirette a sostenere le mission dell’organizzazione. Realizza e valuta le campagne sociali, coordinando e valorizzando persone (volontari e professionisti) e risorse per il raggiungimento degli obiettivi. I percorsi formativi del Campaigner rientrano per la maggior parte nei corsi/master in comunicazione, marketing sociale e Fundraising.

Il People Raiser è il reclutatore dei volontari. Recluta, coordina, valorizza e fidelizza i volontari. Una figura nuova nel panorama delle organizzazioni di volontariato. Ha il compito di formare i volontari alle attività specifiche, valorizzarne le capacità, creare e mantenere i giusti rapporti tra volontari e il personale retribuito. Il People Raiser deve avere ottima conoscenza delle tecniche di selezione ed esperienza nella gestione delle risorse umane.
 

Figure professionali settoriali

L’Operatore Socio Assistenziale (OSA) è una figura professionale dotata di preparazione teorica e pratica che collabora con le equipe private.
L’OSA ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle persone in stato di necessità e di incentivare i progetti di vita dell’assistito, Si aggiorna costantemente per svolgere la propria professione sociale.

L’Educatore professionale è colui che programma, supervisiona e valuta specifici progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’equipe multidisciplinare. Si occupa di assistenza domiciliare e in comunit‡ apposite. Si occupa di favorire il reinserimento nella comunità in modo coordinato. Svolge la sua attività in strutture e servizi socio-sanitari e socio-educativi pubblici o privati, e possiede una laurea specifica e l’abilitazione.

Il Mediatore Culturale e Interculturale è una figura professionale nuova che ha il compito di facilitare l’inserimento dei cittadini stranieri, persone in stato di difficoltà, individui portatori di un disagio sociale o di culture diverse nel contesto sociale del paese di accoglienza.
Il Mediatore culturale ha un’ottima conoscenza della lingua italiana e di almeno una delle lingue parlate dai gruppi etnici. Sono stati istituiti corsi di laurea ad hoc e corsi di formazione di II livello, generalmente post-diploma, che rilasciano la qualifica di Mediatore culturale.

Il Counselor familiare agisce come facilitatore, aiuta ad appianare contrasti tra le persone del gruppo ed è di supporto ai singoli che vivono situazioni conflittuali o problematiche. Nonostante l’assenza di regolamentazione, esistono vari corsi formativi che garantiscono comunque una buona formazione teorica e pratica per esercitare la professione di Counselor.
 

Fonti e approfondimenti: nono censimento ISTAT, nono rapporto ISNET sull’impresa sociale, Isfol, cliclavoro, Progetto Orientaonline, Associazione gaia, guida internazionale delle professioni e al lavoro nel non Profit.

 
 

Cos’è la “Social Innovation” ?

Cos’è la Social Innovation e cosa si intende con questa espressione?

La Social Innovation è un cambiamento nel modo di fare le cose, un elemento innovativo nel contesto della collettività. Un interruzione rispetto alle soluzioni generalmente utilizzate e presenta una risposta costruttiva a problemi di ordine economico e sociale.

La Social Innovation Contribuisce così al miglioramento degli individui e delle comunità.

Nel più lungo termine e se viene operata da movimenti sociali sufficientemente autorevoli, la Social Innovation, può essere fonte di trasformazione sociale e motore di cambiamento.

La Social Innovation dev’essere considerata una risorsa strategica per tutti i Paesi che vogliono pensare allo sviluppo della società in modo nuovo.

Possiamo dire che orientarsi alla Social Innovation oggi è un modo concreto per rispondere alle difficoltà del momento e cercare di risolvere alcuni dei problemi della nostra società.

La Social Innovation è fatta di idee, creatività, metodologie innovative per trasformare principi teorici e ricerca nella prosperità della comunità sempre più attenta alla sostenibilità e sviluppo di territori “intelligenti”.

In conclusione, possiamo dire che per Social Innovation si intende un modo più pragmatico e, si può parlare di una tipologia di innovazione capace di creare nuovi saperi, tecnologie , strumenti e forme organizzative con finalità di natura etica.

Social Innovation è creazione di nuove idee, prodotti, servizi che soddisfano bisogni sociali e simultaneamente creano nuove collaborazioni e relazioni.

Il termine Social Innovation esprime infatti, un doppio significato: innovazione intesa come utilizzo di tecnologie e  innovazione realizzata da una comunità e non da un unico individuo o un organismo. Diventa così  un risultato collettivo che richiede accordi, condivisione, co-adaptation e dialogo. Si ha infatti, innovazione sociale solo quando persone e organizzazioni svolgono un ruolo attivo e collaborativo nella realizzazione concreta dei processi innovativi, attraverso la creazione di reti sociali. Soddisfare i bisogni della collettività  ed affrontare le nuove sfide per lo sviluppo. Le nuove comunità dovranno avere una grande capacità di vivere i cambiamenti derivanti: dall’evoluzione scientifica e tecnologica, dal confronto culturale sociale ed economico con le altre comunità con cui bisogna cooperare e competere, dalle incertezze e i rischi presenti nei piani per garantire un benessere minimo o  una cittadinanza inclusiva. Tutto questo può essere gestito al meglio solo attraverso la bussola della Social Innovation, che implica una strategia per la formazione di smart-people, i quali devono vivere secondo i principi dello smart-living in delle smart-communities o smart-cities. Quest’ultime da intendere come città dove gli investimenti nel capitale umano e sociale, nei processi di partecipazione, nell’istruzione, nella cultura, nelle infrastrutture per le nuove comunicazioni, alimentano uno sviluppo economico sostenibile, garantendo un’alta qualità di vita per tutti i cittadini e prevedendo una gestione responsabile delle risorse naturali e sociali, attraverso una governance partecipata.

