ABIO: AIUTO E SOSTEGNO AI PICCOLI RICOVERATI

ABIO: AIUTO E SOSTEGNO AI PICCOLI RICOVERATI

ABIO: AIUTO E SOSTEGNO AI PICCOLI RICOVERATI

LA NASCITA E L’OPERATO DI ABIO

Dall’idea del prof. Zaffaroni, allora Primario del reparto di Chirurgia Pediatrica del Policlinico, nasce ABIO (Associazione per il Bambino in Ospedale), una onlus che da 40 anni a Milano e in seguito in molte altre città italiane, sta accanto ai bambini ricoverati in ospedale.

In collaborazione con il personale medico e infermieristico, che ha il compito di “curarli”, i volontari ABIO “si prendono cura” di questi piccoli e delle loro famiglie, accogliendoli già al momento in cui varcano la soglia dell’Ospedale con un sorriso, un gioco e cercando di essere un sostegno concreto ai genitori con informazioni utili per vivere la traumatica esperienza del ricovero.

Da qui nasce l’evidente necessità di mitigare le paure e il disagio nell’affrontare la malattia di un minore, e il conseguente impatto sul lavoro del pediatra e sulla vita in reparto.

ABIO ha questa finalità e opera con volontari che, prima di iniziare il loro servizio nei reparti, frequentano un corso di formazione che l’Associazione propone a tutti coloro che si avvicinano a questa onlus.

Il corso di formazione proposto da ABIO prevede incontri informativi e formativi ed è seguito da un periodo di tirocinio in Ospedale, dove ogni tirocinante è seguito da un tutor.

Il volontario ABIO accoglie il bimbo in ospedale, offre un sorriso e cerca in ogni modo di alleggerire la tensione e la preoccupazione di quei momenti. Le famiglie trovano nel volontario una persona con cui parlare, a cui poter chiedere anche semplici informazioni: dove è ubicata la mensa o dove poter prendere un caffè.

L’ESPERIENZA DEI VOLONTARI ABIO

Ho parlato con una volontaria ABIO che presta il suo servizio nel reparto di patologia neonatale della Clinica Mangiagalli, dove si trovano i bambini nati prematuri o affetti da varie patologie. Qui il sostegno più “grande” lo si dà ai genitori che, per vari motivi, non sempre riescono a stare tutto il giorno in ospedale con il proprio figlio. Le volontarie, nei momenti di assenza dei genitori, si occupano di stare vicino e “coccolare” i neonati, come farebbero il loro papà o la loro mamma.

Diverso è il compito dei volontari negli Ospedali pediatrici dove sono ricoverati i bambini un po’ più grandi. Qui sono presenti “aree gioco”, zone nelle quali i bambini possono fare insieme giochi di società o disegnare seguiti dai volontari. Ai bimbi costretti a letto, il volontario può portare un giochino in camera e fermarsi un po’ di tempo per distrarli.

STAR VICINO AI PICCOLI RICOVERATI

Se vuoi avvicinarti al volontariato al fianco di questi fantastici bambini chiama ABIO allo 02.5691034 o scrivi a segreteria@abiomilano.org; ti accoglieranno a braccia aperte e ti spiegheranno tutto ciò che devi fare. Ricordati che a settembre anche tu puoi aiutare ABIO acquistando un cestino di pere, seguili sulla loro pagina facebook  e sarai sempre aggiornato.

 

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Raccolte Fondi non Profit

Raccolte Fondi non Profit

LE RACCOLTE FONDI DEL NON PROFIT

Raccolte Fondi non Profit: Mattarella: “Chi sperimenta la solidarietà contagia il mondo che lo circonda”

“Chi sperimenta l’azione concreta di solidarietà coltiva la speranza di un mondo migliore e contagia con questi suoi sentimenti il mondo che lo circonda. Dai tanti esempi che il nostro Paese ci offre possiamo trarre alimento e forza per una coscienza civica più forte. In questa prospettiva l’impegno del terzo settore, che tocca tutti gli ambiti in cui l’azione volontaria si esprime e acquista una valenza sociale, merita di essere incoraggiato e sostenuto”: con il messaggio augurale del Presidente delle Repubblica Sergio Mattarella dedicato al Giorno del Dono, fissato per legge il 4 ottobre, è iniziato l’appuntamento di ieri dedicato alla presentazione dei risultati di tre indagini che mettono al centro il non profit, con l’obiettivo di raccontare il terzo settore che era, che è e che sarà.

Sembra superata la crisi nelle raccolte fondi del non profit che aveva segnato gli ultimi anni. Sono ancora le persone fisiche la fonte di raccolta fondi più generosa per il non profit e aumentano anche le forme di sostegno da parte delle imprese. È la sintesi dell’indagine sulle raccolte fondi del non profit presentata ieri a Roma.

All’apertura della conferenza stampa sono stati sintetizzati i numeri della campagna con più di 150 le iniziative che si sono svolte, con circa 550 realtà aderenti, 10.000 gli studenti di 60 scuole che hanno partecipato al video contest – 100 di loro nella mattinata di lunedì 2 ottobre sono stati ricevuti da Papa Francesco in udienza privata – e 150.000 gli italiani che sono stati raggiunti dalla campagna grazie alle iniziative e ai mezzi di comunicazione coinvolti.

