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IL NUOVO IMPERO DI POVERI E GLOBALIZZATI
/0 Commenti/in Phi Foundation, Social Innovation Community /da RedazioneIL NUOVO IMPERO DI POVERI E GLOBALIZZATI
NUOVI POVERI GLOBALIZZATI
I banchieri centrali non hanno mai fatto tanti danni all’economia mondiale quanti ne hanno fatti in questi ultimi dieci anni. Possiamo anche dire che finora non hanno mai avuto tanto potere per farlo. Se i loro predecessori avessero avuto questo potere… chissà? Comunque, l’economia globale non è mai stata più interconnessa come lo è oggi, soprattutto per effetto dell’avanzamento del globalismo, del neoliberismo e forse anche della tecnologia. Ironia della sorte, tutti e tre questi fattori vengono continuamente magnificati come forze del bene. Ma gli standard di vita per molti milioni di persone in Occidente sono scesi – o sono pieni di incertezze – mentre milioni di cinesi ora hanno un livello di vita migliore. Alle persone in Occidente hanno detto di guardare a questo come ad uno sviluppo positivo; dopo tutto, permette di comprare prodotti che costano meno di quelli che produrrebbero le industrie nazionali. Ma insieme al loro posto di lavoro nella produzione, è sparito anche tutta la loro way of life, il loro modello di vita. O, piuttosto, si è nascosto dietro un velo di debiti, tanto da non poter credibilmente negare che circa tre quarti degli americani hanno difficoltà a pagare le bollette. Cosa che sicuramente non succedeva dagli anni ’50 e ’60.
In Europa occidentale questo è un po’ meno evidente, o forse è solo in ritardo, ma con il globalismo e il neoliberismo, che sono ancora le religioni economiche dominanti, non ci sarà via d’uscita. Che è successo? Beh, noi non facciamo più le cose. Ecco Mensa socialetutto. Dobbiamo comprare da altri tutte le cose che ci servono: sempre di più. E di conseguenza non abbiamo nemmeno le competenze per fare altre cose. Siamo diventati dipendenti, per la nostra sopravvivenza, da nazioni che stanno dall’altra parte del pianeta. Dipendenti da nazioni che sono interessate solo a venderci le loro cose, se le possiamo pagare. Nazioni che vedono le richieste di salario interno salire e che – dovranno – farci pagare i loro prodotti a prezzi sempre più alti. E noi non avremo altra scelta che pagare. Ma possiamo pagare solo con quello che possiamo prendere in prestito – come nazioni, come imprese e come individui. Dobbiamo prendere in prestito perché, come nazioni, come società e come individui noi non facciamo più le cose. È un circolo vizioso con cui la globalizzazione ci ha benedetto. E da cui – ci viene detto – potremo uscire solo se riusciremo a crescere ancora. Cosa che non possiamo fare, perché noi non facciamo nulla.
Quindi ci affidiamo ai banchieri centrali per gestire la crisi. Perché ci viene detto che loro sanno come gestirla. Non lo sanno, ma fingono di saperlo. Però, a leggere bene tra le righe, ammettono la loro ignoranza. A Janet Yellen, poche settimane fa, è scappato di dire che non ha idea del motivo per cui l’inflazione è debole. Mario Draghi ha detto più o meno la stessa cosa. Perché non lo sanno? Perché conoscono solo i modelli attuali, che non vanno più bene, perché non si adattano. E i modelli sono tutti quelli che hanno. Nel settore bancario centrale i modelli economici sono più importanti del buon senso. La Fed ha almeno un migliaio di dottorati PhDs sotto contratto. Ma la Yellen, il loro capo, continua a sostenere che “forse” sono sbagliati i modelli che dicono che se cresce l’inflazione aumentano i salari. Non hanno idea del perché i salari non crescano.
Perché i Migrantimodelli dicono che invece dovrebbero crescere. Perché loro hanno tutti un lavoro – i 1000 dottoroni ben pagati. E questo è tutto quello che hanno da dire. Dicono che il fatto che i salari non aumentano è un mistero.
