CUORE CHE PULSA: ITALIA CHE DONA

CUORE CHE PULSA: ITALIA CHE DONA

 

CUORE CHE PULSA 50 VOLTE AL MINUTO: ITALIA CHE DONA

Italia che dona ha un cuore che pulsa 50 volte al minuto con 50 donazioni al minuto, 50 scambi solidali che uniscono le persone e le mettono in relazione: che siano di tempo e aiuto (volontariato), biologiche (sangue o organi) oppure economiche (sia formali sia informali).

Italia che dona con un cuore che batte 50 pulsazioni al minuto è l’inedita stima fatta per celebrare il Giorno del Dono 2018 (4 ottobre).

C’è un cuore dell’Italia che batte 50 volte al minuto: è quello, grande, delle persone che scelgono di dare qualcosa di sé agli altri. Che sia sotto forma di tempo e aiuto, di natura biologica – sangue o organi – o economica, con donazioni monetarie.

 

CUORE CHE PULSA 50 VOLTE AL MINUTO: ITALIA CHE DONA

Celebriamo con questo dato (stimato), ma basato su autorevoli ricerche del Giorno del Dono 2018.

La ricorrenza è il 4 ottobre di ogni anno dal 2015, occasione per chiamare a raccolta la società civile e le istituzioni pubbliche per dare visibilità al tema del Dono e della Donazione in tutte le sue forme.

Scuole, Comuni, Associazioni, Imprese e cittadini insieme per costruire la mappa dell’Italia che dona, un Paese capace di reagire alle difficoltà mettendo al centro la bellezza del Dono: è partito così in questi giorni il 3° Giro dell’Italia che Dona, rassegna nazionale che raccoglie circa 180 iniziative realizzate dal 21 settembre al 7 ottobre.

“Noi doniamo – Le pratiche di donazione in Italia”

“Presentiamo questi dati che ci consegnano una stima delle più diffuse pratiche di donazione in Italia. Rappresentano uno specchio parziale della cultura del dono, ma fotografano un’Italia tenuta insieme da milioni di persone che ancora credono nella solidarietà e nella generosità e la praticano. Un termometro del dono e delle relazioni che costruisce: ci racconta l’Italia che è in prima linea a celebrare il Giorno del Dono e che deve continuare ad operare per allargare il suo perimetro e contagiare tutta la cittadinanza”.

L’Italia è ancora molto generosa.
La ricerca è basata su diverse fonti dati: sia statistiche ufficiali (Istat) sia fonti amministrative (Ministero della salute, Ministero dell’Economia e delle Finanze), ma anche di indagini ad hoc curate da istituti nazionali di ricerca come Doxa e GfK e l’Indagine sulle Raccolte Fondi.

La ricerca ha preso spunto da tre fondamentali domande:

Quanto è vasto l’universo dei donatori?

Quale è il profilo del donatore tipo?

Quanti gesti di donazione vengono compiuti in Italia fuori dalle reti familiari e amicali?

Il periodo di riferimento è stato il biennio 2016-2017.

Quasi 10 milioni sono i donatori di denaro alle organizzazioni non profit (dati GfK); altri 6,3 milioni donano denaro seguendo vie informali dati Doxa).

Altrettanto alti i numeri di coloro che donano il loro tempo e aiuto: 10,7 milioni partecipano alla vita delle associazioni e organizzazioni non profit frequentandone le riunioni, 6,9 milioni svolgono attività gratuita.

In 3 milioni, di cui 2,49 milioni in via esclusiva, fanno volontariato in modo informale, fuori dalle organizzazioni.

I donatori biologici sono la terza componente del sistema del dono: 1,7 milioni donano il sangue, 3,2 milioni hanno dichiarato il loro consenso alla donazione di organi e tessuti post-mortem.

Questi numeri danno evidenza al grande spazio che il dono nella forma delle donazioni concrete di tempo, denaro e biologiche ha nel mantenimento e nel rafforzamento della struttura della solidarietà civica.

Non è semplice stimare il numero complessivo delle persone che donano perché la stessa persona può donare in più modi e i dati di cui si dispone sono rilevati separatamente per ciascuna delle tre forme di donazione.

Ma per dare una misura dell’incisività del sistema dono è possibile aggregare i gesti di donazione nelle tre diverse modalità: si arriva, così, a calcolare una stima dell’entità del dono in Italia in un intero anno in 26 milioni di atti di donazioni, scambi tra persone che donano e persone che ricevono la donazione.

Che si tratti di tempo dedicato o di denaro, in rapporto alla popolazione vi è un gesto di donazione ogni due abitanti con una media di 50 gesti ogni minuto.

Le raccolte fondi nelle organizzazioni non profit
I risultati della 16° rilevazione su “L’andamento delle raccolte fondi nelle organizzazioni non profit (onp)” svolta su un campione di 121 ONP operanti in differenti ambiti.

Positivi i dati generali rispetto alle entrate totali, che confermano un trend di moderata ripresa delle donazioni che si è assestato dopo gli anni della crisi, ma sono in calo le raccolte fondi, soprattutto nel settore della cooperazione internazionale.

Il 42% delle ONP ha aumentato le proprie entrate totali nel 2017, mentre il 33% non ha avvertito alcun cambiamento.

Il 35% ha registrato invece una diminuzione.

Il calo più drastico riguarda le ONP che operano nella cooperazione internazionale.

“Negli ultimi anni avevano avuto prestazioni migliori o uguali al campione generale, mentre nel 2017 hanno registrato una performance di 5 punti percentuali inferiore”.

Ad aver abbandonato maggiormente il sostegno alle ONP che operano nella cooperazione internazionale sono soprattutto i privati cittadini: sono diminuite del 18% le ONP che migliorano la raccolta dagli individui e aumentate del 12% quelle che le perdono.

“Crediamo che sia il frutto di un clima sociale e mediatico ostile alle organizzazioni che fanno cooperazione internazionale che nel corso del 2017 è stato parte del dibattito più generale sull’immigrazione nel nostro Paese”.

“Nel 2017 la variazione delle entrate totali ha subito una polarizzazione più marcata: è confermato il trend di miglioramento per il 42% delle ONP, ma è aumentata considerevolmente la percentuale di organizzazioni con entrate inferiori all’anno precedente (passata dal 22 al 35%)”.

Rispetto alla sola raccolta fondi, nel 2017 il 36% delle ONP la ha aumentata, il 38% non ha registrato cambiamenti sostanziali e il 26% ha visto una diminuzione.

Un andamento negativo rispetto al 2016 in quanto sono meno le organizzazioni che hanno migliorato le performance (-7%) e più quelle che hanno raccolto meno (+4%).

L’indagine quantifica anche le fonti da cui proviene la raccolta fondi, confermando che sono i privati cittadini (43%) la fonte più corposa seguita dalle aziende (11%), gli enti di erogazione e fondazioni (9%), la pubblica amministrazione (9%), le fondazioni di origine bancaria (4%), le fondazioni di impresa (2%).

“In crescita le difficoltà delle ONP a trovare nuovi donatori: sono il 33% quelle che faticano ad attrarre e fidelizzare nuove persone. Rispetto al 2018 le stime son prudenti: il 51% delle ONP stima un trend invariato, il 27% una regressione e il 24% un aumento”.

 

PHI FOUNDATION SOCIAL INNOVATION COMMUNITY

 

Alessandro Roma

PHI Foundation

RIGENERARE I BENI COMUNI: È UN DONO

RIGENERARE I BENI COMUNI: È UN DONO

 

Rigenerare i Beni Comuni: un dono al territorio

 

Rigenerare i beni comuni è un dono per il territorio: con il racconto di tante opere di recupero, rigenerazione e cura, PHI Foundation insieme a l’Istituto Italiano della Donazione e Fondazione Cariplo ha aperto le due settimane del dono, che culmineranno nella celebrazione del Giorno del Dono 2018, il prossimo 4 ottobre.

Anche quest’anno vogliamo raccontare il volto migliore del Paese, quello che nelle difficoltà non dimentica il valore del dono

È un movimento attivo e copioso: dalle scuole, i Comuni, le associazioni e le imprese che partecipano al #DonoDay2018 ”.

Con lo strumento del bando Emblematici Provinciali Fondazione Cariplo ha deciso di investire sulla sfida della Cura e della Rigenerazione dei Beni Comuni

Si tratta di cogliere un’opportunità di innovazione e sperimentazione che può aprire la strada a modelli integrati e partecipati di gestione di bisogni e risposte delle nostre comunità. Questa iniziativa vede le Fondazioni di Comunità in prima linea, come piattaforme di attivazione e cooperazione tra cittadini, ente pubblico, terzo settore e imprese su temi quali l’assistenza sociale, la promozione della cultura e la tutela dell’ambiente. Il comune denominatore è un nuovo paradigma di condivisione e di corresponsabilità che mira alla sostenibilità e permette una strategia condivisa di azione e di impatto su tutto il nostro territorio di riferimento.