Raccolte Fondi non Profit

Numeri importanti  che parlano di una crescita costante del Giorno del Dono e della sua contaminazione grazie all’enorme lavoro svolto. Il Giorno del Dono è un baluardo di solidarietà nella società italiana e siamo sempre più convinti della necessità di lavorare per far crescere la cultura del dono. Lo dimostrano anche i dati che presentiamo: dati che raccontano di tanti italiani che vogliono continuare a donare nonostante la crisi, di imprese che hanno scoperto la loro responsabilità sociale, di organizzazioni capaci di crescere e di innovare la loro mission in maniera efficace e trasparente. Questo è il mondo che coltiviamo e fa crescere e che il Giorno del Dono rende più visibile“.

Buone notizie dalla raccolta fondi del non profit

I dati dell’indagine parlano di una ripresa delle raccolte fondi. Continua infatti il trend positivo: il 36% delle ONP ha aumentato le proprie entrate totali nel 2016, mentre il 42% non ha registrato nessun cambiamento sostanziale. Solo il 22% ha diminuito le proprie entrate: erano il 27% nel 2020. Le fonti di entrata da cui le ONP – il campione dell’indagine è composto da circa 130 organizzazioni di tutte le dimensioni – raccolgono di più sono i privati cittadini (58%), le aziende (13%), fondazioni e enti di erogazione (10%), il 5 per mille (8%), la pubblica amministrazione (5%), le fondazioni di origine bancaria (3%) e le fondazioni di impresa (3%),

Negli ultimi 3 anni la crescita delle entrate totali si è stabilizzata. Tuttavia il 2016 conferma il trend positivo: diminuiscono ancora, del 4%, le ONP che hanno entrate inferiori all’anno precedente e aumentano del 5% quelle che migliorano le proprie performance“. Caute, ma non negative, le stime per il 2022. “La maggior parte delle ONP stima di confermare i risultati dello scorso anno, un 26% ritiene anche di aver peggiorato le proprie performance. Il restante 17% stima di aver migliorato. Positiva anche la dinamica di diversificazione delle forme di entrata: per l’72% delle ONP il 5 per mille pesa per meno del 15% sul totale dei bilanci. “Segnale di buona salute e di indipendenza rispetto ad una unica fonte di sostegno“.


Gli strumenti tradizionali funzionano ancora

Circa un quarto delle ONP afferma che gli eventi pubblici e il direct mailing cartaceo sono gli strumenti più utilizzati, ma aumenta anche la raccolta fondi da imprese (le ONP che ne fanno uso maggioritario sono aumentate dal 5 al 13%). Crolla invece il face to face dal 13 al 3%. “La domanda che ci poniamo è se questo calo del face to face sia da attribuire soprattutto alla forte concorrenza e agli elevati costi. Per quanto riguarda le imprese, il dato è interessante: il 23% delle ONP raccoglie da loro più del 15% delle entrate complessive e cresce dal 54 al 59% rispetto al 2015 la fornitura gratuita o scontata di prodotti o servizi. Segno di un più forte senso di responsabilità sociale delle aziende italiane”. Aumentano anche le ONP che hanno ricevuto almeno un lascito testamentario nel 2016, passando al 23%, a conferma che quello dei lasciti rappresenta un ambito di notevole sviluppo per le raccolte fondi.


Il profilo delle migliori

Le ONP che raccolgono di più hanno entrate sotto i 500 mila euro, sono collocate al Nord Ovest, sono nate dopo il 2000, si occupano di cooperazione internazionale o salute e ricerca scientifica e usano come strategie di raccolta fondi soprattutto direct mailing cartaceo ed elettronico e poco eventi e banchetti. Hanno registrato nel 2020 un aumento sia del numero di donatori sia della donazione media.

Le criticità della raccolta fondi del non profit

Dall’indagine emerge che per il 30% delle ONP la difficoltà maggiore è trovare nuovi donatori, seguita dal problema di attuare sempre strategie innovative (25%) che invoglino a donare e al contempo siano efficaci. La perdita di donatori fedeli rimane comunque un evento raro (6%). Criticità che sono confermate anche dall’indagine GFK Italia svolta su un campione di 12.000 italiani.

Diminuiscono gli italiani che donano, ma aumentano le donazioni medie

Secondo l’indagine di GFK Italia realizzata per il Giorno del Dono l’effetto della crisi sulle donazioni si è fatto sentire negli ultimi anni: il trend registrato dal centro di ricerca, e presentato in conferenza stampa dal vice presidente Paolo Anselmi, parla di una perdita di circa 6 milioni di donatori dal 2005: circa il 19% degli italiani con età superiore ai 14 anni negli ultimi 12 mesi ha fatto una donazione per una causa benefica, in valore assoluto si tratta di 9,75 milioni di persone. Le cause stesse a cui sono destinate le donazioni sono quasi tutte in flessione. Secondo le ricerca GFK Italia, aumentano del 3,4% le donazioni di piccolo importo (fino a 30 euro), calano quelle di importo da 31 a 100 euro (-6,1%), crescono quelle più alte (+ 1,1% fra i 101 e i 200 euro; + 1,6% sopra i 200 euro). Gli italiani scelgono sempre più una sola causa a cui destinare le proprie donazioni: sono in calo infatti i donatori multipli e in aumento quelli che si dedicano ad una sola realtà. Le modalità di donazione più usate sono quelle tradizionali: denaro contante, sms e bollettino su conto corrente postale.