Io dico che quelli per cui questo è un mistero non sono le persone giuste per fare il lavoro che fanno. Se si esportano milioni di posti di lavoro in Asia, si sposta anche il potere negoziale dei lavoratori e li si spinge a fare dei lavori di merda e senza nessun benefit, allora c’è solo un risultato possibile. E questo risultato non include né inflazione, né crescita dei salari. L’unico risultato possibile, invece, è una erosione continua delle economie. Il mantra globalista afferma che riempiremo lo spazio che perdono le nostre economie offrendo posti di lavoro migliori, nel settore dei servizi e nel settore della conoscenza. Ma la realtà non segue il mantra. La maggior parte dei nuovi posti di lavoro non sono sicuramente “migliori”. E mentre aspettiamo di vedere questi posti di lavoro migliori, salutiamo i clienti di Wal-Mart, vediamo che i robot cominciano a prendersi cura di quel poco che ci rimane della nostra capacità produttiva e i servizi pronta consegna eliminano dagli scaffali anche quello che restava nei nostri magazzini di mattoni e di calce. Sì, questo significa che stiamo perdendo anche i lavori “di minor qualità”.
Nel frattempo i cinesi, che ora fanno i nostri vecchi lavori, sono stati capaci di farli grazie ad una folle quantità di inquinamento prodotto. E come se non fosse abbastanza, recentemente, solo per mantenere in vita il loro nuovo magico paradiso produttivo, sono stati costretti a prendere in prestito tanto quanto abbiamo preso in prestito noi – a livello statale, a livello di governo locale e ora anche a livello individuale. In Cina, le funzioni del credito sono come gli oppiacei in America. Milioni di persone che non erano mai entrate in contatto con le cose – e avrebbero continuato a viver bene anche se non ci fossero mai entrate in contatto – ora sono state agganciate. Ma sono stati agganciati anche i governi locali, che hanno creato un sistema bancario ombra che minaccerà presto Pechino; ma per i cittadini, questo, è un fenomeno relativamente nuovo. E si vede gente che dice cose come: “Se non compri un appartamento oggi, non te lo potrai mai più permettere”; oppure: “Una persona senza un appartamento non ha futuro a Shenzhen”.
Sappiamo tutti che è sbagliato, ma i cinesi sono gente che ha visto solo che i prezzi dei beni salgono, e che non ha mai pensato che esistono delle città fantasma, e che ha pochi altri modi per parcheggiare i soldi che si guadagna, grazie al lavoro importato dagli Stati Uniti e dall’Europa. Pensano, senza avere mai dubbi, che i loro salari continueranno a crescere, proprio come il “valore” degli appartamenti. E’ gente che non ha mai visto i prezzi scendere. Ma se noi dobbiamo prendere soldi in prestito per permetterci di comprare i prodotti che (i cinesi) fanno per ripagare i soldi che hanno preso in prestito per comprare i loro appartamenti, allora siamo tutti in difficoltà, siamo tutti in mezzo ai guai. E allora è la stessa globalizzazione ad essere in difficoltà. I beneficiari assoluti, i proprietari della globalizzazione saranno in mezzo ai guai. Anche se lo saranno non prima di essersi pappati la maggior parte dei frutti del nostro lavoro. Che cosa ci farete, poi, con tutti i vostri miliardi, quando il tipo di società che avevate conosciuto quando siete cresciuti saranno state sradicate dal processo stesso che vi ha permesso di fare quei miliardi? Da qualche parte però, quei miliardi dovranno andare!
Se quei 1000 dottoroni vogliono studiare un nuovo modello, potrebbero cominciare da qui. La globalizzazione provoca molti problemi. Il fatto che il lavoro scompaia dalle società – in modo che i cittadini di queste società possano però acquistare gli stessi prodotti per pochi centesimi di meno, se vengono in Cina – è un grande problema. Ma il problema principale della globalizzazione è quello finanziario: i soldi svaniscono continuamente dalle società, che devono indebitarsi sempre più per non regredire. La globalizzazione, come qualsiasi tipo di centralizzazione, fa questo: chiede soldi lontano, li chiede alle “periferie”. Il modello di Wal-Mart, McDonald’s, Starbucks ha già portato via lavoro, negozi e soldi incalcolabili dalle nostre società, ma non abbiamo ancora visto nulla. L’avvento di Internet farà prendere gli steroidi a quel modello; ma perché bisogna lasciare che un gruppo di capitalisti-avventurieri di Silicon Valley gestisca certi affari, come Uber o Airbnb, anche nel posto in cui viviamo noi, quando noi potremo farlo benissimo e utilizzare i profitti di questi affari per migliorare la nostra comunità, invece di lasciarla diventare più povera?