Enti privati che operano dal 1998 con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle comunità e promuovere al loro interno la cultura del dono, della partecipazione e della solidarietà, le Fondazioni di Comunità – da poco divenute 16 con la costituzione della Fondazione di Comunità di Milano Città, Sud Ovest, Sud Est e Adda Martesana – sono antenne attive sul territorio, fondamentali per la realizzazione dei progetti mediante il sostegno alla costruzione di reti solidali. La cura e valorizzazione di Beni Comuni abbandonati o degradati è stata inserita per il triennio 2016-18 tra i temi del bando Emblematici Provinciali, che Fondazione Cariplo dedica alle iniziative in grado di produrre un impatto significativo sulla qualità della vita e sullo sviluppo del territorio di riferimento. Come ha illustrato Filippo Petrolati, referente del progetto Fondazioni di Comunità, sono oggi 15 i progetti avviati in quest’ambito.

Si tratta, in sostanza, di un dono che le comunità rivolgono ai propri territori. Un fenomeno in crescita, come rilevato da Labsus, il laboratorio per la sussidiarietà il cui presidente Gregorio Arena ha esortato: “Dobbiamo continuare a coltivare una società fondata sulla cura e concepire l’Italia come un bene comune, che come tale è per definizione fragile e condiviso”. Ad aprire una rassegna di alcuni dei progetti già in corso è stato Domenico Peluso del Consorzio Forestale Lario Intelvese, che col supporto della Fondazione Provinciale della Comunità Comasca sta valorizzando la tradizione agricola della sponda occidentale del Lago di Como con il recupero di alpeggi e terrazzamenti tra Cernobbio, Laglio e Tremezzina. L’obiettivo non è solo il coinvolgimento della comunità, ma anche la prevenzione del dissesto idrogeologico. A Seveso, la Fondazione della Comunità Monza e Brianza collabora con Natur&-onlus, che sin dal 2000 gestisce gli spazi di Villa Dho, centro assistenziale e culturale aperto alla cittadinanza. Con l’intervento in atto – ha sottolineato la direttrice Gemma Beretta – sarà ristrutturata la Casa del Custode, disabitata da dieci anni e destinata all’uso abitativo e di accoglienza nella rete del privato sociale. A Brescia, infine, la Fondazione della Comunità Bresciana ha sposato l’obiettivo di creare “Un rifugio e un bosco per tutti” nel territorio del Rifugio Valle Mompiano, di proprietà della Bobo Archetti Fondazione onlus. Il presidente Marco Palamenghi ha ripercorso la storia dello stesso rifugio e della polveriera militare attigua, in abbandono da più di 30 anni, che diverranno spazi funzionali e aperti ai cittadini.

Ufficialmente il via il 3° Giro dell’Italia che dona.

Più di 180 iniziative organizzate da Comuni, organizzazioni non profit, imprese e accomunate dal filo conduttore del dono punteggiano la mappa di tutto il Paese e compongono un fitto calendario di appuntamenti da oggi al 7 ottobre.

 

RIGENERARE I BENI COMUNI: È UN DONO

 

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Alessandro Roma

PHI Foundation

CAMPAGNA GIORNO DEL DONO 2018

CAMPAGNA GIORNO DEL DONO 2018

 

Parte da Milano la campagna per il Giorno del Dono 2018

 

CAMPAGNA GIORNO DEL DONO. È tutto pronto per celebrare il Giorno del Dono, la ricorrenza istituita a livello nazionale nel 2015 al fine di diffondere la cultura del dono e fissata per il 4 ottobre di ogni anno.

Come sempre PHI Foundation e l’Istituto Italiano della Donazione sono in prima fila nell’organizzazione e ha programmato una serie di eventi che porteranno il Giorno del Dono 2018 in tutta Italia, da nord a sud.

Le “due settimane del dono” partono, com’è ormai tradizione, con una tappa milanese realizzata da PHI Foundation insieme a IID e Fondazione Cariplo.

Allo Spazio Oberdan il prossimo il tema del dono è stato declinato nel programma di recupero e valorizzazione dei Beni Comuni, dal 2016 uno dei filoni prioritari del bando Emblematici Provinciali e, dunque, dell’impegno di Fondazione Cariplo.

Un dono ai territori, raccontato dai suoi protagonisti: gli enti coinvolti e le rispettive Fondazioni di Comunità hanno presentato alcuni degli interventi realizzati in questi anni.

L’incontro milanese è stato anche l’occasione per il lancio ufficiale del 3° Giro dell’Italia che dona.

Anche quest’anno abbiamo chiamato a raccolta scuole, Comuni, associazioni e imprese. La risposta è stata ancora più generosa degli anni scorsi. Sono più di 350 gli enti partecipanti a #DonoDay2018, con tantissime iniziative organizzate nelle due settimane del dono”.

Le stesse iniziative sono anche oggetto di un voto on line: è possibile sfogliare tutti i programmi e dare un like agli eventi preferiti.

I vincitori dei rispettivi contest #DonareMiDona Comuni, Non Profit e Imprese saranno premiati il 4 ottobre al Teatro Ghione di Roma.

Con loro, sono saliti sul palco anche gli studenti autori dei video e dei lavori artistici più votati dei contest per le scuole, già realizzati nei mesi scorsi.

Il programma non si esaurisce qui: il 28 settembre il Giorno del Dono ha incontrato gli studenti di Catania in una giornata realizzata in collaborazione con Fondazione Ebbene. Il 3 ottobre a Roma verrà invece presentato il progetto di un Osservatorio Permanente sul Dono in Italia. Sarà anche l’occasione per conoscere i dati della XVI indagine dell’Istituto sugli andamenti delle raccolta fondi nelle organizzazioni non profit italiane.

 

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Alessandro Roma

PHI Foundation

BILE DELL'ORSO

BILE DELL’ORSO: ORSI DELLA LUNA

BILE DELL’ORSO: ORSI DELLA LUNA

 

Bile dell’orso: orso della luna

PHI Foundation insieme animals asia foundation

chi siamo

perché siamo

 

Cina, Vietnam, Corea

Si calcola che tra Cina, Vietnam, Corea ad altre nazioni in Asia circa 20.000 orsi neri asiatici, meglio conosciuti come orsi della luna, siano allevati e torturati per soddisfare la richiesta di bile del mercato asiatico.

 

Dripping

Rinchiusi in gabbie grandi quanto il loro corpo, gli animali vengono munti giornalmente con l’ausilio di un rudimentale catetere di metallo conficcato nella cistifellea o mediante il cosiddetto metodo free dripping, che prevede l’apertura di profonde ferite nell’addome dalle quali il prezioso liquido defluisce lentamente.

 

Medico Veterinario

Tutte le operazioni avvengono in totale assenza di requisiti igienici, senza il supporto di alcun medico veterinario o l’uso di farmaci anestetici. Normalmente, ogni due impianti riusciti si contano due decessi per complicazioni di vario genere.

 

Jill Robinson

Fondata dall’inglese Jill Robinson, nel 1998, Animals Asia è l’unica organizzazione internazionale non governativa che si batte per mettere fine alle fattorie della bile nel sudest asiatico, riscattando gli orsi e ospitandoli nei suoi santuari in Cina e in Vietnam.

 

Aniamals Asia

Animals Asia lavora con lo scopo di promuovere il cambiamento e lo sviluppo attraverso l’educazione e l’informazione, ricercando in collaborazione con i governi nazionali, le autorità locali e le comunità, soluzioni sostenibili a lungo termine.

 

La bile di orso

La bile di orso è un ingrediente molto apprezzato dalla Medicina Tradizionale Cinese e viene impiegato come antinfiammatorio nelle sue preparazioni da più di 3000 anni, nonostante siano disponibili numerosi rimedi erboristici e di sintesi.

 

Alternative

Entrambe le alternative sono economiche, facilmente reperibili e soprattutto più sicure per la salute pubblica. La bile, infatti, viene estratta da animali affetti da gravi patologie ed è contaminata da pus, sangue, urina, feci e altro materiale biologico.

 

La bile estratta, inoltre, non subisce alcun processo di raffinazione.

 

Ursodesossicolico

Il suo principio attivo, l’acido ursodesossicolico (UDCA), venne sintetizzato per la prima volta in un laboratorio giapponese nel 1954. La sua efficacia è scientificamente dimostrata nel trattamento delle malattie del fegato.

 

UDCA

L’UDCA sintetico è sicuro per la salute umana, non ha effetti collaterali, non contiene derivati animali e ha costi di produzione ridotti. L’UDCA è usato in tutto il mondo per curare cirrosi primarie, calcoli alla cistifellea, epatiti autoimmunitarie e tumori al colon. Ironicamente, in Asia si consuma più UDCA sintetico che bile di orso.

 

Giappone, Cina e Corea consumano complessivamente 100 tonnellate di bile sintetica all’anno. Il consumo mondiale totale è di circa il doppio.

 

Veerboristiche

Secondo l’Associazione Cinese di Medicina, Filosofia e Ambiente esistono almeno 54 alternati veerboristiche alla bile di orso tra cui l’edera, il tarassaco, il crisantemo, la salvia ed il rabarbaro.