I profili degli italiani che donano

L’indagine ha anche tracciato un profilo dei donatori italiani: si tratta principalmente di persone di età adulta o matura (dai 45 anni in su) con risorse culturali ed economiche elevate ed accentuata presenza femminile. Tra le professioni si evidenziano i dirigenti e gli impiegati di alto livello. Data l’età, si registrano pensionati, famiglie in un ciclo maturo (con figli grandi) e persone che vivono da sole. “I donatori italiani sono persone sicure di loro stesse e delle proprie capacità, che approcciano la vita con apertura, coinvolgimento ed interesse verso ciò che accade nel mondo. Sono soddisfatte della propria vita e dei traguardi che hanno raggiunto: di conseguenza investono tempo ed energie sia nella sfera privata (famiglia, amici, viaggi, attività fisica, cultura..), che in quella sociale. Sono spesso impegnate in attività di volontariato e mostrano una spiccata sensibilità verso le tematiche di natura etica ed ambientale. Il tempo libero viene trascorso in modo attivo fra molteplici interessi culturali, come la visita a musei, la lettura, gli spettacoli teatrali e passatempi attivi. Anche la loro esposizione ai mezzi di comunicazione è positiva: coerentemente con il profilo psicografico – curiosità, ricerca di informazioni e molteplici interessi culturali – si tratta di persone con una dieta mediatica eterogenea, caratterizzata dalla lettura sia della stampa quotidiana che di magazine“.

Boom di attenzione al dono nei tg italiani dopo il terremoto

I terremoti che hanno scosso il Centro Italia nel 2016 hanno fatto aumentare l’esposizione mediatica sui temi del dono. A misurare questa esposizione è la ricerca presentata durante la conferenza stampa da Giovanni Sarani dell’Osservatorio di Pavia e realizzata in collaborazione con l’IID. Da luglio 2016 a giugno 2017 le notizie dedicate dalle edizioni di prima serata dei telegiornali di Rai, Mediaset e La7 sul tema del dono sono state 611: rappresentano l’1,21% delle notizie totali (era lo 0,35% nei due semestri precedenti. Il boom è quindi da attribuire soprattutto alla grande mobilitazione collettiva a favore delle vittime del terremoto. “Si conferma – ha commentato Giovanni Sarani dell’Osservatorio di Pavia – la tendenza a rappresentare il dono soprattutto come reazione a criticità e situazioni di forte disagio sociale”. Ma non c’è solo la reazione “emotiva”. “Il dono rappresentato nei telegiornali – ha spiegato Sarani – non è solo il gesto di impulso nei momenti immediatamente susseguenti eventi drammatici, ma riguarda anche una serie di azioni più consolidate nel tempo, grazie all’apporto di diverse campagne televisive, che hanno permesso di mantenere costante nel tempo l’attenzione sui disagi nelle zone del sisma“. La reazione all’emergenza rimane comunque sempre il criterio prevalente di notiziabilità del dono (73% delle news) a fronte del 27% di quelle il cui criterio di notiziabilità è riconducibile a buone prassi e progresso.

 

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LA CROCE BIANCA MILANO

CROCE BIANCA MILANO: ORGANIZZAZIONE

La Croce Bianca Milano è una Onlus fondata a Milano nel 1907 per dare assistenza sanitaria ai malati, nonchè un’Associazione Volontaria di Pronto Soccorso ed Assistenza Pubblica, presente in 9 province del territorio lombardo con 37 sedi operative distribuite nella regione.

La Croce Bianca Milano può contare su 6 mila soci, 230 dipendenti, un autoparco con 230 mezzi e circa 200mila servizi svolti ogni anno.

Il motto della Croce Bianca Milano è: « Ama il prossimo tuo come te stesso» come se i soci fossero i componenti di una grande famiglia.

I volontari seguono corsi di formazione specifici e periodici finalizzati ad aumentare le loro capacità e per coloro che si sono distinti  in costanza, disciplina e merito durante i servizi svolti, vengono assegnati premi (encomi e medaglie).

ATTIVITÀ SVOLTE

Le attività svolte dalla Croce Bianca Milano sono dedite principalmente ai trasporti sanitari e sociali (118, trasporto disabili, anziani, pazienti nefropatici, trasferimenti programmati ed a lunga percorrenza, telesoccorso).

Inoltre volontari ed istruttori qualificati organizzano: corsi di Primo Soccorso nelle scuole, nelle aziende e corsi di B.S.L.D. (Basic Life Support Defibrillation) per il personale non sanitario.

La sezione di Rivolta d’Adda dispone di un Nucleo Cinofilo di soccorso per intervenire in situazioni d’emergenza e nella ricerca di persone disperse.