Vedo che, nel Regno Unito, Jeremy Corbyn ci aveva già pensato, e aveva fatto bene. La Gran Bretagna può diventare la prima grande vittima del lato oscuro della centralizzazione e, dopo essere uscita dall’organizzazione che l’appoggia – l’Unione Europea – l’idea di Corbyn di creare una cooperativa locale per sostituire Uber è proprio il modo di pensare di cui avrà bisogno. Ma perché devi accentrare tanti soldi e tanta capacità produttiva e poi lasciare tutto nel posto in cui si vive? Non si riuscirà mai a correre abbastanza velocemente, e non si deve farlo. Questo è il succo del dibattito sulla centralizzazione nell’Impero. Anche se gli imperatori (palesemente) non spingano mai le loro periferie a smettere di produrre i beni essenziali, però chiedano di versare all’impero una parte sempre maggiore al fine di ripagare i debiti. Il problema degli imperi accentratori è la quota parte che richiedano (con la forza) la quale per forza maggiore (di costante crescita del debito) diviene sempre più grande. Fino a che le periferie non si ribellano – anche loro con la forza.
Il club delle banche centrali del mondo presto avrà delle nuove leadership. La Yellen potrebbe andar via, così come Kuroda in Giappone e Zhou in Cina; la Bce e Mario Draghi – della Goldman – cambieranno un po’ più tardi. Ma non c’è nessun segnale che le religioni economiche a cui aderiscono tutti saranno sostituite; così si andrà avanti con la centralizzazione. E se non dovesse funzionare, imporranno ancora più centralizzazione. Come finiranno i giochi in questo processo è dolorosamente ovvio già dall’inizio. La centralizzazione alimenta forze centrali, siano esse governative, militari o commerciali, pagate con i frutti del lavoro delle popolazioni locali, delle periferie. Questo è un processo che, sempre e inevitabilmente, andrà a sbattere contro un muro, perché sono troppi i frutti di quel lavoro che vengono tolti. Troppo è il peso di quei frutti che continuano a scorrere verso il centro, sia verso la Silicon Valley, sia verso Wall Street o sia verso gli imperatori. Non c’è nessuna differenza. Ci sono cose che si possono tranquillamente centralizzare (come le trattative di pace), ma non si possono centralizzare beni essenziali come il cibo, la casa, i trasporti, l’acqua, l’abbigliamento, i medicinali. Hanno un costo troppo alto a livello locale per essere centralizzati. Oppure tutti e ovunque finiremo per romperci l’osso del collo solo per sopravvivere. E’ molto facile, forse perché nessuno ci fa caso.
PHI FOUNDATION SOCIAL INNOVATION COMMUNITY
Sebastiano de Falco
PHI FOUNDATION
TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA 26 NOVEMBRE 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneARTICOLI DELLA SETTIMANA 8 OTTOBRE 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneAncora pochi giorni per il Mashable Italia 2017
/0 Commenti/in innovazione sociale, rivoluzione digitale, social innovation /da RedazioneManca ormai solo un mese a quello che si preannuncia come l’evento digital dell’anno in Italia.
Il Mashable Social Media Day Italy + Digital Innovation Days 2017 ormai è alle porte e i preparativi fervono.
L’evento è uno degli appuntamenti più importanti in Italia per tutto il mondo digital e per la comunicazione.
Suddiviso in 3 giornate dal 19 al 21 Ottobre, il Mashable Social Media Day Italy prevederà la presenza di circa 70 relatori, selezionati tra i migliori esperti del settore, tutti professionisti con un importante bagaglio di esperienze italiane e internazionali e che ricoprono posizioni di rilievo all’interno di importanti realtà aziendali e imprenditoriali.
Ormai sono stati venduti oltre 5.000 biglietti (record assoluto per l’evento) e saranno presenti aziende, addetti ai lavori, studenti, professionisti e semplici curiosi, che dalle 9 della mattina alle 19 della sera affolleranno le sale del Talent Garden di Milano, luogo dove si svolgerà l’evento.