Tutto questo spinge a puntare prioritariamente sulla smart-education (sviluppo di piattaforme territoriali di e-learning, di public digital library, ecc.), cittadinanza attiva (strumenti di open-government, legalità, uso responsabile del territorio, ecc), capacità di vivere il cambiamento (strumenti e azioni che agevolino il cambiamento delle regole sociali e la capacità di realizzare e utilizzare le innovazioni). In tutte queste azioni è certamente rilevante il ruolo dell’ingegneria ed in particolar modo di quella legata all’ICT (Information&Communication Technology).

 

Phi Foundation

Phi Foundation: Social Business # Social Innovation

Felice Anno Nuovo, iniziamo il 2016 parlando del “Social Business e del Social Innovation”.

La crisi economica in atto, presenta una sfida al nostro modo di affrontare i bisogni più basilari, indebolendo fortemente le condizioni sociali di larghe fasce di popolazione.

Questa situazione è aggravata ulteriormente dalla diminuzione notevole della spesa pubblica nel Welfare e, di conseguenza, il Social Business e la Social Innovation (nella sua massima espressione del Fundraising come strumento di raccolta fondi), sono visti come un’opportunità per affrontare le questioni sociali alla presenza di risorse pubbliche sempre più limitate.

Inoltre, la rapida espansione e la popolarità del Business Sociale e dell’Innovazione Sociale, (mediante strumenti innovativi come il Fundraising corporate e private), sottintendono l’idea che la tradizionale struttura in auge è inefficiente.

Il Social Business e la Social Innovation rappresentano alternative che affrontano le questioni sociali in un modo più efficiente ed efficace.

Social Business e Social Innovation sono generalmente iniziative dal basso verso l’alto. Tuttavia i sistemi locali di solito incontrano una vasta gamma di ostacoli alla loro attuazione e sviluppo.

Questo è il motivo per cui Phi Foundation desidera sopportare la crescita delle ONP con pratiche più adeguate sullo sviluppo locale, imprenditorialità sociale, innovazione sociale e valutazione dell’impatto sociale sul territorio.

Obiettivo, di Phi Foundation, tramite il “Social Business Local Program” è quello di creare un eco-sistema facilitante per il Social Business e la Social Innovation a livello locale rimuovendo gli ostacoli all’attuazione e allo sviluppo delle idee.

Al fine di raggiungere tale obiettivo, Phi Foundation adotta un approccio partecipativo coinvolgendo gli attori locali nell’individuazione degli ostacoli, e nella pianificazione degli interventi necessari per rimuoverli.

Phi Foundation sostiene e mira a collegare pratiche ed esperienze internazionali e locali, al fine di stimolare la creazione di reti e di identificare metodi più efficaci per affrontare i problemi sociali.
Sei un’organizzazione non profit (ONP) e desideri supporto “Gratuito” o vuoi avviare una campagna di Raccolta Fondi?
Chiedi a PHI FOUNDATION (Social Fundraising Community).

 

La Regione Puglia rinuncia al bollo auto per le Onlus

Il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha deciso di sostenere le associazioni di volontariato pugliesi attraverso una manovra semplice ma molto efficace: l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica dei veicoli di proprietà delle associazioni e dei gruppi comunali di volontariato.
“Il volontariato è una componente imprescindibile della protezione civile pugliese”, con questa convinzione il governatore della Regione Puglia e il vicepresidente e assessore alla Protezione civile, Antonio Nunziante – su sollecitazione del presidente del comitato regionale permanente di Protezione civile, Ruggiero Mennea – hanno deciso di supportare le associazioni di volontariato pugliesi attraverso questa attività originale ma sicuramente molto utile allo sviluppo e al sostegno di tutte le Onlus Pugliesi. Il disegno di legge è rivolto, esclusivamente, alle organizzazioni iscritte nell’elenco regionale presso la struttura regionale di protezione civile ai sensi della legge regionale 7/2014. Queste, inoltre, devono risultare proprietarie dei veicoli di cui si chiede l’esenzione del pagamento e devono avere sede nel territorio pugliese. Per poter accedere all’esenzione, associazioni e comitati devono presentare apposita richiesta alla Regione Puglia con l’indicazione della targa del veicolo per il quale si chiede l’esenzione e relativo documento del rappresentante legale dell’organizzazione. Il mancato introito per le casse regionali è stato calcolato in circa 50 mila euro l’anno. «È vero – dice Ruggiero Mennea – che ci sarà un mancato introito per le casse regionali di circa 50 mila euro, ma è altrettanto vero che a questa rinuncia corrisponde un grande beneficio per la collettività verso la quale i nostri volontari non mancano mai di dimostrare disponibilità nei momenti di emergenza e di necessità. Favoriremo sempre più – conclude – l’incremento del volontariato e premieremo chi fa di questa scelta un impegno civile serio e responsabile».