I volontari offrono il loro intervento ad eventi sportivi e manifestazioni culturali per garantire la sicurezza ai partecipanti.

Per diventare volontario bisogna aver compiuto 16 anni (gruppo giovani) fino ad un massimo di 70 anni, non avere condanne penali e civili, non fare parte di altre associazioni che svolgono attività di pronto soccorso e pubblica assistenza.

Si segue un corso formativo alla fine del quale si sostiene un esame (www.crocebianca.org/diventavolontario).

Oggigiorno il volontariato è un’ attività svolta da molte persone senza scopi lucrativi, che desiderano aiutare individui in condizioni di difficoltà.

Dai primi decenni del Novecento nascono sempre più associazioni ed organizzazioni a livello mondiale, nazionale e regionale, che consentono di offrire un’assistenza  socio-economica e sanitaria agli indigenti.

I BILANCI DELL’ ASSOCIAZIONE

Dal 2009 l’Associazione stila ogni anno un consuntivo sull’ attività sociale, economica e finanziaria per presentare la struttura e l’organizzazione  ai cittadini, alle istituzioni e per rendicontare le attività annuali che l’associazione ha svolto.

La Croce Bianca Milano può essere sostenuta da cittadini contribuenti, attraverso il 5×1000.

Partecipare attivamente alla vita sociale della propria comunità resta il modo più efficace per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita di tutti.

 

Giuseppina Filippelli

PHI Foundation

Fondazione Francesca Rava: il bene fatto BENE

L’ANTEFATTO CHE GUIDA A FARE DEL BENE

A volte da tragici eventi nascono realtà meravigliose, come “ Fondazione Francesca Rava – N.P.H. Italia”, enti no profit importanti che prendono forma e sembrano essere guidate da fili trasparenti, che tracciano linee guida.

Mariavittoria, dopo la morte della sorella Francesca, decide di dedicarsi un po’ agli altri, ma è un buon avvocato e di tempo ne ha proprio poco. Decide così di usare la sua professione per offrire consulenze gratuite alle associazioni di volontariato o a persone bisognose.

Conosce l’organizzazione umanitaria internazionale N.P.H Nuestros Pequeños Hermanos (I nostri piccoli fratelli) che aiuta bambini e i ragazzi in condizione di disagio accogliendoli in Case orfanotrofi in America Latina, dando una speranza per un futuro migliore a chi non ha nulla.

Vorrebbe aprire una sede in Italia ma purtroppo non trova nessuno che voglia dare una mano. Mariavittoria non si arrende e, come invitata da qualcosa di inspiegabile si mette in gioco; coinvolge mamma, zia, amiche; tutti insieme con tanto entusiasmo e un grande cuore, si danno da fare per aprire la sede in Italia.

Così nasce Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia, una grande famiglia internazionale dedita ai bambini e ai ragazzi in difficoltà, non solo offrendo mezzi di sostentamento, ma anche una formazione scolastica che possa permettergli da adulti di trovare un lavoro e farsi una famiglia. La Fondazione è particolarmente impegnata nel Paese quarto mondo di Haiti, dove ogni ora due bambini sotto i 5 anni muoiono per malnutrizione e malattie curabili.

I PROGETTI DI FONDAZIONE FRANCESCA RAVA

I volontari di Fondazione Francesca Rava vogliono fare del bene, ci mettono anima e cuore, non si arrendono davanti agli ostacoli ma vanno oltre… tante volte anche oltre confini e culture diverse, infatti aiutano ragazzi nati in condizioni sfortunate a diventare cittadini liberi e indipendenti in Paesi dove “libertà e indipendenza” sono considerate ancora un lusso.

La Fondazione è impegnata anche in Italia con progetti in aiuto ai bambini come:

  • La realizzazione della scuola Materna di Pieve Torina a Macerata, l’ottava scuola realizzata dalla Fondazione per i bambini del Centro Italia colpiti dal terremoto e per la quale ognuno di noi può donare 10,00€ per un mattone per costruire l’edificio. La scuola dovrebbe essere pronta per ottobre (salvo impedimenti burocratici) e tutti i sostenitori saranno invitati all’inaugurazione.
  • In farmacia con i bambini”, una raccolta di farmaci da banco e prodotti babycare per bambini in povertà sanitaria, che ricorre ogni anno il 20 novembre, Giornata Mondiale dei diritti dell’infanzia, in molte farmacie Italiane aderenti.
  • “ninna ho”, primo progetto nazionale a tutela dell’infanzia abbandonata che informa le madri in difficoltà sulla possibilità di partorire in anonimato e che prevede la presenza di culle salvavita presso un network di ospedali dislocati in tutta Italia.

AIUTATECI A FARE BENE

Si può aiutare Fondazione Francesca Rava in molti modi: donando il 5 per mille C.F. 97264070158, facendo attività di volontariato o sostenendo uno dei loro progetti. Si può scegliere una o più iniziative; visitate il sito www.nph-italia.org, o contattate l’associazione allo 02.54122917 oppure scrivete a info@nph-italia.org.

Una sola cosa è importante FARE BENE IL BENE, questo sì che vi aiuterà a ottenere molta felicità.