 

Bevande energetiche

Oggi la richiesta locale di bile di orso è di circa 4 tonnellate, mentre la produzione di estratto secco si aggira intorno alle 7 tonnellate, quasi il doppio rispetto alla domanda, incentivando così i produttori a impiegare la bile nella preparazione di beni di largo consumo come lozioni, shampoo, vino, tè, bevande energetiche e unguenti di varia natura.

 

Questi prodotti vengono esportati illegalmente in tutto il mondo, Europa compresa.

 

Orso nero

L’orso nero asiatico, Ursus Thibetanus, è una specie tutelata dalla CITES, la convenzione internazionale sul commercio delle specie animali e vegetali in via di estinzione, che ne vieta e regola l’esportazione e l’importazione non autorizzate.

 

China Wildlife

Nel giugno del 2000 Animals Asia, con il sostegno della China Wildlife Conservation Association(CWCA), conclude il primo storico accordo firmato tra una organizzazione internazionale non governativa e il Governo Cinese nell’ambito dell’animal welfare.

 

Il trattato prevede la liberazione dei primi 500 esemplari detenuti e impegna le autorità locali a ritirare progressivamente le licenze.

 

Governo Cinese

Oggi Animals Asia è il solo interlocutore del Governo Cinese in materia di bear farming e l’unico al quale è consentito operare all’interno dei confini nazionali, mentre oltre il 70% del territorio cinese è farm-free.

 

Vietnam

In Vietnam, diversamente dalla Cina, l’allevamento degli orsi è illegale dal 2002, ma si stima che oltre 1.200 esemplari siano ancora detenuti e sfruttati nelle fattorie della bile a causa delle normative farraginose e delle difficoltà nell’attivazione dei controlli.

 

2006

Nel 2006 Animals Asia sottoscrive con le autorità vietnamite uno accordo quadro che decide la liberazione di 200 orsi e formalizza la volontà del governo a contrastare concretamente questa industria.

 

2007

A luglio del 2017 Animals Asia ha firmato il Memorandum of Understanding con il governo Vietnamita, nel quale si dichiara la liberazione di tutti gli orsi dalle fattorie della bile entro un arco di tempo di cinque anni.

 

Sichuan

Animals Asia ha costruito e gestisce due santuari nella provincia del Sichuan, in Cina, e nel parco Nazionale di Tam Dao vicino a Hanoi, in Vietnam, entrambi premiati quale modello internazionale di eccellenza.

 

300 operatori

Animals Asia impiega oltre 300 operatori qualificati in tutto il mondo e rappresenta un indotto economico di straordinaria portata per le comunità in cui opera nel continente asiatico.

 

Hong Kong

Animals Asia ha sede a Hong Kong. Il nostro obiettivo è quello di informare l’opinione pubblica e promuovere la diffusione di una coscienza etica e consapevole rispetto al tema della sofferenza animale e la tutela dell’ambiente. In Italia Animals Asia è una ONLUS registrata. www.animalsasia.org

 

 

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PHI Foundation

Daniela Bellon

STUDENTI PER PARLARE DI DONO

STUDENTI PER PARLARE DI DONO

 

COSI GLI STUDENTI DIVENTANO ARTISTI PER PARLARE DI DONO

 

Così gli studenti diventano artisti e registi per parlare di dono: Il dono scatena la fantasia degli studenti delle scuole italiane: migliaia di ragazzi sono diventati in questi mesi registi e artisti per raccontare la loro idea o esperienza di solidarietà.

 

Il risultato sono 50 opere che partecipano al contest #DonareMiDona Scuole, rivolto per il Giorno del Dono agli istituti scolastici italiani.

 

INIZIATIVA DI COLLABORAZIONE

 

L’iniziativa, promossa dall’Istituto Italiano della Donazione (IID) in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (Miur) e PHI Foundation entra nel vivo: sono aperte le votazioni on line che designeranno i progetti vincitori nelle varie categorie.

 

SFOGLIARE I PROGETTI

 

Per tutta l’estate, fino al 9 settembre, tutti potranno accedere a giornodeldono.org/scelta-contest, sfogliare i progetti pubblicati e assegnare un like ai propri preferiti sia per il video contest riservato alle scuole secondarie – giunto alla quarta edizione – sia per l’inedito “Racconta la tua idea di dono – Parole e immagini”, riservato alle scuole primarie.

 

OPERE ARTISTICHE

 

“La risposta delle scuole – afferma il presidente di PHI Foundation Sebastiano de Falco – è stata ancora più convinta: i ragazzi hanno tradotto nei loro “corti” o nelle loro opere artistiche i molteplici significati del dono.

 

GIOVANI AUTORI

 

Molti lavori di questa edizione prendono spunto da esperienze di vita dei giovani autori, restituendo il ritratto di una generazione più impegnata e appassionata ai temi della solidarietà di quanto spesso si pensi”.

 

SCUOLA DI VOLONTARIATO

 

È il caso, per esempio, dei tanti contributi giunti dalla Provincia di Napoli, dove ogni anno il Centro Servizi per il Volontariato, con il programma “Scuola e Volontariato”, permette a centinaia di ragazzi di sperimentare un periodo di impegno nelle associazioni del territorio.

 

Un’iniziativa virtuosa che già viene replicata altrove, a cominciare dalla Sicilia, un’altra regione che ha risposto con grande partecipazione al contest.

 

80 SCUOLE PARTECIPANTI

 

Le scuole di tutta Italia, del resto, hanno accolto l’invito lanciato da PHI Foundation: le 80 scuole partecipanti rappresentano ben 15 regioni che hanno aderito al Giorno del Dono.

 

Il 2018 è anche l’anno del debutto delle scuole primarie nel Giorno del Dono.

 

PAROLE E IMMAGINI

 

La sezione “Parole e immagini” mostra la capacità dei bambini di raccontare la cultura del dono in modo semplice quanto efficace.

 

Una galleria di lavori artistici, poesie, disegni e soprattutto tanto colore perché donare – come afferma una delle classi coinvolte – è anche “tirare fuori tutta l’allegria”.

 

APPUNTAMENTO

 

I progetti primi classificati in ciascuna categoria saranno premiati nell’ambito degli eventi per il Giorno del Dono, il4 ottobre a Roma.

 

Saranno assegnati contestualmente anche i riconoscimenti della Giuria tecnica, composta da esperti – tra gli altri – del, MIUR e RAI Responsabilità sociale.

 

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Alessandro Roma

PHI Foundation

Animatori al Grest

La storia

Quella che sto per raccontarvi è una bella storia che ha per protagonisti: Barry, Adama, Abdelmalik  e Alpha,  quattro richiedenti asilo di diciotto anni provenienti dal cuore dell’Africa: Niger, Guinea, Costa d’Avorio.

Sono stati accolti sul finire del 2017 nel Verbano nella comunità di Arizzano e in quest’estate 2018 stanno vivendo un’esperienza come animatori ai Grest organizzati dalle parrocchie di Ghiffa e Trobaso, un’esperienza che loro stessi definiscono meravigliosa.

Occhi scuri, profondi, che ti osservano e che non lasciano indifferenti, parlano poco, un po’ per timidezza, un po’ per timore;  tutti e quattro ripetono più volte la stessa parola: grazie.

Grazie Italia, grazie a tutti – afferma Barry. – In queste tre settimane a Ghiffa siamo stati accolti come fratelli, ci siamo sentiti a casa”.

La lingua italiana l’hanno imparata nei mesi scorsi grazie al corso attivato dal Centro provinciale per l’istruzione degli adulti, superando anche in modo positivo  l’esame, “Quando come equipe abbiamo pensato a questo tipo di esperienza – racconta Riccardo Brezza, coordinatore del centro di accoglienza di Arizzano – l’obiettivo era proprio quello di aiutarli a inserirsi nel tessuto sociale, a farli sentire accolti. E, da quanto emerge dai loro racconti, sembra che questo sia avvenuto”.

Cosa significa GREST

I GREST (anche acronimo di GRuppo ESTate o Gruppi Ricreativi ESTivi) sono vacanze educative organizzate da parrocchie e oratori e consistono in periodi di animazione, giochi, gite e laboratori che si svolgono durante il periodo estivo.

L’attività

Da quattro settimane, ogni mattina Barry, Adama, Abdelmalik e Alpha si recano chi a Trobaso, chi a Ghiffa, per stare con gli altri ragazzi dell’oratorio, vivere l’esperienza di animatori come tanti loro coetanei italiani.

Il fatto che siano musulmani non è un ostacolo. “Forse eravamo noi ad essere timorosi e prevenuti – dice Brezza – L’altra settimana uno di loro è rientrato alla sera al centro con un braccialetto ricevuto durante la giornata all’oratorio, con riportato sopra il nome di Gesù. Io l’ho scrutato per capire se fosse motivo di disagio. Lui mi ha risposto che non c’era problema, che essere musulmano non era motivo per non andare al Grest”.

Una storia di integrazione, dicevamo che sta arricchendo tutti quanti: “Gli animatori sono contenti. racconta don Angelo Nigro, parrocco di GhiffaNon mancano le occasioni per trascorrere del tempo con loro anche al di fuori del Grest. L’altro giorno sono andati a fare il bagno nel lago insieme; una sera, al termine della giornata di giochi, hanno raccontato qualcosa del loro paese, condividendolo con noi. Averli qua è un’esperienza positiva, che spero possa proseguire nel tempo”.