Siamo certi che questa iniziativa possa essere d’esempio per molte altre Regioni d’Italia, affinchè si riesca a contribuire in maniera più efficace al supporto di quanti lavorano nel Sociale e si impegnano quotidianamente ad aiutare il prossimo.

 

Phi Foundation

Phi Foundation: # Fundraising supporta il Welfare

E’ stato presentato venerdì 11 dicembre 2015 alla Camera dei Deputati, in occasione dell’evento “Donare di più e meglio” il manifesto per un nuovo Fundraising.

Il primo Manifesto realizzato per contribuire a rendere il Fundraising una delle principali strategie per la sostenibilità di un nuovo “Welfare di Comunità”.

Frutto del dibattito pubblico realizzato con il Progetto “Fundraising – Un altro Welfare è possibile”, il Manifesto nasce come uno strumento utile a diffondere una nuova cultura della Donazione e del Finanziamento Sociale incentrata sulla logica dell’investimento e non solo del mero filantropismo e della carità.

Da quanto emerso in diversi incontri con i rappresentanti delle Istituzioni, del Terzo Settore e i cittadini, il Fundraising non può più essere ritenuto solo un insieme di tecniche per migliorare la sostenibilità delle organizzazioni ma deve diventare uno strumento capace di rendere partecipe la società civile alla creazione di un nuovo sistema sociale.

In Italia viviamo un paradosso singolare: da un lato tutti si appellano al Fundraising come risposta alla crisi di finanza pubblica, mentre dall’altro nessuno pone in essere strategie, azioni e politiche che lo possano far crescere realmente.
Anzi, sono ancora tanti gli ostacoli culturali, burocratici, amministrativi e politici che ne limitano enormemente il potenziale, come ad esempio il farraginoso sistema di gestione del 5 e del 2 per 1000, per citarne uno.

Desidereremo dar vita a programmi e azioni che rendano operativi i principi e far sì che il Fundraising diventi davvero lo strumento principale di un’economia sociale e civile essenziale per lo sviluppo del paese.

Il Dono è un fattore di crescita, un valore che non deve restare confinato nell’ambito del non profit.

Si tratta di una pratica quotidiana, uno stile di vita da promuovere e incentivare. Soprattutto tra le nuove generazioni.

Un obiettivo che Phi Foundation condivide pienamente e per questo, lavoriamo perché il Giorno della Solidarietà abbia ancora una volta i giovani protagonisti. Il non profit resiste.
Sei un’organizzazione non profit (ONP) e desideri supporto “Gratuito” o vuoi avviare una campagna di Raccolta Fondi?
Chiedi a PHI FOUNDATION (Social Fundraising Community).

 

Il Presepe: Il valore delle tradizioni

In questi giorni in Italia si sta discutendo molto sull’opportunità o meno di seguire le nostre tradizioni secolari relative al Presepe, alla festività natalizia e alla liturgia che da circa due mila anni accompagna questa ricorrenza cosi speciale.

La discussione vede due fronti contrapposti: da un lato chi difende la nostra tradizione, le nostre abitudini e i nostri costumi, dall’altro chi propende per uno Stato più laico, a partire dalle scuole.

Per la cultura cattolica il Natale si fonda sulla nascita di un bambino, in una stalla-grotta, perché non c’era posto per lui e sua madre altrove. Se tutti noi ci ricordassimo questo forse saremmo mossi maggiormente da solidarietà e misericordia, tema cardine del Giubileo.

Lo sanno bene le associazioni di volontariato che lavorano proprio con mamme e bambini, una su tutte Medici Con l’Africa Cuamm che da quattro anni impegna i suoi volontari nel programma “Prima le mamme e i bambini”, volto a ridurre la mortalità materna e neonatale garantendo l’accesso gratuito al parto sicuro e la cura del neonato, attraverso servizi di qualità. Il progetto è ormai in avanzata fase di realizzazione e interessa 4 ospedali e 22 centri di salute periferici in 4 distretti di 4 Paesi africani: Angola, Etiopia, Tanzania, Uganda. Si rivolge a una popolazione di 1.300.000 abitanti con l’obiettivo di raddoppiare in cinque anni il numero dei parti assistiti, arrivando progressivamente a 125.000 parti negli ospedali e nei distretti di riferimento.

Un bilancio positivo grazie al lavoro di medici, ostetrici e infermieri specializzati, in 4 anni infatti il progetto ha prodotto grandi frutti: 102.147 i parti assistiti nei quattro ospedali interessati dal progetto e nei territori di riferimento, per un totale 204.294 mamme e bambini assistiti nel momento del parto; 236.661 le visite prenatali effettuate, a Chiulo in Angola, a Tosamaganga in Tanzania, a Wolisso in Etiopia e ad Aber in Uganda.

Per queste persone il Natale è prima di tutto una festa, un momento in cui la vita trionfa in tutta la sua meraviglia. La “natività” per eccellenza, quella rappresentata nel Presepe, non vuole essere solo una rievocazione cattolica di un episodio legato alla nascita della cristianità, ma piuttosto la celebrazione di una nuova vita che nonostante tutto riesce a farsi strada, in un contesto difficile, ostico e disagiato. Eppure a dispetto di tutte queste difficoltà il bimbo riesce a nascere e il miracolo della vita illumina la grotta e il paesaggio come una stella cometa.