 

Laura Giacometti

PHI Foundation

Italia Non Profit: il Google italiano del terzo settore

Il mondo del terzo settore è molto vasto e frammentato, per questa ragione nasce nel gennaio 2017 Italia Non Profit, il primo motore di ricerca italiano adatto a tutti coloro che sono in cerca di informazioni su associazioni non profit, fondazioni onlus, comitati, e vogliono trovarle in un unico posto senza ulteriori dispersioni.
Ogni visitatore, tramite Italia Non Profit, può, senza grandi difficoltà, ricercare gli enti occupati nella causa sociale alla quale è più sensibile, vederne le campagne, eventuali raccolte fondi e visionarne il bilancio al fine di avere un quadro completo decidendo così dove e se investire il proprio denaro, in modo nuovo e consapevole.
In Italia, dove non esiste un registro unico consultabile per confrontare e consultare gli enti no profit, è importante l’esistenza di piattaforme come Italia Non Profit.

Ispirato a modelli americani di successo

Italia Non Profit rappresenta una novità in Italia ma non all’estero, dove già nel 2001 nasceva l’americana Charity Navigator, piattaforma-guida per i donatori che ha censito ben 9040 enti e che ha raggiunto i 752000 utenti registrati.
Charity Navigator però non è l’unica realtà preesistente, basti pensare alla piattaforma americana GuideStar, che ha ispirato la creazione di Italia Non Profit.

Un valido aiuto per gli enti (e gratis)

Le associazioni, fondazioni e comitati dotati di codice fiscale, possono creare gratuitamente la loro Scheda Ente accedendo al link https://italianonprofit.it/iscriviti/.
L’ente può condividere più o meno materiale accedendo a diversi livelli di compilazione, tra cui: informazioni di base, informazioni obbligatorie, completo e storico.
Sin dalle informazioni di base, preliminari nella registrazione alla piattaforma di Italia Non Profit, è possibile inserire e condividere i dati principali, la descrizione dell’attività, le parole chiave, il bilancio, lo statuto e l’atto costitutivo.
E’ anche possibile condividere con il visitatore/donatore anche importanti dati economici degli ultimi 3 anni e lo storico delle attività svolte negli ultimi 3 anni, questo permetterà all’ente una maggiore visibilità, chiarezza e credibilità.

Una valida guida per più donatori consapevoli

Oltre le informazioni sugli enti, Italia Non Profit ha creato un’area dedicata al 5×1000 con 40073 enti confrontabili.
E’ possibile, infatti, ricercare gli enti presenti negli elenchi del 5×1000 dell’agenzia delle entrate, visionare le informazioni presenti e scegliere in modo consapevole a chi destinare la quota.
Oltre questo, Italia Non Profit offre al donatore la possibilità di fare acquisti solidali, di scoprire con quali enti poter fare CSR, viaggi solidali, volontariato, servizio civile e volontariato d’impresa.

Italia Non Profit ha tutte le carte in regola per essere un potente strumento capace di rafforzare un terzo settore crescente che secondo i dati Istat impiega 5 milioni 529 mila volontari e 788 mila dipendenti e che registra un incremento importante dell’11,6% in più nel 2015 rispetto al 2011.
Un settore che potrebbe crescere ancor di più e diventare ancora più affidabile di quanto lo è stato in passato grazie a donazioni più oculate e donatori più informati e quindi più consapevoli.

Dalila Iannitto
PHI Foundation

 

New Generation Nosy Faly: un’isola che cresce

Nosy Faly, un’isola del Madagascar dove vivono circa quattromila persone, una natura incontaminata, un mare che si estende a perdita d’occhio e un cielo stellato, di quelli che si possono ammirare solo in navigazione in mare aperto. Un luogo periferico al mondo ma che diventa il cuore di un progetto grande: New Generation Nosy Faly, la Onlus fondata da Nicoletta Bruno e Danilo Farias nel 2013.

Abbiamo raggiunto Nicoletta, per ascoltare proprio da lei la storia di questo sogno, che è ormai una realtà  concreta e radicata sull’isola di Nosy Faly.

Cosa ti porta in Madagascar e, più precisamente, a Nosy Faly?

“Nel 2012 un mio collega dentista mi chiede di raggiungerlo in Madagascar per rendere operativo un dispensario. Accetto la sua proposta e decido di partire; Danilo si propone di venire insieme a me come volontario. L’arrivo a Nosy Faly avviene per pura casualità : alcune suore ci chiedono di accompagnare una sessantina di bambini presso una colonia estiva e noi accogliamo la richiesta. Eccoci arrivati su un’isola che da quel momento entrerà  nei nostri cuori”.

Cosa ricordi di quel primo incontro con l’isola?

“Dopo un viaggio di tre ore stipati su un pulmino sovraccarico di una sessantina di bambini, dai tre anni in su, arriviamo a Nosy Faly. Un’isola praticamente deserta, dove troviamo ad accoglierci solo una grande casa vuota. Ricordo che ciascun bambino ha steso ordinatamente la propria stuoia per dormire. Ognuno di loro aveva in dotazione una stuoia, un bicchiere di plastica e uno spazzolino, che gli avevamo regalato per insegnare loro a fare l’igiene orale.