Giunto ormai alla sua 4^ edizione, l’evento è organizzato dalla talentuosa Eleonora Rocca, che ha accettato la sfida di lanciare anche in Italia un appuntamento annuale, dall’altissimo livello qualitativo, in ambito digital e social.
L’obiettivo principale del Mashable Social Media Day Italy è quello di aggiornare e formare il pubblico presente attraverso strategie concrete e case study di successo presentate dai migliori professionisti del settore.
Inoltre, permettere ad aziende, consulenti, imprenditori ed addetti ai lavori di confrontarsi, conoscersi e spesso, far nascere nuove collaborazioni o sviluppare progetti comuni.
PHI Foundation da sempre promuove la Social Innovation come uno dei driver che possono guidare il nostro futuro economico e sociale, pertanto ha accolto con molto piacere la richiesta del Mashable Social Media Day Italy di affiancare e sostenere l’evento attraverso il suo sito e i suoi canali social.
Infatti nel sito di Phi Foundation è presente uno spazio dedicato all’evento dove è possibile anche acquistare i biglietti ad un prezzo promozionato. (acquistare i biglietti)
Fare parte di una comunità significa anche aggiornarsi e confrontarsi con gli altri, il Mashable Social Media Day Italy è un’ottima occasione per poter fare formazione curando le relazioni personali.
Noi saremo presenti durante tutti i 3 giorni, speriamo di vedervi li.
PHI Foundation
ARTICOLI DELLA SETTIMANA 17 SETTEMBRE 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneARTICOLI DELLA SETTIMANA 10 SETTEMBRE 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneL’ALTRA ITALIA: LA STORIA DE L’ISOLA CHE C’È
/0 Commenti/in 5 per mille, Associazioni, Fundraising, innovazione sociale, Non Profit, Phi Foundation, Raccolta fondi, Social Fundraising, Social Innovation Community, Solidarietà, Storia del mese, Storytelling, Terzo settore, valore sociale, Volontariato /da RedazioneL’altra Italia, la storia de L’Isola che c’è, è un articolo scritto da Chiara Affronte e che navigando in rete scopriamo solo oggi.
Durante l’intervista a Sebastiano de Falco potrebbe esserci stato un misunderstanding e noi della PHI Foundation attendavamo di conoscere la data di pubblicazione.
L’altra Italia: La storia de l’isola che c’è, riportiamo integralmente l’articolo di Chiara Affronte.
Fanno tantissimo con molto poco, si sostituiscono spesso a quei servizi che lo Stato non è in grado di garantire e si basano sul lavoro volontario ed entusiasta di un numero straordinario di persone.
Sono le associazioni non profit che operano nell’ottica della solidarietà tra individui e che faticherebbero meno ad andare avanti se usufruissero delle opportunità che oggi l’on line offre. Ne è convinto Sebastiano de Falco, Fundraiser che ha base a Lugano in Svizzera ma che con Phi Foundation insieme ai suoi soci ha creato un’organizzazione, a sua volta non profit, che dà sostegno a tutte quelle altre associazioni per realizzare progetti di interesse comune, per aiutarle a trovare fondi, a partecipare a bandi così da sostenere le economie locali.
“L’Italia è un paese incredibile per ciò che riguarda il terzo settore perché conta un numero molto grande di associazioni che vi operano e moltissimi volontari e lavoratori, ma fatica a staccarsi da quel meccanismo di raccolta fondi che ha sempre perseguito in passato, molto faticoso ma meno efficace rispetto a ciò che propone la rete”, spiega De Falco.