Dunque, alla luce di quanto detto, non si può ignorare il senso del Natale, non lo si può imbrigliare in luoghi comuni nè burocratizzarlo privandolo del suo significato religioso.

La nostra storia, la nostra cultura, il nostro dna, sono scritti con questo linguaggio, tollerare nuove forme religiose, o rispettare la mancanza stessa della fede, non deve significare snaturare se stessi e cancellare il proprio passato.

Vuol dire convivere con diverse forme religiose e rispettare chi la pensa in modo differente.

Sai in quali condizioni sono prodotte le tue scarpe?

 
18 organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, provenienti dall’Europa, dalla Cina, dall’India e dall’Indonesia, lanciano la nuova campagna globale “Change your Shoes”, volta ad affrontare le violazioni sistematiche dei diritti umani che affliggono l’industria calzaturiera, tra cui le condizioni di lavoro non sicure e i salari da fame, nonché la necessità di una regolamentazione e di trasparenza.

 

Recenti disastri dell’industria tessile hanno messo in evidenza le spaventose condizioni di lavoro degli operai del tessile, del calzaturiero e degli accessori. Ad esempio i salari da fame sono una realtà purtroppo radicata, con circa il 2% del prezzo di un paio di scarpe pagato al lavoratore che le produce. Per non parlare dei rischi per la salute e per l’ambiente che si corrono in moltissime concerie a causa dell’utilizzo di Cromo III.

All’inizio dell’anno la campagna Change your Shoes ha commissionato alla Nielsen un sondaggio.
È risultato che il 50% dei cittadini europei ha scarse o nessuna informazione sulla produzione delle scarpe, nonostante la dimensione industriale del settore sia immensa, con oltre 22 miliardi di paia di scarpe prodotte nel solo 2013, l’87% delle quali in Asia.
Il sondaggio ha inoltre rivelato che il 63% dei cittadini ritiene che l’Europa dovrebbe imporre regolamentazioni sui beni che entrano nel mercato continentale per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori.

È sorprendente quanto poco conoscano i consumatori del settore calzaturiero. La campagna Change your Shoes si occuperà di sensibilizzare i cittadini, esercitare pressioni sui marchi e chiedere ai legislatori di affrontare quei nodi chiave che favoriscono il perdurare degli abusi, come la totale mancanza di trasparenza. L’Ue, come istituzione leader democratica, deve compiere passi concreti e implementare chiare regolamentazioni che salvaguardino i diritti dei lavoratori” dichiara Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti.

Change your Shoes è un’iniziativa europea che promuove una supply chain etica, sostenibile e trasparente.

Incoraggiamo i consumatori ad aumentare la consapevolezza sui pericoli dell’utilizzo di cromo e delle cattive condizioni di lavoro nelle concerie e nei luoghi di produzione. Collaboriamo con i sindacati e le organizzazioni dei lavoratori e li sosteniamo nella loro lotta. Incoraggiamo le marche di scarpe ed i rivenditori a pratiche più sostenibili per garantire migliori condizioni di lavoro“.

La campagna lancia inoltre una nuova App per smartphone invitando tutti e tutte a partecipare ad una marcia virtuale verso Bruxelles, chiedendo all’Ue di adottare le misure necessarie a garantire trasparenza nelle catene di fornitura calzaturiere.
L’applicazione può essere scaricata qui.

 

Per saperne di più clicca qui.

 
 

No Profit: Quando la musica e l’arte si uniscono per sostenere la ricerca contro il Parkinson

E’ stato presentato a Varese il programma dei prossimi appuntamenti dell’associazione No Profit WOODinSTOCK Music Art Connection. La Conferenza è stata introdotta dal dr. Massironi segretario generale della Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus.

WoodinStock è un connubio tra arte, cultura e sociale. Un progetto che sostiene la ricerca sul Parkinson attraverso l’organizzazione di eventi artistico-culturali che vedono la presenza di numerose star italiane ed internazionali.

L’idea di Luca Guenna, presidente dell’Associazione è quella di combattere la malattia del Parkinson “che lo ha colpito da qualche anno” attraverso la musica , l’arte e lo sport. I fondi raccolti attraverso le attività di WOODinSTOCK vengono devoluti ad associazioni e fondi per la ricerca sulla malattia del Parkinson. Dice Luca Guenna :”Si è costruito, dove non c’era nulla, qualcosa di concreto e vitale. Si è cercato di creare qualcosa d’impatto, in collaborazione con Associazione Parkinson Insubria. Tutti i nostri soci si sono dati da fare per contribuire alla ricerca contro questa brutta malattia. La fuori c’è comunque tanta brava gente pronta ad aiutare.Alessandro Gusmini vicepresidente dell’Associazione WOODinSTOCK ha presentato il programma delle prossime manifestazioni ed ha affermato: “Il 16 gennaio ci sarà un concerto a New York con Bruce Springsteen. Abbiamo la Masterclass, del grande chitarrista Andrea Braido , il 5 dicembre, presso la sede di SOS Laghi di Travedona Monate (VA). E’ uno dei più apprezzati chitarristi al mondo, il miglior musicista di Vasco Rossi e di tanti altri famosi artisti italiani: Ramazzotti, Celentano, Pausini, Mina , Zucchero… L’ingresso sarà di 25 euro, che saranno devoluti in beneficienza per la lotta contro il Parkinson. Già a partire da gennaio/­febbraio ci saranno tanti eventi, come il concerto con la sezione ritmica di Elio e le Storie Tese“.