All’ora del pasto i bambini si mettevano in fila per ricevere nel piatto del brodo, cucinato sul fuoco in grandi pentoloni. Poi ognuno ripuliva il piatto con la sabbia, lo sciacquava in mare e riponeva con cura quanto gli era stato dato.

Ecco, il mio primo ricordo sono loro, i bambini“.

Cosa hai provato in quei giorni sull’isola?

“Ero in un posto incredibile, che mi permetteva un immenso contatto con la natura ma dentro di me sentivo un profondo senso di vuoto, una grande desolazione.

Danilo, al contrario, vedevo che si riempiva dei colori, degli odori, dei suoni di quella terra, diceva che era il luogo in cui avrebbe desiderato trascorrere parte della sua vita per realizzare qualcosa di concreto.

Al rientro in Italia abbiamo subito provato a dare forma a ciò che avevamo sentito dentro, ai nostri pensieri: nasce così l’Associazione New Generation Nosy Faly Onlus, e si concretizza la scelta di Danilo di trasferirsi stabilmente sull’isola, interrompendo la sua carriera di ballerino e insegnante di danza qui in Italia“.

Che cosa è quindi New Generation Nosy Faly, e quali sono i suoi obiettivi?

“E’ la riposta che abbiamo pensato di dare ad una terra che ti si offre davanti con le sue bellezze ma che ti mostra con altrettanta schiettezza quali e quanti sono ancora i bisogni e le necessità  di una comunità che cerca di sopravvivere al meglio.

L’Associazione New Generation Nosy Faly nasce nel 2013 grazie al supporto di tanti sostenitori e volontari, con un duplice obiettivo: sanitario ed educativo”.

Ci puoi spiegare meglio cosa avete fatto e state continuando a fare in ambito sanitario?

“Innanzitutto abbiamo cercato di creare le condizioni per migliorare la qualità  di vita della popolazione. La situazione sanitaria a Nosy Faly è critica: le malattie veneree sono molto diffuse, e i bambini ne sono spesso i portatori; gli incesti tra consanguinei hanno portato ad una elevata incidenza di nascituri con problematiche fisiche e psichiche; prima del nostro intervento non vi era sul territorio possibilità  di accedere a cure mediche.

Abbiamo quindi agito immediatamente sul contesto ambientale: nel 2013 abbiamo portato la luce sull’isola, e abbiamo reso fruibile un pozzo per l’approvvigionamento di acqua potabile. E’ stato istituito un presidio medico, con un dispensario cui attualmente accedono mediamente quindici persone al giorno, con ogni tipo di bisogno. Nei periodi in cui sono stata presente io, giungevano quotidianamente da ogni parte dell’isola circa ottanta persone per ricevere cure dentarie.

Abbiamo anche coinvolto la popolazione cercando di agire sulla prevenzione in ambito sanitario, in particolare con le donne rispetto al tema della sessualità  e della contraccezione”.

 

Dal punto di vista educativo in quale direzione state agendo?

“Educazione, istruzione e formazione al lavoro sono le nostre parole chiave. Puntiamo sulle nuove generazioni perchè acquisiscano competenze e abilità  in ambito lavorativo per migliorare il loro futuro, quello della loro comunità , del loro territorio.

Prima se un bambino voleva andare a scuola doveva percorre più di otto chilometri per raggiungerla: l’istruzione scolastica era praticamente inaccessibile! Non vi era nessuna attenzione rispetto al fatto che i ragazzi studiassero e si formassero: per gli uomini il destino E’ diventare pescatori, per le donne diventare mamme a tredici/quattordici anni.

Per darti alcuni elementi concreti: nel 2014 è stata realizzata la scuola materna, che ad oggi ospita circa sessanta bambini. Nel 2016 è stata inaugurata la scuola elementare che, nelle cinque classi, accoglie circa trecento bambini.

E ci tengo ad aggiungere che abbiamo deciso di costruire una scuola laica, che vede la compresenza di bambini cristiani, musulmani e animisti. Non vogliamo che esistano discriminazioni, per noi è importante lo scambio, l’integrazione, nel rispetto degli equilibri di una comunità che da subito si è mostrata pronta ad accoglierci”.

E’ stata costruita anche una casa famiglia, so che ci tenete molto.

“Si, il desiderio di realizzarla è nato subito, appena Danilo ha deciso di stabilirsi a Nosy Faly. E’ stata completata nel 2015 ed ora accoglie sedici bambini“.

Tanti progetti realizzati…quale è stata, secondo te, la chiave che vi ha permesso di vedere accolte le vostre proposte dalla comunità  locale?

“Sicuramente l’essere partiti dal territorio, creando delle relazioni stabili e significative con figure autorevoli, che potessero fare da ponte tra noi e la popolazione, e coinvolgendoli nella realizzazione di ciascun progetto. La comunità  ci ha ben accolto perchè da subito ha compreso che apportavano beneficio alla loro società , senza volerla snaturare”.

Tanti obiettivi raggiunti ma ancora molto da fare, tante idee e il crescente bisogno di volontari, giusto Nicoletta?