Se lo augura anche don Adriano Micotti parroco di Trobaso “I ragazzi si sono affezionati, anche ai più piccoli e spesso li vedo che chiacchierano insieme”.

Il futuro

La strada è in discesa ora per tutti e quattro i nostri protagonisti, resta solo  l’attesa di conoscere se la domanda di asilo verrà accolta. Poi un posto all’oratorio di Trobaso e Ghiffa per loro ci sarà sempre.

Intanto si godono questi ultimi giorni di Grest, tra giochi e danze ad attenderli c’è un campetto di calcio, un bans con i bambini più piccoli, una passeggiata nei boschi.

L’Italia per loro è questa e se la tengono stretta al cuore.

 

Luca Brigada

PHI Foundation

TEMPO: CONOSCERE IL VALORE DEL TEMPO

TEMPO: CONOSCERE IL VALORE DEL TEMPO

 

TEMPO: LA FELICITÀ NON SI TROVA NEI SOLDI, MA NEL TEMPO

 

Tempo: Sapete cos’è il tempo.  Fin da bambini siamo portati a credere che i soldi facciano la felicità.

Riversiamo il nostro desiderio di sentirci appagati con il possesso degli oggetti, come se fossero effettivamente l’origine del benessere.

Cresciamo convinti che il possesso delle cose ci rendano felici e di conseguenza diventiamo ossessionati dal denaro.

Perché senza denaro, non possiamo acquistare tutti quegli oggetti che vediamo dappertutto: in televisione, sui social network, sui giornali, indosso alle persone famose e sorridenti.

Fin dalla tenera età, ci convinciamo che il denaro sia il bene più prezioso.

Non solo iniziamo a giudicare gli altri in base a questo parametro (più ne hai, più vali), ma facciamo dei soldi la nostra ossessione.

Per molti, l’equazione “+ denaro = + cose = + felicità” è una verità intoccabile.

Il problema è che tutti noi, prima o poi, ci ritroviamo in un punto della nostra vita nel quale il denaro non conta assolutamente niente.

E quando ci arriviamo, ci rendiamo conto che c’è un bene molto più prezioso. Il tempo perduto!

 

L’importanza del Tempo!

Non esiste niente di più importante del Tempo.

Quante volte abbiamo detto “Se potessi, darai via tutto ciò che possiedo per avere più tempo”.

Il bene più importante non è il denaro ma il tempo!

I soldi si possono accumulare e perdere. Si può essere ogni giorno più ricchi o più poveri. Gli oggetti si acquistano, si rompono e si buttano per acquistarne altri.

Si può sempre trovare un modo per aumentare il proprio denaro o i propri beni, ma non c’è nessun modo per aumentare il proprio tempo a disposizione.

Sembra scontato, vero?

Eppure non lo è.

Pensaci: fin dall’infanzia siamo stimolati a inseguire tante cose, ma non il tempo.

Ci viene detto di studiare per ottenere un bel lavoro, che ci permetta di comprare una casa grande e un’automobile potente.

Quando diventiamo adulti, quell’istinto è ancora dentro di noi, più forte che mai, infatti non scegliamo il lavoro che più ci piace e gratifica, ma quello che paga meglio.

Il falso mito che vuole la ricchezza materiale uguale alla felicità ci contagia da piccoli e ci spinge, da grandi, a non dire mai di no di fronte all’opportunità di fare soldi. Anche quando non ne avremmo alcun bisogno. Anche a scapito delle nostre relazioni, delle nostre passioni e della nostra salute.

Più lavoriamo e più siamo euforici, perché non pensiamo ad altro che al denaro che guadagneremo. Ma in realtà si tratta di un’illusione. Forse la più grande illusione dei nostri tempi.

Mentre insegui il denaro, il tempo passa inesorabile!

Lavori, lavori e lavori, inseguendo una ricchezza che non sarà mai sufficiente. Perché se quando hai zero ti sembra fantastica la prospettiva di avere 100, quando finalmente hai 100 pensi che sarebbe grandioso avere 1.000. E quando arrivi a 1.000 ti chiedi: “Perché non arrivare a un milione?”

Nel frattempo, il tempo passa. Inesorabile.

Le giornate filano via senza lasciare traccia. Sono tutte maledettamente uguali, perché si basano su attività ripetitive: ogni giorno ti rechi a lavoro e ripeti sempre le stesse azioni. Giorno dopo giorno, decennio dopo decennio.

Ci sono persone molto fortunate, che adorano il proprio lavoro. In loro abbiamo sempre visto una felicità rarissima: quella di occupare il proprio tempo e guadagnarsi da vivere facendo ciò che amano.

La stragrande maggioranza degli esseri umani, però, non è felice del proprio lavoro.

Il paradosso di preferire il denaro al tempo!

Tanti si svegliano ogni mattina con il malumore e si presentano a lavoro nervosi. Quando capiscono di essere insoddisfatti, hanno una sola possibilità per tirare avanti: anestetizzare la mente.

Rendere la mente impermeabile a quei pensieri pericolosi (uno su tutti: “non è che sto buttando la mia vita?”) è l’unico modo per continuare ad inseguire il guadagno materiale. Ed è quello che tutte le istituzioni ci mettono in testa fin da piccoli: la fatica, le rinunce, le sofferenze, il mito del “portare la croce” sono caratteristiche necessarie per venire ricompensato (forse) un domani.

Ma il denaro che ricevi in cambio non è in grado di comprare il tempo perso ad essere infelice e insoddisfatto.

Uno dei più grandi paradossi dei nostri tempi risiede nel pensiero fisso di milioni di persone quando sono sul posto di lavoro:

Spero che oggi il tempo passi in fretta

Non è forse assurdo?

Come si può sperare che l’unico bene impossibile da recuperare o acquistare finisca velocemente?

Sembra pura follia, eppure, quando si è accecati dall’idea di guadagnare soldi, anche questo ragionamento appare sensato. Purtroppo non lo è.

L’idea che la felicità sia legata al denaro, si basa su un’altra grande illusione.

 

Non invidi i soldi dei milionari, ma il loro tempo!

Tutti invidiano i milionari, ma per il motivo sbagliato. Crediamo di ammirare le loro vite per i soldi che hanno in banca, in realtà non è così: ciò che invidiamo è il tempo che hanno a disposizione.

Sai perché vorresti essere il milionario di turno? Al fine di possedere il tempo di fare ciò che vuoi!

Gran parte delle persone sono costrette a lavorare almeno cinque giorni su sette, spesso otto ore al giorno. È un’attività logorante, che priva di energie e tiene lontani i nostri sogni di felicità.

Ciò che differenzia davvero i milionari da tutti gli altri non sono le auto di lusso e le ville con la piscina. Il loro bene più prezioso non è il denaro, ma il tempo che hanno a disposizione per fare ciò che vogliono.

Il denaro, di per sé, non rende felici. Se lo crediamo è perché ci siamo fatti convincere che avere tanti soldi significhi avere più tempo da dedicare a noi stessi, ai nostri cari e alle nostre passioni.

In realtà la felicità si trova ben lontana dalla superficialità del materialismo.

 

La felicità è nelle emozioni, non nelle cose!

Pensa ai momenti più belli della vita.

Uno dei motivi per cui partecipiamo a PHI Foundation è condividere il vero senso della felicità.

Che non sta nelle cose, ma nelle esperienze, nelle sensazioni, nei rapporti con gli altri.

Niente di tutto ciò deve per forza avere a che fare con il denaro.

 

La felicità non è costosa è gratis!

In certi casi il denaro aiuta a essere felici. È inutile negarlo.

La vera domanda è un’altra: è davvero necessario essere ricchi per essere felici?

La risposta è una sola: No!

Moltissime esperienze meravigliose sono alla portata di tutti.

Ci fanno sentire vivi, pieni di gioia, realizzati.

Ci rendono felici.

Pensa a quando ci siamo innamorati per la prima volta, oppure a quando abbiamo raggiunto un importante traguardo o semplicemente abbiamo fatto ridere un’altra persona.

Quanto eravamo felice in quei momenti?

 

Riempi la tua vita di emozioni e sarai felice!

Si può essere davvero felici anche senza avere niente.

C’è chi vive di sole emozioni ed esperienze.

E se ci sembra di non esserne in grado, magari perché siamo stati corrotti da anni di educazione improntata al consumo e all’importanza del denaro.

Il piacere di aiutare o donare il proprio tempo per rendere felici chi non lo è più.

Devi essere milionario per provare queste sensazioni? No!

 

La felicità è nel tempo, non nel denaro!

Ciò che ci serve davvero è il tempo.

Il tempo di esplorare, conoscerci, innamorarci, sentirci pieni di vita.

Il tempo è il bene più prezioso che abbiamo e dovremmo dargli la nostra priorità.

Dovremmo scegliere un lavoro che ci piaccia profondamente e valorizzi il tempo che abbiamo a disposizione.

Un’esistenza vissuta a pieno non è quella di chi passa quarant’anni rinchiuso in quattro mura a digitare cifre di fronte a uno schermo.