A fine conferenza è stato anche presentato da Luca un altro suo progetto, ovvero il nuovo CD “Canto per te” che uscirà tra pochi giorni, scritto interamente in italiano, in collaborazione con importanti artisti.

Luca Guenna ha concluso dicendo :”Va aumentato lo sforzo del pubblico per comprendere la gravità di tale malattia. Il malato non deve chiudersi in casa ad informarsi tutto il giorno sui passi avanti della ricerca. Colui che ne è colpito deve dichiararsi, senza avere vergogna. La vita non è sempre liscia come la si vorrebbe. Chi ha il Parkinson deve farsi avanti, ad entusiasmarsi dei progetti dimenticando la malattia“.
Tratto da un articolo de “assesempione.info”

Scritto da: Ludovico Bandera

Preposizioni semplici per un volontariato di successo in una ONP

Cosa c’entra la grammatica col volontariato?

La preposizione (dal latino “praeponere” = porre davanti) crea legame tra parole e frasi, dando un senso compiuto al discorso. In generale le preposizioni semplici chiariscono la meta di un’azione, il senso di un progetto, l’identità. Applicando tutto questo al mondo no profit, è ben chiaro che esse sono di vitale importanza per un volontariato di successo, per una ONP che sappia chi è e cosa fa. Poniamole davanti ad ogni nostra scelta personale e di gruppo: saranno il motore propulsore del nostro essere per gli altri!

  1. DI. Questa preposizione contiene tutte le tue qualità, i pregi, i difetti, i punti di forza e di debolezza. Più conoscerai te stesso e migliore sarà il mix che farai con tutti questi ingredienti. Sarà quello che offrirai alla ONP e a chi riceverà il tuo aiuto. 
  2. A. chi ti rivolgi? A chi presti aiuto? Questa preposizione è come il navigatore di ogni tua scelta, è il test che ti dice se il tuo progetto sta in piedi o meno. Sì perché se crei un piano di fundraising senza pensare chi sono i beneficiari, è come se vendi ghiaccioli agli eschimesi: faresti solo ridere, e neanche tanto.
  3. DA. Ricordati che qualsiasi azione ha una sua radice in una ONP che si è prefissata una vision (il perché) e una mission (il come). La fedeltà a questi due elementi stabilisce il suo successo. Ecco perché è importante che le fondamenta della onp siano solide e indistruttibili. Tu la sposeresti una persona che non si ricorda come si chiama? Ma la onp non è sufficiente: io non ho mai visto una onp soffiarsi il naso o imprecare per il ritardo di un treno… La onp è fatta di persone, che ci credono, che donano tutte le loro energie fisiche e psichiche. Persone che aiutano altre persone.
  4. CON. È il cuore di tutto: tu con la ONP, tu con i volontari, tu con la gente che aiuti.         Il volontariato è fatto da collaborazioni e integrazioni, a vari livelli. Tu collabori con la ONP, fornendo tempo, energie, competenze, responsabilità. La ONP collabora con te, fornendoti esperienza, campi d’azione, tempi e modalità. La gente che beneficia del tuo aiuto collabora con te, dandoti la possibilità di crescere.
  5. SU. Senza entrare in una dimensione di fede (assolutamente personale e intima), questa preposizione semplice indica che ogni azione di volontariato porta un beneficio verso l’alto, una crescita positiva, non solo in chi aiuti e assisti, ma in te stesso e nella ONP attraverso cui agisci.
  6. PER. Simile alla A, ma con una sfumatura diversa: in questo caso si gioca in perdita, senza guardare a un risultato, senza attendersi un grazie, anzi, magari ricevendo un insulto. Essere per l’altro, favorirlo in tutto senza aspettarsi niente.
  7. TRA. Deriva da intra: dentro, insieme. Non sei solo, mai. E neanche le ONP sono sole: ce ne sono altre millemila che intervengono nei più svariati ambiti sociali educativi, sanitari, culturali, ecc. Questa preposizione invita ad essere capaci di collaborazione e integrazione, certi che come disse John Donne “nessun uomo è un’isola.
  8. FRA. Deriva da infra, sotto, in basso. Sei capace di metterti in secondo piano? Riesci a sacrificare una giornata in cui potevi stare stravaccato sul divano o dedicarti al tuo hobby per un ideale più alto, per dare consolazione a chi sta soffrendo? È la sfida che ti chiede il volontariato: accettala!

Luca Rubin

Se vuoi collaborare con Phi Fondation in qualità di content editor contattaci, saremo felici di prenderti a bordo…

QUANDO IL NO PROFIT FA PAURA

Ti faccio un regalo e tu ricambi con un altro regalo, collaboro con la tua azienda e tu finanzi un mio progetto, mi dai un passaggio e io ti offro un caffè: questo è l’andazzo generale, trattare qualsiasi scambio come un’azienda: do ut des, non siamo capaci di ricevere gratuitamente, di ricambiare con un grazie o un sorriso, tendiamo a mercificare tutto, anche l’amore, anche l’amicizia.