L’esempio de l’Isola che c’è
I dati forniti dall’Istat nell’annuario statistico del 2016 parlano di 301.191 istituzioni non profit in cui operano 951.580 lavoratori retribuiti di cui 680.811 dipendenti e oltre 4,7 milioni di volontari. Una forza incredibile che ha la capacità di radicarsi nel territorio operando in settori di grande interesse per la comunità. Come avviene nel caso de L’isola che c’è, associazione che si trova nel comune di Monte Porzio Catone, nel Lazio, e che si occupa dal 2001 di sostenere le famiglie di ragazzi disabili con l’obiettivo di integrarli nella società, perché, come si sa, soprattutto quando questi ragazzi non sono più in età scolare, diventano adulti, spesso abbandonati a loro stessi. “Fanno parte dell’associazione una ventina di ragazzi, adolescenti e giovani adulti, che partecipano alle attività in modi e con durate diverse – spiega Romilda De Santis, psicologa e anima de L’isola che c’è –; abbiamo un centro diurno e una serie di attività laboratoriali che i ragazzi seguono, prevalentemente di tipo artigianale”.
I ragazzi? Chiedono autonomia
Questa associazione ha deciso di concentrarsi sui ragazzi con problematiche medio-lievi – sono spesso affetti da sindrome di down -perché il pubblico “riesce a garantire più assistenza ai gravi e gravissimi prevalentemente dal punto di vista sanitario”. Ma i ragazzi medio-lievi hanno, invece, tantissime potenzialità da sviluppare e su cui lavorare per garantirsi un futuro migliore. Un futuro “che chiedono con forza”, chiarisce De Santis. “Gli stimoli sul ‘cosa fare’ arrivano quasi sempre da loro, perché vogliono essere autonomi”.
Inutile dire che i fondi su cui fare affidamento sono la nota debole del processo: “Il centro diurno è quello che ci garantisce un’entrata di 70mila euro l’anno dalla Regione, ma con un affitto da pagare di 900 euro al mese e spese molto elevate non è facile starci dentro”.
Il 5 per mille costituisce un’altra entrata; tutto il resto è moltissimo lavoro volontario, mercatini in cui vendere manufatti (bomboniere, oggetti per la casa, bigiotteria, artigianato…), lotterie e iniziative simili. “In questo modo riusciamo a dare ai ragazzi una specie di buste-paga simboliche che loro stessi ci hanno chiesto espressamente proprio per avere un qualcosa in cambio del lavoro svolto e sentirsi utili”, ci spiega De Santis.
Le occasioni della rete per le Ong
In questo contesto, dunque, si inserisce la collaborazione con Phi Foundation: “Grazie alla rete di supporto da loro costituita cerchiamo di convogliare maggiore attenzione sulle nostre attività e di avviare delle campagne di raccolta fondi”, chiarisce De Santis. “Solo le grandi associazioni come Fai, Telethon e altre di simile rilevanza sono in grado di trovare fondi importanti”, scandisce De Falco. E solo pochissime, tra tutte le altre, conoscono le possibilità che la rete offre. Come avviene nel caso di Google con il progetto Ad Grants. “Fai conoscere la tua causa a tutto il mondo”. Con questo slogan il colosso del web comunica il progetto: “Un programma pubblicitario che consente alle organizzazioni non profit di fare pubblicità on line gratuitamente tramite Google AdWors”, si legge sul sito Phi Foundation, garantendo una cifra pari a 10mila dollari al mese.
Ritardi italiani
Per De Falco è incomprensibile che solo poche associazioni italiane si avvalgano di strumenti e possibilità come quella offerta da Google: “Noi cerchiamo di orientare i nostri partner in questo senso perché ci accorgiamo di quanta fatica facciano ad andare avanti nei loro progetti: non sfruttare la rete ma continuare a concentrarsi solo sui mercatini non ripaga, oggi come oggi, gli sforzi che vengono fatti”.
Manca, secondo il fundraiser di Phi Foundation, il sostegno di figure come quelle dei project manager che possano orientare le associazioni verso la partecipazione a bandi anche europei. “Spesso sono complicati ma se si considera che una percentuale altissima di associazioni italiane non è neanche registrata, significa che non esiste la consapevolezza delle potenzialità di cui usufruire (la registrazione è indispensabile), sebbene l’Italia sia un paese di grandi donatori e di grandissimo associazionismo”, conclude De Falco. Una fotografia, questa, rilevata anche dall’Istat: il 66,7% delle associazioni, infatti, in Italia risulta essere “non riconosciuta”, e cioè non possedere una personalità giuridica riconosciuta dallo Stato.