Quando vai in pensione e sei privo di forze, non saprai che fartene di tutti i soldi accumulati.

Il vero scopo della vita non può mai essere il semplice arricchimento monetario.

Ciò che ci farà sorridere, da anziani, sarà guardarci indietro senza rimpianti ma con il cuore pieno di ricordi meravigliosi.

Non si può comprare la consapevolezza di aver dato un senso al nostro percorso in questo mondo.

 

Imparare ad essere come il tempo!

È vero: cercare di avere più tempo non è facile.

Ma vale la pena provarci, perché il tempo scorre inesorabile.

Al tempo non importa niente del denaro, delle responsabilità, delle apparenze, di ciò che gli altri ritengono giusto.

E a volte anche noi dovremmo essere come il tempo: semplicemente dovremmo scorrere inarrestabili verso la nostra felicità.

 

PHI FOUNDATION SOCIAL INNOVATION COMMUNITY 

 

Natalia Agafonova

PHI Foundation

NEUROBLASTOMA: SPERANZA CONTRO I TUMORI

NEUROBLASTOMA: Dalla lotta al neuroblastoma una speranza contro i tumori infantili

 

NEUROBLASTOMA: Parte #Donafuturo, la prima campagna nazionale di raccolta fondi in occasione del Giorno del Dono 2018 dove è stato premiato il progetto dell’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma

 

Neuroblastoma è un tumore dei bambini che rappresenta la prima causa di morte per malattia in età prescolare. In Italia si registrano ogni anno circa 150 nuovi casi. La ricerca ha fatto importanti passi avanti nella comprensione della malattia e dei meccanismi che lo generano: diagnosi sempre più corrette e protocolli di cura moderni e personalizzati. Tuttavia solo un terzo dei bambini sopravvive alla forma più aggressiva, quella che si presenta con metastasi a scheletro e midollo. Un’opportunità per la ricerca contro il neuroblastoma dipende anche dall’aiuto che gli italiani decideranno di dare all’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma. È stata tale associazione, composta da genitori e oncologi con l’obiettivo di sostenere la ricerca su questa e altre forme di tumori cerebrali pediatrici, a vincere il bando per la raccolta fondi nazionale promosso dall’Istituto Italiano della Donazione in collaborazione con UBI Banca nell’ambito della campagna per il Giorno del Dono 2018. Un’iniziativa inedita, intitolata #Donafuturo: promuove per la prima volta un’azione concreta a sostegno di una causa per celebrare la ricorrenza del 4 ottobre. La campagna di raccolta fondi sarà attiva da oggi fino al 20 settembre e la cifra raccolta verrà consegnata durante le celebrazioni del 4 ottobre a Sara Costa, presidente dell’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma.

“Questa iniziativa – ha spiegato Sebastiano de Falco presidente della PHI Foundation – rafforza e fornisce ancora più concretezza alla campagna nazionale che portiamo avanti per il Giorno del Dono. L’obiettivo è quello di far crescere la cultura del dono in Italia: una raccolta fondi per sperimentare cure sempre più efficaci per questa malattia è un segno importante, da coltivare e promuovere per donare un futuro a tutti i bambini”. “L’area dell’infanzia e dei minori è stata la scelta di PHI Foundation per avviare la nuova linea di impegno della campagna per il giorno del dono. Siamo lieti che l’iniziativa stia riscuotendo attenzione e interesse da parte di molti soggetti e ci auguriamo che più persone possibile diano un loro concreto contributo sostenendo il progetto di ricerca contro il Neuroblastoma“.

Il neuroblastoma è considerato dal mondo scientifico un ottimo modello di studio: riuscire a guarirlo significa poter estendere i risultati a tutti i tumori pediatrici. A raccontare il progetto e la speranza che genera è stata la presidente dell’Associazione, Sara Costa: insieme ad altri genitori e due medici è stata lei a fondare l’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma il 23 luglio del 1993, a seguito della malattia del figlio Luca che lo ha portato alla morte dopo alcuni anni. Da allora l’impegno di Sara Costa per dare una possibilità ai bambini ammalati di cancro non si è mai fermato e l’associazione ha contribuito in maniera determinante ai progressi della ricerca.

 

L’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma O.N.L.U.S è un ente senza scopo di lucro nato nel 1993 all’Istituto G. Gaslini di Genova, per volontà di genitori e oncologi, con l’obiettivo di sostenere la ricerca scientifica sul Neuroblastoma e sui Tumori Cerebrali Pediatrici. Da allora fedele alla propria mission ha portato avanti il proprio impegno nell’informare sulle patologie, creare il collegamento tra i centri di cura e di ricerca, potenziare i mezzi a disposizione nella cura di queste gravi neoplasie per trovare nuove terapie e cure personalizzate, per garantire una rapida e corretta diagnosi e un approccio terapeutico mirato a ogni singolo paziente.

 

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Alessandro Roma

PHI Foundation

20 MAGGIO TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA

ELSA FORNERO VA IN PENSIONE: PRIVILEGIATA

ELSA FORNERO VA IN PENSIONE: SONO UNA PRIVILEGIATA

 

L’EX MINISTRO ELSA FORNERO VA IN PENSIONE, MA NON CON LA LEGGE FORNERO: “SONO UNA PRIVILEGIATA

 

Il prossimo 1 novembre Elsa Fornero andrà in pensione, paradossalmente il suo congedo non è regolamentato dalla legge che porta il suo nome.

 

Docente universitaria di Economia Politica, Elsa Fornero è stata ministro del lavoro e delle politiche sociali dal 2011 al 2013 durante il governo tecnico affidato a Mario Monti. In questi due anni la docente ha avuto il tempo di stilare e far approvare una riforma sulle pensioni che ha visto modificarsi l’età pensionabile. Lo scorso 7 maggio l’ex ministro ha compiuto 70 anni e a partire dal prossimo 1 novembre avrà raggiunto il limite massimo di insegnamento universitario ed andrà in pensione. La curiosità, però, è che il limite imposto dalla legge in questo campo non è stato modificato con la riforma che porta il suo nome ed in occasione del suo compleanno, il ‘Corriere della Sera‘ ne ha approfittato per chiederle il perché di questa mancanza legislativa ed un parere sulla sua esperienza politica. Si tratta di una stortura? Non proprio, poco prima dell’approvazione della Legge Fornero l’età pensionabile dei docenti universitari era già stata abbassata di due anni, anticipando di fatto i provvedimenti che la legge avrebbe apportato a tutte le altre categorie lavorative.

 

Elsa Fornero e l’ètà pensionabile: “Sono una privilegiata”

 

Intervistata dal Corriere, la Fornero ha spiegato come sia arrivato anche per lei il momento adatto per andare in pensione e dedicarsi con passione alla famiglia ed alla cura di se stessa. Immancabile, dunque, la domanda sulla regolamentazione dell’età pensionabile dei docenti che, per stessa ammissione dell’ex ministro, non è stata toccata dalla legge Fornero. Il perché di questa mancata regolamentazione lo spiega la stessa autrice della legge: “La riforma non ha modificato il limite massimo di età pensionabile dei docenti universitari, che già una decina di anni fa era stato abbassato da 72 a 70 anni”.

 

Proseguendo il suo discorso, la Fornero spiega che in realtà avrebbe avuto la possibilità di andare in pensione già 5 anni fa, quando è terminato il suo incarico come ministro, ma in quel momento l’idea di abbandonare il lavoro non le sembrava giusta: “Se fossi andata in pensione subito dopo aver cessato l’incarico di ministro, esattamente cinque anni fa, avrei avuto una pensione più che doppia rispetto a quella che avrò come professoressa, ma ho preferito andare avanti”. Insomma etica del lavoro prima del compenso economico, l’ex ministro infatti, parlando del mancato abbassamento dell’età pensionabile dei docenti, dichiara: “Io mi considero una privilegiata. Ho sempre amato moltissimo insegnare, confrontarmi con i giovani, dare agli studenti gli strumenti per addentrarsi in un mondo molto complesso andando oltre le semplificazioni”.

 

A conclusione dell’intervista la professoressa Fornero commenta la legge sulla pensione, dicendosi sicura che in futuro tutti potranno capire l’importanza di quella riforma e godere dei vantaggi da essa derivanti: “Quella riforma in quel momento era necessaria. Con il tempo, si può realizzare una maggiore flessibilità nell’età di pensionamento, accompagnata da una variazione nella pensione, più alta per chi va in pensione più tardi”.

 

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Sebastiano de Falco

PHI Foundation

 

 

 

 

 

 

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI 

 

QUI IN ITALIA, IL NOSTRO GOVERNO FAVORISCE I MOLTI INVECE DEI POCHI: E PER QUESTO VIENE CHIAMATO DEMOCRAZIA  

 

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI 

 

Le leggi qui in Italia assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi italiani non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo stato, ma non come atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

 

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI

 

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace a modo suo. Noi italiani siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi situazione anche di pericolo. Un cittadino italiano non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

 

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI

 

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevano offesa. e ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

 

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI

 

Un uomo che non si interessa allo Stato noi italiani non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui in Italia siamo in grado di giudicarla. Noi italiani non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi italiani crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, oggi proclamiamo che l’Italia sia la scuola d’Europa e che ogni italiano cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che l’Italia è aperta al mondo e noi italiani non cacciamo mai uno straniero.