Il giornalista Fabrizio Rondolino che dice :

“Emergency è un’organizzazione politica antioccidentale mascherata da ospedale ambulante. Va isolata e boicottata.”

Questa affermazione va letta proprio nell’ottica di un pensiero univoco ed egoista che mercifica tutto e inibisce la capacità di vivere il clima meraviglioso e pulito del dono.

Il no profit ha tra i suoi valori fondamentali quello di essere presenza positiva di bene e di donazione, ovunque ci sia fame, miseria, povertà, malattia, guerra, in una parola: ovunque l’essere umano soffre. Desidera portare conforto, salute, istruzione, desidera che i diritti umani siano possibili per ogni persona, e non solo per alcuni.

Nel momento in cui una qualsiasi onp (grande o piccola che sia), interviene in una situazione di urgenza, scattano o possono scattare i pregiudizi: lo fa per soldi, chissà che intrighi ci sono, sono dei venduti al potere, ecc… Non si riesce a concepire che una persona o un ente realizzi qualcosa di bello e di buono in modo spontaneo e gratuito.

Nei casi più gravi, come nell’affermazione di cui sopra, si giunge a intralciare l’intervento di aiuto, screditando e boicottando. Questa è la morte del no profit, è la morte del bene.

In ogni caso riteniamo che sia quantomeno doveroso considerare tutto il bene fatto da Emergency e da tutte (ma proprio tutte) le altre onp del mondo, in modo sereno, con sacrificio e senza clamore. Bisognerebbe andare oltre i piccoli schemi mentali e aprirsi ad un respiro mondiale, che non ha mai ucciso nessuno, anzi, dà a tutti la possibilità di una vita migliore.

Infine un consiglio che rivolgiamo a tutti: provate anche voi a diventare volontari, magari proprio di Emergency, provate a mettervi in gioco e a provare un’esperienza unica ed esaltante. E’ il modo migliore per poter giudicare e valutare l’operato delle ONP e di chi, quotidianamente si sacrifica per il bene altrui.

 

Luca Rubin

SE IL TUO EVENTO NO PROFIT E’ UN FLOP…

Hai organizzato un evento no profit (una cena solidale, un banchetto, un qualsiasi evento di raccolta fondi), ed è andata male. Scarsa partecipazione, poco rendimento, morale a terra. Eppure eri così entusiasta! Hai condiviso sui social network, hai creato l’evento, forse avevi stampato inviti e locandine, avevi cercato di coinvolgere parenti e amici, ma niente, non è andata.

 

Cosa fare davanti a un fallimento? Essenzialmente tre cose: cogliere il lato positivo, annotare le magagne e ripartire!

 

Il positivo c’è sempre!

1) Non sei più quello di prima: l’organizzazione di questo evento ti ha formato, ti ha messo sul campo, hai capito “praticamente” come funzionano alcune cose, (per esempio come “funziona” un comunicato stampa”, ti sembra niente?). Il prossimo evento no profit ti troverà più pronto, puoi scommetterci!

 

2) Sai nuotare? Se in questa occasione hai improvvisato, hai detto “ma sì, poi vediamo”, hai delegato a chissà chi, chissà che cosa, bene, ora sai che questo atteggiamento è deleterio, perché se è vero che ci sono sempre gli imprevisti, non puoi fondare un evento su un mare di imprevisti: affondi subito!

 

3) Creare rete. E’ vero, hai ricevuto poche risposte, ma hai contattato molte persone, creato nuove relazioni di amicizia, potenziali collaborazioni: la prossima volta sai già da dove ripartire, chi contattare, con chi collaborare: niente è perduto!

 

 

Qualche rattoppo…

Dopo esserti un pò rincuorato e colto tutto il positivo, passa a vedere i punti deboli del tuo evento, gli ambiti che non hai curato, che hai lasciato al caso, o che hai gestito male.

 

Non c’è solo Facebook. Crei l’evento su Facebook, inviti i tuoi millemila contatti, anche quelli a 2000 km, dopodiché ti fermi a vedere se qualcuno “abbocca”. No, non funziona così. O non solo così. Esistono altri social network, esiste il giornale, la radio, la tv, una locandina… Esiste una stretta di mano e un sorriso, una pacca sulla spalla, un invito personale, senza pixel in mezzo: hai provato?

 

In quanti eravate? È vero che si possono raggiungere buoni risultati anche in solitaria, ma ti esponi a più rischi: tu sei uno e là fuori centomila, la tua energia non è infinita. Abbiamo sempre bisogno di confrontarci, di dire: “che ne pensi tu?” magari anche di scontrarci, per poi trovare una quadra. Lo stesso fallimento è vissuto in modo diverso se lo condividi con altri.

 

Con quale impegno? Penso che ormai tu lo abbia capito: le cose non si fanno da sole. Allora chiediti quanto ci hai creduto, quante energie hai investito, quanto tempo hai riservato (c’è stata almeno una notte insonne?) Operare nel no profit è come innamorarsi: se non senti le farfalle nello stomaco, stai coltivando un’amicizia tiepida, non un amore passionale!