PHI FOUNDATION SOCIAL INNOVATION COMMUNITY
Alessandro Roma
PHI Foundation
ARTICOLI DELLA SETTIMANA 27 AGOSTO 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneBELEN: IN AEREO È VIETATO FUMARE
/0 Commenti/in Educazione, Phi Foundation, social innovation, Turismo /da Redazione
IN AEREO È VIETATO FUMARE: BELEN E IANNONE SCARICATI A LAMEZIA TERME
La social innovation showgirl, Belen Rodriguez, mentre da Ibiza si recava in Grecia, ha acceso una sigaretta in volo, il comandante è atterrato e sporto denuncia.
Nonostante sia la coppia più social innovation, Andrea Iannone in compagnia della bella Belen Rodriguez continua a interpretare, forse suo malgrado, il ruolo di “bad boy”.
L’Ansa riporta infatti di una tappa forzata della coppia in Calabria.
Belen, in viaggio su un aereo privato da Ibiza verso la Grecia insieme ad Andrea, si sarebbe accesa una sigaretta in volo facendo scattare l’allarme.
Il comandante del velivolo ha così deciso di effettuare un atterraggio d’emergenza nello scalo più vicino, l’aeroporto di Lamezia Terme.
Qui, lo stesso comandante avrebbe denunciato Belen per avere accesso una sigaretta in volo, nonostante la showgirl abbia sostenuto che si trattava di una sigaretta elettronica.
La vicenda – riportata dal Quotidiano della Calabria e che ha trovato conferme in ambienti aeroportuali – si è verificata alcuni giorni fa.
La coppia social innovation ha poi dovuto attendere alcune ore nello scalo, in attesa dell’arrivo di un altro aereo privato che consentisse loro di proseguire il viaggio, dal momento che il comandante del primo aereo si sarebbe rifiutato di rimettersi ai comandi.
PHI Foundation Social Innovation Community
Sebastiano de Falco
PHI Foundation
ARTICOLI DELLA SETTIMANA 6 AGOSTO 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneARTICOLI DELLA SETTIMANA 30 LUGLIO 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneSocial Program
/0 Commenti/in Phi Foundation, Social Innovation Community /da RedazioneIl PHI Social Program è la realizzazione a livello locale della filosofia e del pensiero della Social Innovation, quel movimento che PHI Foundation cerca di attuare e sviluppare.
Per PHI Social Innovation Community, s’intende un modo più pragmatico e concreto di realizzare i progetti sociali.
Si può parlare di una tipologia d’innovazione capace di creare nuovi saperi, tecnologie, strumenti e forme organizzative con finalità di natura Etica.
Il PHI Social Program si sviluppa all’interno della Social Innovation Community che deve essere considerata una risorsa strategica per tutti quelli che vogliono pensare allo sviluppo della società in modo nuovo e concreto per rispondere alle difficoltà del momento e cercare di risolvere alcuni problemi della nostra società.
PHI Social Innovation Community è una comunità fondata sulla condivisione di valori etici con attitudine al cambiamento e alle innovazioni culturali, scientifiche e tecnologiche, al fine di soddisfare i bisogni sociali della collettività ed affrontare le nuove sfide per la crescita.
Sarà molto di aiuto e gradito il tuo mi piace!
Sebastiano De Falco
Phi Foundation
ARTICOLI DELLA SETTIMANA 16 LUGLIO 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneARTICOLI DELLA SETTIMANA 2 LUGLIO 2017
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneAncora pochi giorni per l’early bird del Mashable Social Media Day Italy
/0 Commenti/in italia, Phi Foundation, social innovation, valore sociale /da RedazioneIl prossimo 30 Giugno finirà l’early bird del Mashable Social Media Day Italia, ovvero la vendita promozionata e ultrascontata dei ticket per l’ingresso all’evento che si terrà a Milano dal 19 al 21 Ottobre 2017, presso il Talent Garden in via Calabiana.
Come molti di voi sanno, PHI Foundation è Media Partner dell’evento, perché crediamo che appuntamenti come questo possano contribuire a formare gli utenti secondo lo spirito e la filosofia della Social Innovation, della quale ci sentiamo fautori.
L’evento è uno degli appuntamenti più importanti in Italia per tutto il mondo digital e per la comunicazione.