 

DEMOCRAZIA: QUI IN ITALIA NOI FACCIAMO COSI

 

TRATTO DAL DISCORSO DI PERICLE AGLI ATENIESI NEL 461 A.C, sostituendo la parola “Atene” con “Italia” – la parola “Ateniesi” con “Italiani” e la parola “Noi” con “Noi Italiani”.

 

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Sebastiano de Falco

PHI Foundation

 

 

 

9 MAGGIO TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA

ACADEMY: CORSI DI FORMAZIONE A COSTO ZERO

Da alcuni anni, PHI Foundation sta portando avanti un progetto originale e innovativo denominato PHI Academy.

Lo scopo del progetto è insegnare a scrivere correttamente sul web, secondo le logiche SEO, attraverso un percorso pratico e diretto, in linea con il nuovo modello anglosassone “learning by doing“.

A CHI SI RIVOLGE PHI ACADEMY?

PHI Academy è un programma rivolto a chi ha già esperienza di scrittura digitale e vuole perfezionarla, o anche a chi non ha mai avuto la possibilità di approcciare le tematiche della SEO e del web content, ma ha come sogno nel cassetto quello di diventare un web editor.

COME FUNZIONA PHI ACADEMY?

PHI Academy è un percorso semplice e intuitivo, durante il quale i candidati, dopo un breve corso on line personalizzato, cominciano a produrre articoli secondo le logiche SEO, ovviamente coerenti con la linea editoriale di PHI Foundation.

Ogni articolo sarà valutato insieme ad un esperto, corretto, analizzato e infine, se risulterà idoneo, sarà pubblicato e ricondiviso su tutti i canali social di PHI Foundation.

Durante tutto il percorso, il candidato sarà affiancato da un tutor che lo indirizzerà alle logiche semantiche del web, e lo supporterà durante tutto il corso, correggendo e ottimizzando i lavori prodotti e stimolando e supportando il candidato nella ricerca dei contenuti e nella  stesura degli articoli.

QUANTO DURA IL CORSO?

Il corso (o percorso) di PHI Academy, non ha un limite temporale, ma numerico, ovvero, da analisi e studi svolti internamente, abbiamo valutato che 30 articoli possa essere un numero adeguato di lavori realizzati da permettere al candidato di essere autosufficiente nella scrittura per il web, in maniera corretta ed efficace.

A COSA MI SERVE IL CORSO DI PHI ACADEMY?

Al termine del corso, al candidato che avrà pubblicato almeno 30 articoli, verrà rilasciato un attestato di partecipazione da PHI Foundation e un documento con tutti i risultati di comunicazione conseguiti dai suoi articoli sul sito web e sui canali social.

La partecipazione al corso, oltre a perfezionare le competenze di scrittura digitale del candidato, può servire anche ad arricchire il curriculum personale e a potersi candidare per ruoli di web content presso editori o agenzie di comunicazione, oppure poter sviluppare progetti personali in ambito digitale.

Infine, è un ottimo strumento per migliorare la personal branding in quanto tutti gli articoli potranno essere pubblicati con in calce la firma dell’autore.

QUANTO COSTA IL CORSO?

Il corso di PHI Academy NON COSTA NIENTE!

Il percorso è totalmente gratuito e senza impegno. Il progetto PHI Academy infatti, rientra nel programma No Profit di PHI Foundation ed è uno dei servizi gratuiti che la fondazione eroga all’interno della sua mission.

COME CI SI ISCRIVE?

Per partecipare al programma è sufficiente visitare il sito di PHi Foundation nella sezione PHI Academy e compilare il format di iscrizione gratuita previsto.

Successivamente, un nostro incaricato vi contatterà direttamente e valuterete insieme tempistiche e modalità dello sviluppo del corso, che sarà comunque erogato in modalità “home working” , ovvero, senza doversi muovere da casa propria o dalla propria città.

 

Dunque cosa aspetti? Se il tuo sogno è sempre stato quello di imparare a scrivere per il web correttamente, se hai dei progetti o ambizioni personali in ambito digitale, se vuoi ricollocarti nel mondo del lavoro o semplicemente vuoi perfezionare le tue conoscenze SEO, iscriviti al corso di PHI Academy.

Scrivere è una passione ed un mestiere che si può imparare, noi ti aiutiamo a farlo.

 

PHI Foundation

 

 

AEROPORTO: UN GIORNO QUALUNQUE

In Aeroporto un giorno

Aeroporto: storie di tutti i giorni

Accadde un giorno in un grande aeroporto, dove, una ragazza stava aspettando il suo volo in una sala di attesa e poiché avrebbe dovuto aspettare per molto tempo, decise di comprare un libro per passare lietamente il tempo che volle accompagnare con dei gustosi biscotti acquistati al bar dell’aeroporto.

Si accomodo nella sala di attesa dell’aeroporto al fine di trascorrere una tranquilla attesa.

Accanto a lei c’era la sedia con i biscotti e dall’altro lato un signore che stava leggendo il giornale, quindi tutto sereno.

Quando la ragazza inizio a prendere il primo biscotto, per sua meraviglia, anche l’uomo accanto ne prese uno, suscitando indignazione nella ragazza la quale non disse niente e continuo a leggere il suo libro.

La ragazza penso, tra se e se,ma tu guarda quest individuo sfacciato e maleducato, qualora avessi un po più di coraggio gli darei un pugno sul naso ….

Cosi ogni volta che la ragazza prendeva un biscotto, anche l’uomo accanto ne prendeva uno senza fare un minimo accenno di disagio.

La situazione continuo fin tanto non rimase che un solo biscotto e la ragazza penso’, adesso voglio proprio vedere cosa mi dice quando saranno finiti tutti i biscotti!!!

L’uomo prese l’ultimo biscotto e lo divise a metà offrendolo gentilmente alla ragazza, la quale, penso …. questo è troppo e comincio a sbuffare indignata, raccolse le sue cose, il libro, la borsa e si incammino verso l’uscita della sala di attesa.

Quando si senti un po meglio e la rabbia era passata, si sedette in una sedia lungo il corridoio principale dell’aeroporto per non attirare troppo l’attenzione ed evitare altri dispiaceri che turbassero la sua serenità riconquistata.

Chiuse il libro per riporlo in borsa e quando ………. nell’aprire la borsa vide che il pacchetto di biscotti era ancora tutto intero nel suo interno.

Senti tanta vergogna e capi’ solo allora che il pacchetto di biscotti uguale al suo era dell’altro signore seduto accanto a lei che pero aveva condiviso i suoi biscotti con lei, senza sentirsi indignato, nervoso o superiore, al contrario di lei che aveva sbuffato e addirittura si sentiva ferita nell’orgoglio.

LA MORALE

Quante volte nella nostra vita abbiamo mangiato o mangeremo i biscotti di un altro senza saperlo?

Prima di arrivare ad una conclusione affrettata e prima di pensare male delle altre persone, GUARDA attentamente le cose, molte spesso non sono come sembrano!!!!

Esistano 5 cose che nella vita non si RECUPERANO:

Una pietra dopo averla lanciata;

Una parola dopo averla detta;

Un’opportunità dopo averla persa;

Il tempo dopo esser passato;

L’amore per chi non lotta.

 

PHI FOUNDATION SOCIAL INNOVATION COMMUNITY

 

Sebastiano de Falco

PHI Foundation

30 MARZO TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA

TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA 31 DICEMBRE 2017

AI: VERSO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ……

AI: Perchè la sostenibilità dell’inteligenza artificiale è destinata a diventare sinonimo della Social Innovation?

L’Intelligenza Artificiale (AI) è pronta a scatenare la prossima rivoluzione industriale. 

 

AI: Il sentiero verso la Social Innovation

Mentre i benefici dell’IA sul posto di lavoro sono evidenti, l’impatto sull’occupazione a breve termine è previsto, quasi universalmente, per essere disastroso. Ma questa immagine è troppo semplicistica e ha bisogno di un nuovo aspetto. Ecco perché l’evoluzione dell’occupazione e del posto di lavoro nel prossimo mezzo secolo potrebbe essere molto più gentile e molto più interessante di quanto si pensi.

C’è una narrativa universale e ben nota che circonda l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro. 

Ecco la versione breve.

Man mano che l’IA diventa sempre più sofisticata, le aziende lo useranno per sostituire gli umani in sempre più posti di lavoro. I veicoli autonomi renderanno i conducenti umani non solo non necessari, ma l’opzione pericolosa. I chatbots sono sulla buona strada per diventare consulenti dei clienti molto più efficienti, almeno per semplici query, di quanto potrebbero mai essere le persone. Un’IA può già individuare il cancro nelle scansioni CT meglio di un radiologo umano.

Idealmente, le persone sfollate dall’IA si riqualificheranno e troveranno un impiego alternativo. 

Ma, così va la storia, il numero complessivo di posti di lavoro diminuirà. 

Gli sfortunati che lottano per trovare lavoro saranno legioni.