 

 

È ora di rifare lo zaino e ripartire!

Abbiamo colto il positivo, abbiamo annotato le magagne. Ora ti do un consiglio spassionato: se ti fermi dopo un flop, confermi e timbri a fuoco che sei un buono a nulla, ma sai bene che non è per niente così! Riparti subito, rimettiti in gioco, centra un obiettivo e vai. Non da solo, ma vai. Come ti dicevo all’inizio, non sei più la stessa persona, il tuo zaino è più gonfio, di esperienze, di relazioni e competenze: riprendi la strada e vai: farai nuove esperienze, nuovi incontri e questa volta andrà sicuramente meglio. Buon viaggio!

 

PS: Se ritieni che manchi qualcosa, non avere timore, integra quanto ho scritto!

Phi Foundation

RI-DONO: progetto per riciclare e donare a chi ha bisogno

Sabato 31 ottobre, in piazza Ottinetti a Ivrea, si è svolto un evento di promozione, organizzato da Consorzio Copernico, in collaborazione con le cooperative Alce Rosso,  con le animatrici di Villa Girelli e di Andirivieni e con l’Atelier di ceramisti “Disabili, ma molto Abili” Laborarte Castellamonte.
L’evento è stato trasmesso live su Radio 105 nell’ambito di un programma sul crowdfunding.
 

Il progetto si chiama RI-DONO è il tentativo di trovare on-line, attraverso l’uso dei social media, il capitale necessario per rendere realtà un’idea che gli operatori delle cooperative del Consorzio hanno da tempo: riuscire a essere più efficienti, e quindi più efficaci, nella gestione della donazione di oggetti di seconda mano, usati, ma ancora integri e funzionanti.

 

Con RI-DONO si vorrebbe riuscire a donare
e RI-UTILIZZARE meglio.

Si saprebbe sempre cosa è disponibile là fuori, cosa possa essere riutilizzato invece di essere buttato, a quali oggetti si possa dare un nuovo significato, migliorando allo stesso tempo la qualità della vita di una persona.
Chi avrà qualcosa da donare invierà la foto e una breve descrizione al sito web Ri-dono e chi avrà bisogno di qualcosa (una bicicletta per andare la lavoro o anche solo per insegnare al proprio bimbo ad andarci) lo riceverà attraverso canali istituzionali.
Chi riceverà un regalo, avrà la possibilità di restituire qualcosa alla comunità attraverso il proprio lavoro. E alle persone che avranno donato verrà regalata una “Storia del dono“, raccontando sempre chi ha beneficiato della sua generosità e in che modo.

 
Cristina Arrò, presidente di Consorzio Copernico, spiega:

«I soggetti che si occupano di welfare si trovano in una condizione di estrema contrazione delle risorse economiche disponibili e, al tempo stesso, registrano un continuo incremento della domanda di assistenza. Il recupero, il riutilizzo e il dono di beni e materiali, organizzati in maniera efficiente, sono gli strumenti ideali.
Il modello è quello del recupero alimentare e del last-minute market.
Le associazioni e le imprese del terzo settore, infatti, vengono spesso contattate da privati cittadini disponibili a donare attrezzature, arredi, materiali e beni, ma nella maggior parte dei casi non riescono ad accettare il dono o a utilizzarlo in maniera efficace. Al contempo, ci si trova spesso in situazioni in cui si ha bisogno di un bene materiale in regalo e le associazioni, cooperative, servizi sociali non sanno dove reperirlo. Così abbiamo pensato di trasformare le bacheche che ci sono nelle sedi di molte organizzazioni che si occupano di welfare in una bacheca digitale, più visibile e più efficiente».

 

LE VOSTRE DONAZIONI avranno una ricaduta enorme: lanceranno un progetto innovativo, aiuteranno in maniera concreta, attraverso doni e lavoro, tante persone e proteggeranno anche l’ambiente!

 
Articolo tratto da #ri-dono

 
 

Il non-profit fa cose buone e giuste ma il non-profit non sa comunicare

Da qualche tempo, capita di prestare attenzione alle questioni inerenti la comunicazione e percezione del ruolo di Fundraiser e in generale il tema del Fundraising.

Abbiamo il privilegio di confrontarsi con nomi noti della raccolta fondi e sedersi ai tavoli di discussione sulla comunicazione “Fundraising Oriented” che ci permette di ampliare il campo visivo e di alimentare la percezione che abbiamo sulla raccolta fondi dedicata al non-profit e sulle opportunità, soprattutto in termini di sostegno ai più deboli.

Diventa fondamentale comprendere quanto conosciamo e come viene percepito il Fundraising orientato al Terzo Settore, di cui, tanto si parla ma poco si conosce.

Nonostante la fatica quotidiana, non siamo ancora stati in grado di modificare questa visione limitativa e limitante per la crescita del Fundraising orientato al terzo settore.

Ci chiediamo, quale sia davvero il problema.

Riteniamo, a torto, che il fatto stesso di occuparci di una buona causa sia sufficiente a farci ascoltare.
 

Non è così. Le buone cause sono sì condizione necessaria ma certamente non sufficiente.