Suddiviso in 3 giornate dal 19 al 21 Ottobre, il Social Media Day prevederà la presenza di circa 70 relatori, selezionati tra i migliori esperti del settore, tutti professionisti con un importante bagaglio di esperienze italiane e internazionali e che ricoprono posizioni di rilievo all’interno di importanti realtà aziendali e imprenditoriali.
Sono previste circa 4.500 persone, tra aziende, addetti ai lavori, studenti e semplici curiosi, che dalle 9 della mattina alle 19 della sera affolleranno le sale del Talent Garden di Milano.
Giunto ormai alla sua 4^ edizione, l’evento è organizzato dalla talentuosa Eleonora Rocca, che ha accettato la sfida propostagli 4 anni fa da Mashable per lanciare anche in Italia un appuntamento annuale, come già avveniva in altre nazioni.
L’obiettivo principale del Social Media Day è quello di aggiornare e formare il pubblico presente attraverso strategie concrete e case study di successo presentate dai migliori professionisti del settore.
Inoltre, permettere ad aziende, consulenti, imprenditori ed addetti ai lavori di confrontarsi, conoscersi e spesso, far nascere nuove collaborazioni o sviluppare progetti comuni.
PHI Foundation da sempre promuove la Social Innovation come uno dei driver che possono guidare il nostro futuro economico e sociale, pertanto ha accolto con molto piacere la richiesta del Social Media Day di affiancare e sostenere l’evento attraverso il suo sito e i suoi canali social.
Per acquistare i biglietti del Mashable SMDay è possibile consultare il sito di Phi Foundation nella sezione dedicata all’evento, fino al 30 Giugno i biglietti saranno disponibili ad un prezzo promozionato. (acquistare i biglietti)
Fare parte di una comunità significa anche aggiornarsi e confrontarsi con gli altri, il Social Media Day è un’ottima occasione per poter fare formazione curando le relazioni personali.
Noi saremo presenti durante tutti i 3 giorni, speriamo di vedervi li.
PHI Foundation
ARTICOLI DELLA SETTIMANA 25 GIUGNO
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneARTICOLI DELLA SETTIMANA 18 GIUGNO
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazioneARTICOLI DELLA SETTIMANA 11 GIUGNO
/0 Commenti/in Articoli della settimana, Associazioni, Crowdfunding, DONARE CON FIDUCIA, donazione, Fundraising, giorno del dono, IO DONO SICURO, Lavoro, Non Profit, Phi Foundation, Protezione animali, Raccolta fondi, Terzo settore /da RedazionePHI Foundation: Il valore sociale e i comuni benefici della Social Innovation
/0 Commenti/in Phi Foundation, social innovation, Social Innovation Community /da RedazioneSecondo i più recenti approcci alle espressioni concettuali della Social Innovation, più che essere legata semplicemente alla cultura filantropica e del mecenatismo, la Social Innovation fonda il suo significato nel fenomeno della responsabilità sociale diffusa, che spinge i soggetti sociali e collettivi a compiere investimenti di risorse per il raggiungimento di comuni benefici sociali.
Per Social Innovation quindi, si può intendere “l’insieme delle teorie e delle tecniche necessarie a garantire la sostenibilità delle cause e delle comunità che la perseguono e di promuoverne lo sviluppo costante nel tempo”.
La Social Innovation ha l’obiettivo di far crescere, coltivare, sorgere e sviluppare nuove prospettive ed opportunità in grado di sostenere una società che non sia orientata esclusivamente al profitto a tutti i costi, bensì al “valore produttivo di utilità sociale”.
La Social Innovation Community trova le sue origini nell’azione delle organizzazioni non profit, quelle “ONP” che hanno l’obbligo di non destinare i propri utili ai soci, ma di reinvestirli per lo sviluppo delle proprie finalità sociali.
Le buone cause sono si condizioni necessarie ma certamente non sufficienti, l’impegno attivo e costante della comunità nel perseguire l’idea, costituisce la differenza e costruisce il cambiamento, Social Innovation Community è capacità di coinvolgere gli individui in un progetto in cui tutti possono partecipare.
Sei una organizzazione non profit e desideri supporto o vuoi avviare una campagna di raccolta fondi,
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Sebastiano De Falco
PHI Foundation