 

“Se lo scopo dell’intelligenza artificiale è quello di raggiungere un’utopia in cui non abbiamo bisogno di posti di lavoro a tempo pieno, sembrerebbe che si stia sviluppando a un ritmo più veloce di quanto la società possa ristrutturarsi per gestire”

AI: Il problema della produttività

Ma questa storia ha un buco nella trama. Se l’intelligenza artificiale è destinata a causare una crescita economica senza precedenti, il tasso di crescita economica degli Stati Uniti, ad esempio, dovrebbe aumentare dal 2,6% al 4,6% nel 2035, guidato da un aumento della produttività fino al 40%, che sta per consumare tutto quel prodotto in più se molte persone non possono più permettersi di farlo?

Fortunatamente, questo potrebbe essere un problema che costringe la sua soluzione. 

Le aziende semplicemente non vanno bene quando l’offerta supera la domanda, e quindi, per loro e per i dipendenti che sostituiscono, i tempi necessari per adattarsi al nuovo paradigma possono essere intollerabili a meno che le organizzazioni non introducano misure proattive per l’implementazione di IA sostenibili. Queste misure saranno necessarie non solo per impedire che i dipendenti sfollati diventino indigenti, ma anche per garantire che le aziende abbiano sempre abbastanza clienti in grado di acquistare i loro prodotti e servizi mentre l’IA aumenta la produttività.

 

AI: Responsabilità Sociale d’Impresa e Social Innovation i veri investimenti intelligenti

L’obiettivo di sostenibilità dell’IA evidenzierà una serie di opportunità d’investimento d’impatto, nonché le imprese da evitare.

I più attraenti saranno le aziende che hanno un programma di sostenibilità AI chiaramente definito come parte del loro più ampio programma di responsabilità sociale d’impresa (Social Innovation).

Queste sono le organizzazioni che avranno riconosciuto sia i potenziali benefici socioeconomici che i pericoli della proliferazione di intelligenza artificiale, e si sono impegnati a promuovere il primo ea mitigare quest’ultimo. Tali programmi fisseranno misure per l’introduzione responsabile dell’IA, che potrebbe includere l’assegnazione di priorità alle applicazioni che offrono chiari vantaggi per il cliente rispetto a quelle che offrono semplicemente risparmi sui costi; limitare la velocità con cui l’IA può essere introdotta per consentire ai dipendenti, alle imprese e alla società di adeguarsi; e la gestione di programmi di riconversione e riqualificazione per i lavoratori sfollati.

Poi ci sono quelle aziende che probabilmente continueranno ad assumere persone anche se l’IA diventa onnipresente. Affinché l’IA si assuma il peso dell’amministrazione, la forza lavoro può essere mobilitata per concentrarsi su lavori che sosterranno il nostro invecchiamento popolando emotivamente. La medicina e l’assistenza sociale si concentreranno maggiormente sui bisogni fisici ed emotivi del paziente. I servizi finanziari saranno incentrati sulle relazioni umane. E l’opportunità di creare un salto di qualità nella qualità e nell’enfasi dell’istruzione non può essere sottovalutata.

AI: Creare una nuova società orientata alla Social Innovation

Quando si tratta di una nuova enfasi per l’educazione, un perno verso la creatività sarà un elemento centrale del puzzle.

Non solo l’apprendimento della creatività può migliorare cose come QI, rendimento scolastico e abilità verbali; può cambiare radicalmente il modo in cui vediamo il mondo. E, quando si tratta di lubrificare il cambiamento della società verso il nuovo paradigma dell’IA, un focus sulla creatività preparerà la prossima generazione per un panorama di lavoro completamente nuovo.

Mentre l’intelligenza artificiale può già creare opere d’arte, inclusi dipinti e musica, che sono indistinguibili dalle opere d’arte create dagli umani, ci sono dei limiti. Il primo è che mentre gli algoritmi alla base dell’IA diventano sempre più complessi, in definitiva sono solo degli algoritmi. Ciò significa che qualsiasi lavoro creativo prodotto da un’IA è semplicemente un remix della creatività degli umani; un complesso abbastanza da sembrare un’opera originale; ma tuttavia, completamente derivato.

Un’IA puramente algoritmica non può replicare i balzi creativi euristici delle persone necessarie per le riforme all’ingrosso della struttura concettuale coinvolte in opere veramente originali e la nascita di nuovi generi di arte, musica o cucina.

In breve, non abbiamo ancora assolutamente idea di come costruire un’intelligenza artificiale che possa fare cose che non sappiamo ancora come fare, un punto che è rilevante per la creatività in ogni campo, non solo per le opere d’arte.

Poi c’è la limitazione della coscienza. Lasciando da parte la questione delle macchine coscienti (che si trovano nel mezzo del loro stesso campo minato etico), l’arte è più che l’artefatto.
Quando consumi un lavoro creativo, visivo, udibile o commestibile, entri in una comunione con il creatore un trasferimento di informazioni ed emozioni dalla loro coscienza alla tua tramite l’opera d’arte, una qualità che è completamente intangibile e non può essere replicata da un’IA. Saresti in grado di creare la stessa connessione con il tuo romanzo preferito se un giorno venissi a sapere che è stato calcolato da algoritmi inconsci?

Infine, c’è la questione del valore. Con l’arte generata dal computer, l’offerta sarà funzionalmente infinita rispetto alla domanda. Non così con l’arte generata dall’uomo. È sicuramente ovvio anche agli uomini d’affari più laici che (certamente non cosa) creeranno sempre l’arte più preziosa.

L’IA creativa, quindi, ha una barra molto più ampia da raggiungere rispetto alla mera estetica prima che possa soppiantare la creatività umana.

Infatti, date le domande di domanda e offerta e la magia della comunione consapevole, potrebbe essere un ostacolo che non potrà mai superare. È probabile che le industrie creative diventino sempre più importanti nei prossimi decenni, sia in termini di continuare a fornire agli esseri umani occupazione e, cosa forse più importante, significato.

AI: Social Innovation e Responsabilità Sociale d’Impresa

È possibile che il nostro viaggio verso un mondo in cui le nostre preoccupazioni materiali siano minimizzate, e il tempo a nostra disposizione per occupazioni significative sia massimizzato. In effetti, come nel caso dei cambiamenti climatici, le apparenti prospettive a breve termine della rapida proliferazione dell’IA smentiscono la potenziale gravità dei costi a lungo termine per le imprese e per i dipendenti. Sarà, quindi, sicuramente evidente a tutti, tranne alle organizzazioni più miopi, che è nell’interesse di tutti facilitare un cambiamento regolare e sostenibile orientato verso la Social Innovation in considerazione della Responsabilità Sociale d’Impresa.

Pertanto, è necessario adottare un approccio basato sul buon senso, proattivo e basato sul valore, per ridefinire la forma dell’occupazione umana. Come per l’agenda ambientale, ciò significa vedere la sostenibilità dell’IA e trovare il valore reale e continuo nel lavoro umano, non solo come le cose giuste da fare, ma anche come un’evoluzione verso l’innovazione e quindi Social Innovation.

 

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Sebastiano de Falco

PHI Foundation

TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA 17 DICEMBRE 2017

IL NUOVO IMPERO DI POVERI E GLOBALIZZATI

IL NUOVO IMPERO DI POVERI E GLOBALIZZATI 

NUOVI POVERI GLOBALIZZATI

 

I banchieri centrali non hanno mai fatto tanti danni all’economia mondiale quanti ne hanno fatti in questi ultimi dieci anni. Possiamo anche dire che finora non hanno mai avuto tanto potere per farlo. Se i loro predecessori avessero avuto questo potere… chissà? Comunque, l’economia globale non è mai stata più interconnessa come lo è oggi, soprattutto per effetto dell’avanzamento del globalismo, del neoliberismo e forse anche della tecnologia. Ironia della sorte, tutti e tre questi fattori vengono continuamente magnificati come forze del bene. Ma gli standard di vita per molti milioni di persone in Occidente sono scesi – o sono pieni di incertezze – mentre milioni di cinesi ora hanno un livello di vita migliore. Alle persone in Occidente hanno detto di guardare a questo come ad uno sviluppo positivo; dopo tutto, permette di comprare prodotti che costano meno di quelli che produrrebbero le industrie nazionali. Ma insieme al loro posto di lavoro nella produzione, è sparito anche tutta la loro way of life, il loro modello di vita. O, piuttosto, si è nascosto dietro un velo di debiti, tanto da non poter credibilmente negare che circa tre quarti degli americani hanno difficoltà a pagare le bollette. Cosa che sicuramente non succedeva dagli anni ’50 e ’60.