 
Di più: così preoccupati e occupati a parlare di noi e dei nostri bisogni, arroccandoci su intenzioni, propositi e posizioni, finiamo con il perdere di vista il punto di vista degli altri.

Crediamo che in fondo siamo tutti un po’ affetti da una visione NONPROFIT – CENTRICA.

Proponiamoci sempre in modo professionale spazzando via i luoghi comuni che sviliscono il nostro contributo. Mettiamoci sullo stesso piano dell’interlocutore. Ascoltiamo, informiamoci, confrontiamoci costruttivamente e forse, saremo in grado di sostituire al concetto di beneficenza il termine di “valore produttivo di utilità sociale”.

Il Fundaraiser è l’arte di saper chiedere. Un po’ per vocazione e un po’ per diletto, tutti possono chiedere ma non tutti sanno chiedere.

Se sei una organizzazione non profit e desideri supporto o vuoi avviare una campagna di raccolta fondi, chiedi a PHI FOUNDATION (Social Fundraising Community).

 
 

Il Volontariato come risposta alla crisi economica

Ecco come il sindaco di una cittadina piemontese, Tigliole, ha pensato di far fronte all’emergenza economica della sua amministrazione e alla sempre maggiore necessità di dover soddisfare i bisogni e le necessità della sua comunità. “Le difficoltà economiche hanno come unica soluzione il volontariato, che in Italia è fortunatamente una risorsa che ogni giorno si mostra capace di supplire alle carenze del pubblico servizio.” Il sindaco Massimo Strocco Merlone ha aggiunto: “Un problema quasi irrisolvibile del Comune è la mancanza del personale necessario a prestare tutti i servizi sinora assicurati alla cittadinanza: inoltre, le incombenze aumentano sempre più, ma non possiamo assumere personale”.

E cosi, è stato rivolto un invito ai cittadini di Tignole: “Ricerchiamo cittadini attivi che vogliano rivestire un ruolo attivo nel proprio paese”.

“In una situazione di crisi come questa, l’unica risorsa possibile è quella di sperare nelle persone di buona volontà, che già sono molte, ma non bastano, per cui abbiamo pensato di rivolgere un invito alla popolazione; ci sono molte persone disponibili, che hanno del tempo a disposizione e magari non sanno delle necessità del Comune. Informandole ci auguriamo che arrivino altri volontari a darci una mano: inoltre, più si è, più il tempo da mettere a disposizione si riduce ed è quindi facile trovarlo”.

Questa dunque la ricetta del primo cittadino Tigliolese per affrontare in modo dignitoso e sociale la crisi economica in cui versa la sua amministrazione.

“I volontari potrebbero essere utilizzati in diverse mansioni, rispondenti a diversi progetti di “cittadinanza attiva”: ad esempio, nel progetto di educazione ambientale i volontari potranno occuparsi della gestione dell’eco-sportello presso la sede municipale, fornendo informazioni nel settore della raccolta e differenziazione dei rifiuti. Si potrà essere utili anche nella vigilanza presso la scuola primaria, assistendo all’entrata ed all’uscita dei bambini che frequentano la scuola di Pratomorone, rivestendo la figura del “nonno civico”; ci si potrà dedicare alla valorizzazione del patrimonio storico ed artistico locale in occasione di aperture straordinarie delle strutture più significative poste sul territorio (es. Chiesa romanica di San Lorenzo), ovvero durante mostre ed avvenimenti di particolare rilievo. Particolare importanza rivestono la cura e custodia degli spazi pubblici, che si potranno ottenere con la manutenzione ordinaria, anche con interventi di pulizia e piccola manutenzione di parchi e giardini pubblici, da effettuarsi in gruppi coordinati ed organizzati; infine, ci si potrà dedicare alla vigilanza ed al monitoraggio del territorio, un’attività di prevenzione che potrà essere realizzata anche con l’utilizzo dei mezzi di proprietà comunale”.

Dunque le idee e le proposte non mancano, e sicuramente altre ancora ne verranno col tempo, se il progetto dovesse cominciare a fornire i primi risultati. “L’impegno richiesto ai volontari potrà essere anche di poche ore mensili, non ci saranno vincoli di alcun genere ed ogni attività sarà organizzata tenendo conto delle esigenze di ognuno. Ai volontari sarà fornito tutto il necessario per la loro maggiore visibilità e saranno tutelati da un’assicurazione contro ogni possibile rischio derivante dalle attività svolte. La domanda di partecipazione a queste attività di volontariato potrà essere presentata al Comune di Tigliole, mentre altre informazioni potranno essere richiese all’Ufficio Tecnico comunale”.

Alle volte le soluzioni più semplici ai problemi più complessi sono a portata di mano, ma spesso manca la volontà per risolverli. Coinvolgere i cittadini direttamente in azioni tese al miglioramento della condizione collettiva, potrebbe diventare un esempio da seguire anche in paesi e città di dimensioni maggiori e potrebbe essere anche un modo per sensibilizzare la comunità verso problemi che riguardano un pò tutti, rendendo i cittadini partecipi, complici e responsabili della prosperità o del degrado del proprio comune.

Notizia tratta da: “La Nuova Provincia – Asti” di Renato Romagnoli