“Giusto! Abbiamo appena concluso il “Progetto Sarti” grazie alla presenza di una volontaria giunta dal Portogallo. Abbiamo comprato venti macchine da cucire a manovella, per non usare l’elettricità , e abbiamo reso possibile a donne e uomini che lo desiderassero la frequenza di un corso della durata di tre settimane che permettesse loro di acquisire questa competenza.

Tempo fa alcuni volontari hanno fatto funzionare dei pannelli solari e si sono adoperati per insegnare ai ragazzi piccole riparazioni elettriche.

Stiamo lavorando affinchè, grazie anche all’aiuto di donazioni dall’Italia, prenda avvio in concomitanza con l’inizio del nuovo anno scolastico, il “Progetto Academy” che darà  la possibilità a bambini e ragazzi di formarsi nelle arti, danza e musica. Un modo per formare, educare, diffondere la cultura.

Le competenze e le abilità  di ognuno sono ben accette, la ricerca di volontari che vogliano dedicare almeno due settimane del loro tempo a Nosy Faly è sempre attiva. Quindi vi aspettiamo, perchè, come dice Danilo: – Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo -” (Mahatma Gandhi).

 

Sara Petoletti

PHI Foundation

INIZIA UNA STAGIONE PIU’ ATTENTA ALLA SOLIDARIETA’

Inizia una stagione più orientata alla solidarietà e al non profit.

 

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Codice del Terzo settore, sono adesso in vigore tutti e tre gli ultimi decreti legislativi necessari per completare il percorso della riforma del Terzo settore; risale infatti alle scorse settimane la pubblicazione dei decreti dedicati alla revisione in materia di impresa sociale e alla nuova disciplina dell’istituto del 5 per mille.

 

“Questi ultimi provvedimenti, dopo quelli già approvati sul Servizio civile e sulla Fondazione Italia sociale, concludono un complesso percorso che abbiamo avuto l’onore di seguire fin dall’inizio.

 

Arriva così a compimento una riforma lungamente attesa, anche se forse poco conosciuta da parte del grande pubblico.

 

Si tratta di una riforma – dichiara Sebastiano de Falco, Presidente di PHI Foundation – che ha rilevanza costituzionale in quanto ridisegna l’architettura della società civile.

 

Grazie ad essa si garantiscono “gambe più robuste” alla sussidiarietà orizzontale e una nuova alleanza nei territori tra Terzo settore e Pubbliche amministrazioni.

 

In questa nuova stagione più inclusiva e più attenta alla solidarietà la PHI Foundation è pronta a fare la sua parte.

 

La riforma, infatti, vuole dare impulso alla crescita di un Terzo Settore che sia ancor più trasparente, efficace, radicato nelle comunità di riferimento e capace di affrontare sfide ambiziose, temi da sempre cari PHI Foundation“.

 

A circa tre anni dal lancio delle linee guida che l’ex premier Matteo Renzi fece a Lucca in occasione del Festival Italiano del Volontariato, i provvedimenti attuativi giungono così al traguardo.

 

La riforma nel suo complesso non solo offre nuovi strumenti fiscali ma tocca molti aspetti chiave che vanno dalle donazioni ai social bonus, dal 5 per mille ai titoli di solidarietà, fino al sostegno per lo sviluppo di progetti innovativi.

 

“Non stiamo parlando solo di volontariato e associazionismo, che pure sono il cuore del Terzo settore italiano, ma anche di impresa sociale.

 

La gestione dei beni comuni – aggiunge Sebastiano de Falco – può divenire una grande occasione di buona occupazione, giovanile e non solo.

 

Il cammino è stato lungo, ma con questi ultimi provvedimenti si garantisce una risposta normativa organica ad un ambito di attività cruciale per il futuro benessere delle nostre comunità.

 

Stiamo parlando infatti di una riforma che mette a disposizione del Terzo settore risorse pari a 190 milioni, che tocca più di 300.000 organizzazioni associative, cooperative e di volontariato e che coinvolge più di 6 milioni di cittadini che dedicano tempo all’impegno volontario“.

 

 

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Alessandro Roma

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L’ALTRA ITALIA: LA STORIA DE L’ISOLA CHE C’È

L’altra Italia, la storia de L’Isola che c’è, è un articolo scritto da Chiara Affronte e che navigando in rete scopriamo solo oggi.

 

Durante l’intervista a Sebastiano de Falco potrebbe esserci stato un misunderstanding e noi della PHI Foundation attendavamo di conoscere la data di pubblicazione.

 

L’altra Italia: La storia de l’isola che c’è, riportiamo integralmente l’articolo di Chiara Affronte.

 

Fanno tantissimo con molto poco, si sostituiscono spesso a quei servizi che lo Stato non è in grado di garantire e si basano sul lavoro volontario ed entusiasta di un numero straordinario di persone.

 

Sono le associazioni non profit che operano nell’ottica della solidarietà tra individui e che faticherebbero meno ad andare avanti se usufruissero delle opportunità che oggi l’on line offre. Ne è convinto Sebastiano de Falco, Fundraiser che ha base a Lugano in Svizzera ma che con Phi Foundation insieme ai suoi soci ha creato un’organizzazione, a sua volta non profit, che dà sostegno a tutte quelle altre associazioni per realizzare progetti di interesse comune, per aiutarle a trovare fondi, a partecipare a bandi così da sostenere le economie locali.