In Europa occidentale questo è un po’ meno evidente, o forse è solo in ritardo, ma con il globalismo e il neoliberismo, che sono ancora le religioni economiche dominanti, non ci sarà via d’uscita. Che è successo? Beh, noi non facciamo più le cose. Ecco Mensa socialetutto. Dobbiamo comprare da altri tutte le cose che ci servono: sempre di più. E di conseguenza non abbiamo nemmeno le competenze per fare altre cose. Siamo diventati dipendenti, per la nostra sopravvivenza, da nazioni che stanno dall’altra parte del pianeta. Dipendenti da nazioni che sono interessate solo a venderci le loro cose, se le possiamo pagare. Nazioni che vedono le richieste di salario interno salire e che – dovranno – farci pagare i loro prodotti a prezzi sempre più alti. E noi non avremo altra scelta che pagare. Ma possiamo pagare solo con quello che possiamo prendere in prestito – come nazioni, come imprese e come individui. Dobbiamo prendere in prestito perché, come nazioni, come società e come individui noi non facciamo più le cose. È un circolo vizioso con cui la globalizzazione ci ha benedetto. E da cui – ci viene detto – potremo uscire solo se riusciremo a crescere ancora. Cosa che non possiamo fare, perché noi non facciamo nulla.

Quindi ci affidiamo ai banchieri centrali per gestire la crisi. Perché ci viene detto che loro sanno come gestirla. Non lo sanno, ma fingono di saperlo. Però, a leggere bene tra le righe, ammettono la loro ignoranza. A Janet Yellen, poche settimane fa, è scappato di dire che non ha idea del motivo per cui l’inflazione è debole. Mario Draghi ha detto più o meno la stessa cosa. Perché non lo sanno? Perché conoscono solo i modelli attuali, che non vanno più bene, perché non si adattano. E i modelli sono tutti quelli che hanno. Nel settore bancario centrale i modelli economici sono più importanti del buon senso. La Fed ha almeno un migliaio di dottorati PhDs sotto contratto. Ma la Yellen, il loro capo, continua a sostenere che “forse” sono sbagliati i modelli che dicono che se cresce l’inflazione aumentano i salari. Non hanno idea del perché i salari non crescano.

Perché i Migrantimodelli dicono che invece dovrebbero crescere. Perché loro hanno tutti un lavoro – i 1000 dottoroni ben pagati. E questo è tutto quello che hanno da dire. Dicono che il fatto che i salari non aumentano è un mistero.

Io dico che quelli per cui questo è un mistero non sono le persone giuste per fare il lavoro che fanno. Se si esportano milioni di posti di lavoro in Asia, si sposta anche il potere negoziale dei lavoratori e li si spinge a fare dei lavori di merda e senza nessun benefit, allora c’è solo un risultato possibile. E questo risultato non include né inflazione, né crescita dei salari. L’unico risultato possibile, invece, è una erosione continua delle economie. Il mantra globalista afferma che riempiremo lo spazio che perdono le nostre economie offrendo posti di lavoro migliori, nel settore dei servizi e nel settore della conoscenza. Ma la realtà non segue il mantra. La maggior parte dei nuovi posti di lavoro non sono sicuramente “migliori”. E mentre aspettiamo di vedere questi posti di lavoro migliori, salutiamo i clienti di Wal-Mart, vediamo che i robot cominciano a prendersi cura di quel poco che ci rimane della nostra capacità produttiva e i servizi pronta consegna eliminano dagli scaffali anche quello che restava nei nostri magazzini di mattoni e di calce. Sì, questo significa che stiamo perdendo anche i lavori “di minor qualità”.

Nel frattempo i cinesi, che ora fanno i nostri vecchi lavori, sono stati capaci di farli grazie ad una folle quantità di inquinamento prodotto. E come se non fosse abbastanza, recentemente, solo per mantenere in vita il loro nuovo magico paradiso produttivo, sono stati costretti a prendere in prestito tanto quanto abbiamo preso in prestito noi – a livello statale, a livello di governo locale e ora anche a livello individuale. In Cina, le funzioni del credito sono come gli oppiacei in America. Milioni di persone che non erano mai entrate in contatto con le cose – e avrebbero continuato a viver bene anche se non ci fossero mai entrate in contatto – ora sono state agganciate. Ma sono stati agganciati anche i governi locali, che hanno creato un sistema bancario ombra che minaccerà presto Pechino; ma per i cittadini, questo, è un fenomeno relativamente nuovo. E si vede gente che dice cose come: “Se non compri un appartamento oggi, non te lo potrai mai più permettere”; oppure: “Una persona senza un appartamento non ha futuro a Shenzhen”.

Sappiamo tutti che è sbagliato, ma i cinesi sono gente che ha visto solo che i prezzi dei beni salgono, e che non ha mai pensato che esistono delle città fantasma, e che ha pochi altri modi per parcheggiare i soldi che si guadagna, grazie al lavoro importato dagli Stati Uniti e dall’Europa. Pensano, senza avere mai dubbi, che i loro salari continueranno a crescere, proprio come il “valore” degli appartamenti. E’ gente che non ha mai visto i prezzi scendere. Ma se noi dobbiamo prendere soldi in prestito per permetterci di comprare i prodotti che (i cinesi) fanno per ripagare i soldi che hanno preso in prestito per comprare i loro appartamenti, allora siamo tutti in difficoltà, siamo tutti in mezzo ai guai. E allora è la stessa globalizzazione ad essere in difficoltà. I beneficiari assoluti, i proprietari della globalizzazione saranno in mezzo ai guai. Anche se lo saranno non prima di essersi pappati la maggior parte dei frutti del nostro lavoro. Che cosa ci farete, poi, con tutti i vostri miliardi, quando il tipo di società che avevate conosciuto quando siete cresciuti saranno state sradicate dal processo stesso che vi ha permesso di fare quei miliardi? Da qualche parte però, quei miliardi dovranno andare!

Se quei 1000 dottoroni vogliono studiare un nuovo modello, potrebbero cominciare da qui. La globalizzazione provoca molti problemi. Il fatto che il lavoro scompaia dalle società – in modo che i cittadini di queste società possano però acquistare gli stessi prodotti per pochi centesimi di meno, se vengono in Cina – è un grande problema. Ma il problema principale della globalizzazione è quello finanziario: i soldi svaniscono continuamente dalle società, che devono indebitarsi sempre più per non regredire. La globalizzazione, come qualsiasi tipo di centralizzazione, fa questo: chiede soldi lontano, li chiede alle “periferie”. Il modello di Wal-Mart, McDonald’s, Starbucks ha già portato via lavoro, negozi e soldi incalcolabili dalle nostre società, ma non abbiamo ancora visto nulla. L’avvento di Internet farà prendere gli steroidi a quel modello; ma perché bisogna lasciare che un gruppo di capitalisti-avventurieri di Silicon Valley gestisca certi affari, come Uber o Airbnb, anche nel posto in cui viviamo noi, quando noi potremo farlo benissimo e utilizzare i profitti di questi affari per migliorare la nostra comunità, invece di lasciarla diventare più povera?

Vedo che, nel Regno Unito, Jeremy Corbyn ci aveva già pensato, e aveva fatto bene. La Gran Bretagna può diventare la prima grande vittima del lato oscuro della centralizzazione e, dopo essere uscita dall’organizzazione che l’appoggia – l’Unione Europea – l’idea di Corbyn di creare una cooperativa locale per sostituire Uber è proprio il modo di pensare di cui avrà bisogno. Ma perché devi accentrare tanti soldi e tanta capacità produttiva e poi lasciare tutto nel posto in cui si vive? Non si riuscirà mai a correre abbastanza velocemente, e non si deve farlo. Questo è il succo del dibattito sulla centralizzazione nell’Impero. Anche se gli imperatori (palesemente) non spingano mai le loro periferie a smettere di produrre i beni essenziali, però chiedano di versare all’impero una parte sempre maggiore al fine di ripagare i debiti. Il problema degli imperi accentratori è la quota parte che richiedano (con la forza) la quale per forza maggiore (di costante crescita del debito) diviene sempre più grande. Fino a che le periferie non si ribellano – anche loro con la forza.

Il club delle banche centrali del mondo presto avrà delle nuove leadership. La Yellen potrebbe andar via, così come Kuroda in Giappone e Zhou in Cina; la Bce e Mario Draghi – della Goldman – cambieranno un po’ più tardi. Ma non c’è nessun segnale che le religioni economiche a cui aderiscono tutti saranno sostituite; così si andrà avanti con la centralizzazione. E se non dovesse funzionare, imporranno ancora più centralizzazione. Come finiranno i giochi in questo processo è dolorosamente ovvio già dall’inizio. La centralizzazione alimenta forze centrali, siano esse governative, militari o commerciali, pagate con i frutti del lavoro delle popolazioni locali, delle periferie. Questo è un processo che, sempre e inevitabilmente, andrà a sbattere contro un muro, perché sono troppi i frutti di quel lavoro che vengono tolti. Troppo è il peso di quei frutti che continuano a scorrere verso il centro, sia verso la Silicon Valley, sia verso Wall Street o sia verso gli imperatori. Non c’è nessuna differenza. Ci sono cose che si possono tranquillamente centralizzare (come le trattative di pace), ma non si possono centralizzare beni essenziali come il cibo, la casa, i trasporti, l’acqua, l’abbigliamento, i medicinali. Hanno un costo troppo alto a livello locale per essere centralizzati. Oppure tutti e ovunque finiremo per romperci l’osso del collo solo per sopravvivere. E’ molto facile, forse perché nessuno ci fa caso.

 

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Sebastiano de Falco

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