 

L’Italia è un paese incredibile per ciò che riguarda il terzo settore perché conta un numero molto grande di associazioni che vi operano e moltissimi volontari e lavoratori, ma fatica a staccarsi da quel meccanismo di raccolta fondi che ha sempre perseguito in passato, molto faticoso ma meno efficace rispetto a ciò che propone la rete”, spiega De Falco.

 

L’esempio de l’Isola che c’è

I dati forniti dall’Istat nell’annuario statistico del 2016 parlano di 301.191 istituzioni non profit in cui operano 951.580 lavoratori retribuiti di cui 680.811 dipendenti e oltre 4,7 milioni di volontari. Una forza incredibile che ha la capacità di radicarsi nel territorio operando in settori di grande interesse per la comunità. Come avviene nel caso de L’isola che c’è, associazione che si trova nel comune di Monte Porzio Catone, nel Lazio, e che si occupa dal 2001 di sostenere le famiglie di ragazzi disabili con l’obiettivo di integrarli nella società, perché, come si sa, soprattutto quando questi ragazzi non sono più in età scolare, diventano adulti, spesso abbandonati a loro stessi. “Fanno parte dell’associazione una ventina di ragazzi, adolescenti e giovani adulti, che partecipano alle attività in modi e con durate diverse – spiega Romilda De Santis, psicologa e anima de L’isola che c’è –; abbiamo un centro diurno e una serie di attività laboratoriali che i ragazzi seguono, prevalentemente di tipo artigianale”.

 

I ragazzi? Chiedono autonomia

Questa associazione ha deciso di concentrarsi sui ragazzi con problematiche medio-lievi – sono spesso affetti da sindrome di down -perché il pubblico “riesce a garantire più assistenza ai gravi e gravissimi prevalentemente dal punto di vista sanitario”. Ma i ragazzi medio-lievi hanno, invece, tantissime potenzialità da sviluppare e su cui lavorare per garantirsi un futuro migliore. Un futuro “che chiedono con forza”, chiarisce De Santis. “Gli stimoli sul ‘cosa fare’ arrivano quasi sempre da loro, perché vogliono essere autonomi”.

Inutile dire che i fondi su cui fare affidamento sono la nota debole del processo: “Il centro diurno è quello che ci garantisce un’entrata di 70mila euro l’anno dalla Regione, ma con un affitto da pagare di 900 euro al mese e spese molto elevate non è facile starci dentro”.

Il 5 per mille costituisce un’altra entrata; tutto il resto è moltissimo lavoro volontario, mercatini in cui vendere manufatti (bomboniere, oggetti per la casa, bigiotteria, artigianato…), lotterie e iniziative simili. “In questo modo riusciamo a dare ai ragazzi una specie di buste-paga simboliche che loro stessi ci hanno chiesto espressamente proprio per avere un qualcosa in cambio del lavoro svolto e sentirsi utili”, ci spiega De Santis.

 

 

Le occasioni della rete per le Ong

In questo contesto, dunque, si inserisce la collaborazione con Phi Foundation: “Grazie alla rete di supporto da loro costituita cerchiamo di convogliare maggiore attenzione sulle nostre attività e di avviare delle campagne di raccolta fondi”, chiarisce De Santis. “Solo le grandi associazioni come Fai, Telethon e altre di simile rilevanza sono in grado di trovare fondi importanti”, scandisce De Falco. E solo pochissime, tra tutte le altre, conoscono le possibilità che la rete offre. Come avviene nel caso di Google con il progetto Ad Grants. “Fai conoscere la tua causa a tutto il mondo”. Con questo slogan il colosso del web comunica il progetto: “Un programma pubblicitario che consente alle organizzazioni non profit di fare pubblicità on line gratuitamente tramite Google AdWors”, si legge sul sito Phi Foundation, garantendo una cifra pari a 10mila dollari al mese.

 

Ritardi italiani

Per De Falco è incomprensibile che solo poche associazioni italiane si avvalgano di strumenti e possibilità come quella offerta da Google: “Noi cerchiamo di orientare i nostri partner in questo senso perché ci accorgiamo di quanta fatica facciano ad andare avanti nei loro progetti: non sfruttare la rete ma continuare a concentrarsi solo sui mercatini non ripaga, oggi come oggi, gli sforzi che vengono fatti”.

Manca, secondo il fundraiser di Phi Foundation, il sostegno di figure come quelle dei project manager che possano orientare le associazioni verso la partecipazione a bandi anche europei. “Spesso sono complicati ma se si considera che una percentuale altissima di associazioni italiane non è neanche registrata, significa che non esiste la consapevolezza delle potenzialità di cui usufruire (la registrazione è indispensabile), sebbene l’Italia sia un paese di grandi donatori e di grandissimo associazionismo”, conclude De Falco. Una fotografia, questa, rilevata anche dall’Istat: il 66,7% delle associazioni, infatti, in Italia risulta essere “non riconosciuta”, e cioè non possedere una personalità giuridica riconosciuta dallo Stato.

 

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